Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3910 del 17/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 17/02/2020, (ud. 12/11/2019, dep. 17/02/2020), n.3910

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4557/2018 proposto da:

AZIENDA DI TRASPORTI MOLISANA S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FLAMINIA, 133, presso lo studio dell’avvocato EDOARDO LOMBARDI, che

la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANTONIO MARIA

SABATO, GIOVANNI MASCIA;

– ricorrente –

contro

C.A., + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente domiciliati in

ROMA, LARGO AMILCARE POMCHIELLI 6, presso lo studio dell’avvocato

GIANLIVIO FASCIANO, rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCESCO

CAIA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 232/2017 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 21/10/2017 R.G.N. 207/2016.

Fatto

RILEVATO

che:

C.A. e plurimi litisconsorti, già dipendenti della Molise Trasporti s.r.l., esponevano di essere transitati nel maggio 2012 alle dipendenze della A.T.M. s.p.a., aderente al c.c.n.l. ANAV; deducevano che in seguito ad accordo stipulato ai sensi della L. n. 428 del 1990, art. 47, del 6/5/2012, la A.T.M. si era obbligata ad integrare le retribuzioni dei lavoratori con i maggiori importi di cui al c.c.n.l. ASSTRA applicato dalla società cedente, rispetto a quelli spettanti in base al c.c.n.l. ANAV di cui la cessionaria disponeva applicazione. Sulla scorta di tali premesse, adivano il Tribunale di Campobasso chiedendo condannarsi la società A.T.M. al pagamento di detta integrazione economica.

Costituitasi, la società convenuta resisteva ai ricorsi chiedendone la reiezione.

Il giudice adito, con sentenza in data 22/3/2016 respingeva le domande. Detta pronunzia veniva riformata dalla Corte distrettuale che con decisione resa pubblica il 21/10/2017, condannava la cessionaria al pagamento delle differenze retributive rivendicate dai lavoratori in virtù del titolo descritto.

La Corte distrettuale, nel pervenire a tale convincimento, per quanto ancora qui rileva, osservava come la lettera dell’accordo conciliativo L. n. 428 del 1990, ex art. 47, al punto 9, deponesse nel senso che presso la ATM spa avrebbe trovato applicazione il c.c.n.l. ANAV, fatto salvo l’impegno ad integrare il trattamento economico normativo, in un momento successivo, da un lato mediante gli strumenti della contrattazione individuale e integrativa di secondo livello, e dall’altro, mediante il riconoscimento una tantum a titolo di transazione novativa, di un importo pari ad Euro 800,00. La società cessionaria aveva dunque assunto un preciso obbligo di integrazione del trattamento economico in favore dei lavoratori transitati dalla Molise Trasporti s.r.l., nè sussistevano elementi per poter ritenere che i predetti avessero rinunciato al diritto in argomento.

Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione la A.T.M. s.p.a. sulla scorta di due motivi, successivamente illustrati da memoria ex art. 380 bis c.p.c., ai quali oppongono difese le parti intimate.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363,2112,2113 c.c., L. n. 428 del 1990, art. 47 e del c.c.n.l. ANAV nonchè omesso esame di fatto decisivo oggetto del giudizio in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3,4,e 5.

Ci si duole che la Corte territoriale si sia limitata ad esaminare il solo verbale sindacale L. n. 428 del 1990, ex art. 47, tralasciando di considerare i verbali di conciliazione sottoscritti in pari data dai singoli lavoratori con i quali – preso atto della obbligazione assunta dalla cessionaria di corrispondere la somma di Euro 800,00 ciascuno – gli stessi avevano accettato il c.c.n.l. ANAV adottato dalla medesima, rinunciando in via transattiva al migliore trattamento economico goduto presso la cedente in base al c.c.n.l. ASTRA ivi applicato.

2. Il secondo motivo prospetta violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363,2112,2113 c.c. e del c.c.n.l. ANAV nonchè motivazione carente e contraddittoria in ordine ad un fatto decisivo, in relazione all’art. 360, comma 1 nn. 3, 4 e 5.

Si lamenta che il giudice del gravame, a fronte di una chiara enunciazione nel contesto del verbale L. n. 428 del 1990, ex art. 47, del titolo transattivo-novativo, abbia ritenuto tale riferimento incongruente o irrilevante, senza procedere all’accertamento della res litigiosa, che consisteva, per l’appunto, nella pretesa avanzata dai lavoratori ad una perequazione retributiva ragguagliata al c.c.n.l. di settore applicato dalla società cedente.

3. I motivi, per presupporre la soluzione di questioni giuridiche connesse, possono essere congiuntamente trattati.

Essi sono ammissibili perchè, diversamente da quanto argomentato da parte controricorrente, sollecitano l’esercizio della funzione nomofilattica riservata a questo giudice di legittimità, non attenendo ad una mera diversa ricostruzione dei fatti storici sottoposti al vaglio della Corte, nella osservanza dei principi di chiarezza nella tecnica redazionale espositiva e di specificità che governano il ricorso per cassazione.

4. Sono altresì fondati per le ragioni di seguito esposte.

Si impone l’evidenza, invero, della carenza che connota l’iter logico-giuridico seguito dal giudice del gravame il quale, nello scrutinare la vicenda traslativa dell’impresa sottoposta al suo vaglio, si è limitato ad esperire l’attività ermeneutica con riferimento esclusivo all’accordo sindacale stipulato L. n. 428 del 1990, ex art. 47, in data 6/5/2012 con il quale era stata disciplinata, con assistenza della Associazione Industriali del Molise e delle OO.SS. dei lavoratori, la cessione di alcuni rami d’azienda fra la Molise Trasporti s.r.l. e la ATM s.p.a..

