Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3912 del 11/02/2019

Cassazione civile sez. lav., 11/02/2019, (ud. 08/01/2019, dep. 11/02/2019), n.3912

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13747/2013 proposto da:

CASSA ITALIANA PREVIDENZA ASSISTENZA GEOMETRI LIBERI PROFESSIONISTI,

C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GREGORIO VII 134, presso lo

studio dell’avvocato BRUNO SCONOCCHIA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MAURIZIO CINELLI;

– ricorrente –

contro

D.T., EQUITALIA ESATRI S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 555/2012 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 23/11/2012, R.G.N. 74/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/01/2019 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ Stefano, che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato BRUNO SCONOCCHIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Brescia confermava la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva accolto l’opposizione proposta da D.T. avverso la cartella esattoriale avente ad oggetto contributi previdenziali in favore della Cassa italiana di previdenza e assistenza geometri liberi professionisti per gli anni dal 1994 al 1996, ritenendo non provata la sussistenza del credito.

2. La Corte riferiva che nella prospettazione dell’asserita creditrice l’importo dei contributi era stato calcolato sulla base del volume d’affari risultante dai dati trasmessi alla Cassa dall’Amministrazione finanziaria. Il giudice di prime cure, considerata la specifica contestazione del D. in ordine all’esistenza di redditi professionali per gli anni in questione, aveva più volte inutilmente sollecitato la Cassa a depositare i dati trasmessi dall’amministrazione finanziaria o comunque i documenti estrapolati dai compact disc depositati dalla Cassa e risultati illeggibili. Essendo i relativi ordini di esibizione rimasti senza esito, la Corte territoriale riteneva che correttamente il giudice di primo grado avesse accolto l’opposizione, applicando le regole processuali in tema di onere della prova ed in particolare l’art. 116 c.p.c., comma 2, traendo dall’inottemperanza agli ordini di esibizione conseguenze negative sul piano probatorio. Non valeva inoltre a provare i dati reddituali forniti alla Cassa dall’amministrazione finanziaria il prospetto prodotto all’udienza del 7/5/2010, trattandosi di documento formato dalla Cassa medesima e non estratto dai CD-ROM prodotti, nè alcuna censura poteva essere mossa al Tribunale per non aver disposto una c.t.u. sui CD risultati illeggibili, tenuto conto che erano stati prodotti 11 CD, senza alcuna ulteriore specificazione, circostanza che, per la genericità del materiale probatorio da esaminare, rendeva inammissibile e comunque sconsigliabile un’indagine peritale sul contenuto dei supporti digitali.

3. Per la cassazione della sentenza la Cassa italiana di previdenza e assistenza dei geometri liberi professionisti ha proposto ricorso, affidato a due motivi.

4. Il geometra D. ed Equitalia Esatri s.p.a. non hanno opposto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Come primo motivo la Cassa ricorrente deduce la violazione dell’art. 2712 c.c., D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 20,artt. 115,61,258 e 116 c.p.c.. Lamenta che la Corte d’appello avrebbe omesso di considerare che in base alla normativa richiamata il documento informatico ha valore probatorio, valutabile “tenuto conto delle sue caratteristiche soggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità” e che comunque l’art. 116 c.p.c., comma 2, non può essere interpretato nel senso di rendere rilevante ai fini della prova di un fatto la produzione in giudizio dell’unico documento a disposizione della parte che lo attesti, quando lo stesso non è intelligibile se non attraverso appropriati mezzi informatici. Aggiunge che l’integrità del documento informatico e l’assenza di sue manipolazioni sono elementi indicati dalla legge quali attestanti la sua piena idoneità probatoria e che impongono l’indagine peritale necessaria alla lettura.

6. Come secondo motivo deduce l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti e lamenta che la sentenza abbia omesso di esaminare con l’ausilio di un tecnico avente la necessaria competenza informatica il contenuto degli 11 CD-ROM prodotti. Inoltre, la sentenza avrebbe omesso di tenere conto dell’istanza di esibizione e/o di assunzione di circostanziate informazioni al MEF, avanzata dalla Cassa geometri in primo grado e reiterata nel ricorso in appello.