La Corte distrettuale ha infatti tralasciato di considerare il contenuto degli accordi individuali stipulati in pari data ed in sede sindacale da ciascun lavoratore – pur richiamati nello storico di lite – che risulta riportato dalla società ricorrente in conformità al principio di specificità dei motivi sancito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6 e nel rispetto del requisito di procedibilità prescritto dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

Dal tenore dei prodotti verbali di conciliazione stipulati in sede sindacale ai sensi dell’art. 411 c.p.c., era desumibile che i lavoratori, preso atto della obbligazione assunta dalla cessionaria di corrispondere loro la somma di 800,00 Euro a titolo di transazione novativa quale risarcimento danni forfetizzato, avevano accettato il c.c.n.l. ANAV adottato dalla società cessionaria rinunciando, in via transattiva, al miglior trattamento economico in precedenza goduto presso la cedente, in base al c.c.n.l. ASSTRA.

La obiettivata carenza della pronuncia impugnata, appare, dunque, di sicuro rilievo ove si consideri che i verbali di conciliazione sindacale sottoscritti da ciascun lavoratore, costituivano atti negoziali causalmente collegati all’Accordo intercorso fra imprese coinvolte nella vicenda traslativa con l’assistenza delle rispettive associazioni di categoria ai sensi della L. n. 428 del 1990, art. 47, contestualmente redatto in data 6/5/2012.

Si può ritenere che nello specifico, si sia realizzato un meccanismo assimilabile a quello del collegamento negoziale attraverso il quale le parti abbiano perseguito un risultato economico unitario e complesso (vicenda traslativa d’impresa), mediante una pluralità coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, sicchè il vincolo di reciproca dipendenza non esclude che ciascuno di essi si caratterizzi in funzione di una propria causa e conservi una distinta individualità giuridica (sulla categoria del collegamento negoziale, vedi Cass. sez. lav. 22/09/2016 n. 18585, Cass. sez. 1 12/9/2018 n. 22216).

La carenza di fondo che connota l’impugnata sentenza va ravvisata, pertanto, nella omessa individuazione del nesso teleologico tra gli atti volti alla regolamentazione di un globale ed unitario assetto di interessi delle parti e nella omessa disamina di un elemento decisivo ed oggetto di discussione integrato per l’appunto dagli accordi individuali stipulati dai singoli lavoratori, ai quali si è innanzi fatto riferimento.

5. Nell’ottica descritta, non può sottacersi che il giudice del gravame sia incorso anche nelle ulteriori violazioni stigmatizzate con la seconda critica, laddove ha proceduto alla interpretazione della clausola n. 9 dell’Accordo sindacale stipulato L. n. 248 del 1990, ex art. 47, che nella sua ultima parte, faceva riferimento al “riconoscimento una tantum a titolo di transazione novativa…” di “un risarcimento una tantum pari ad Euro 800,00”.

Il giudicante si è infatti limitato ad osservare che “Non si comprende, invero, il riferimento al titolo di transazione novativa”, spingendosi ad ipotizzare la “totale incongruenza e/o irrilevanza giuridica in quello specifico contesto negoziale”, a meno di non interpretare detta clausola “nei soli termini di un ristoro ai lavoratori per il periodo che sarebbe intercorso sino all’adempimento dell’impegno suddetto”.

La richiamata statuizione si pone, all’evidenza, in violazione dei canoni ermeneutici sanciti dagli artt. 1362-1363 c.c., che presiedono alla interpretazione dei contratti ed accordi collettivi, nel cui ambito un ruolo preminente e del tutto particolare deve essere assegnato alla regola di cui all’art. 1363 c.c., stante la natura complessa e particolare dell'”iter” formativo della dell’accordo sindacale, la non agevole ricostruzione della comune volontà delle parti contrattuali attraverso il mero riferimento al senso letterale delle parole, la vastità e complessità della materia trattata in ragione dei molteplici interessi coinvolti, vieppiù nell’ambito di una procedura articolata quale quella disciplinata dalla L. n. 428 del 1990, richiamato art. 47.

In tal senso, il richiamo contenuto nella clausola menzionata, al titolo di transazione novativa, avrebbe imposto ai giudici di appello il vaglio accurato della “res litigiosa” sottesa al titolo medesimo ed associata alla corresponsione della somma di Euro 800,00 in favore di ciascun lavoratore, che nella specie, per quanto sinora detto, è mancato.

E tale obiettiva carenza concernente lo sviluppo argomentativo che innerva l’impugnata sentenza, indubbiamente risente della pregressa omessa considerazione da parte della Corte territoriale, degli atti di conciliazione individuale sottoscritti dai lavoratori in sede sindacale, il cui tenore avrebbe consentito, per le ragioni espresse in relazione al motivo che precede, di lumeggiare anche il senso della clausola n. 9 dell’accordo stipulato ai sensi della L. n. 428 del 1990, art. 47.

6. Alla luce delle sinora esposte considerazioni, la sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata con rinvio alla Corte designata in dispositivo la quale provvederà a scrutinare compiutamente la vicenda delibata tenuto conto dei principi innanzi esposti, decidendo anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli cui demanda di provvedere anche in relazione alle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2020

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