7. In relazione al primo motivo, occorre premettere che il D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 20,codice dell’amministrazione digitale, richiamato dal ricorrente nel testo precedente le modifiche apportate dal D.Lgs. 13 dicembre 2017, n. 217, che qui rileva, prevede al comma 1, la validità e rilevanza agli effetti di legge della registrazione su supporto informatico conforme alle regole tecniche di cui all’art. 71. Aggiunge al comma 1 bis che l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità.

8. Il valore di prova legale del supporto informatico è dunque subordinato al rispetto delle relative regole tecniche di produzione e conservazione, ed in difetto, l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta ed il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio.

9. Nel caso, dunque, non risultando e neppure essendo richiamato il rispetto delle regole tecniche (quali quelle dettate in materia di sistema di conservazione dal D.P.C.M. 3 dicembre 2013), il giudice del merito ha esercitato la valutazione a lui demandata, negando valore probatorio ai supporti informatici in ragione della loro inintelligibilità.

10. La Corte di merito ha poi valorizzato la mancata ottemperanza agli ordini di esibizione, che viene considerata ex art. 116 c.p.c., comma 2, quale fonte plausibile di argomenti di prova sfavorevoli in ordine al fatto da provare (Cass. n. 27231 del 22/12/2014, Cass. n. 2148 del 27/01/2017, n. 7472 del 23/03/2017).

11. Il giudice di merito ha dunque operato l’apprezzamento di fatto a lui riservato, che viene qui censurato sotto il profilo della violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.. Occorre tuttavia ribadire che una questione di violazione o di falsa applicazione delle norme richiamate può porsi solo allorchè si alleghi che il giudice di merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (v. da ultimo Cass. 08/10/2018, n. 24723). Il che, per le ragioni sopra dette, non è avvenuto nel caso in esame.

12. Diversamente, il vizio resta apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (Cass. 12/12/2018, n. 32082), che tuttavia nel caso non viene denunciato e soggiace ai limiti del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità quale risulta all’esito dell’intervento di modifica realizzato con il D.L. n. 83 del 2012, conv. in L. n. 184 del 2012 (applicabile, ratione temporis, alla fattispecie in esame), secondo il quale l’anomalia motivazionale denunciabile attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile (Cass. Sez. Un. 22/09/2014, n.19881, Cass. Sez. Un., 07/04/2014, n.8053).

13. Il secondo motivo di ricorso è parimenti infondato.

Il provvedimento che dispone o nega l’ammissione della consulenza tecnica rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità quando la scelta risulti adeguatamente motivata (v. Cass. n. 72 del 03/01/2011, Cass. n. 4185 del 02/03/2015). Nel caso, la Corte ha argomentato le ragioni poste a fondamento della soluzione adottata, come riportato in narrativa, in coerenza logica con la negazione di valore probatorio ai supporti informativi illeggibili, che avrebbe reso la consulenza tecnica un’ indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati e neppure puntualmente dedotti.

Ad analoga conclusione deve giungersi in merito alla richiesta di esibizione e/o assunzione di informazioni al MEF: l’emanazione dell’ordine di esibizione è uno strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando la prova dei fatti non possa in alcun modo essere acquisita diversamente e l’iniziativa della parte non sia meramente esplorativa, ma si basi di fatti specifici e circostanziati (Cass. n. 4504 del 21/02/2017, n. 23263 del 15/11/2016), mentre nel caso l’istanza aveva ad oggetto genericamente gli importi accertati per i redditi professionali goduti dal D. negli anni dal 1994 al 1996 e si poneva in funzione sostituiva degli oneri incombenti sulla parte, anche in esito ai disposti ordini di esibizione dei dati trasmessi alla Cassa dall’Amministrazione finanziaria ai quali essa non aveva ottemperato.

14. Conclusivamente, il ricorso dev’essere rigettato.

15. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva delle parti intimate.

16. Sussistono invece i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, considerato che l’insorgenza di detto obbligo non è collegata alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. da ultimo ex multis Cass. ord. 16/02/2017 n. 4159).

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 8 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2019

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