Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3909 del 29/02/2016


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3909 Anno 2016
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

SENTENZA

sul ricorso 19513-2013 proposto da:
BORTOLAMI BENITO MARIO
ALESSANDRO

BRTMRA39M02H620L,

SLDLSN44L071375F,

MELLA

SOLDA’
SILVANO

MLLSVN52B23E522S, MILAN GIANPAOLO MLNGPL51E06H620C,
PERETTO NERINO PRTNRN43SO4A906H, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA CAIO MARIO 7, presso lo
studio dell’avvocato MARIA TERESA BARBANTINI,
rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCO MODENA
giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrenti contro

Data pubblicazione: 29/02/2016

SANDRI ANGELO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 179/2013 della CORTE D’APPELLO
di TRIESTE, depositata il 08/03/2013, R.G.N.
315/2010;

udienza del 04/12/2015 dal Consigliere Dott.
ANNAMARIA AMBROSIO;
udito l’Avvocato FRANCO MODENA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANNA MARIA SOLDI che ha concluso per
il rigetto del ricorso;

2

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel giudizio di opposizione proposto da Angelo Sandri
avverso l’esecuzione intrapresa nei suoi confronti da Nerino
Peretto, Benito Mario Bortolami, Alessandro Soldà, Silvano
Mella e Giampaolo Milan, con sentenza n. 1601/2009 l’adito

inammissibile la querela di falso proposta in via
incidentale relativamente alla firma in stampatello “SANDRI
ANGELO”, apposta sull’avviso di ricevimento postale del
decreto ingiuntivo n. 25/2008 del Tribunale di Rovigo, posto
a fondamento dell’esecuzione.
Secondo il Tribunale la querela non era rilevante perché
riguardava solo la firma e non tutte le operazioni compiute
dall’Ufficiale giudiziario/postale all’atto del ricevimento;
inoltre all’indirizzo di Cervignano, via Gervasutti n. 4,
dove era stato recapitato il plico, il Sandri risultava aver
ricevuto sia l’atto di precetto, sia il decreto di
annotazione tavolare del pignoramento immobiliare; per cui
il Tribunale riteneva che vi fosse un collegamento certo tra
il luogo della notificazione e il notificato, sebbene lo
stesso avesse la propria residenza al n. 19 e non al n. 4 di
via Gervasutti.
La decisione, gravata da impugnazione di Angelo Sandri,
era riformata dalla Corte di appello di Trieste, la quale previa ammissione della querela di falso e svolgimento di
una c.t.u. grafologica – con sentenza n. 179 del 08.03.2013
dichiarava la falsità della firma apposta “SANDRI ANGELO”
sulla cartolina di notifica del decreto ingiuntivo n.

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Tribunale di Udine rigettava l’opposizione, dichiarando

25/2008 Tribunale Rovigo; ordinava la cancellazione del
pignoramento eseguito in forza di detto decreto; condannava
gli opposti al pagamento delle spese dei due gradi; ponendo
quelle di c.t.u. definitivamente a loro carico; disponeva la
trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica di

Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per
cassazione Nerino Peretto, Benito Mario Bortolami,
Alessandro Soldà, Silvano Nella e Giampaolo Milan, svolgendo
cinque motivi.
Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte
intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte di appello, richiamate, ai fini della
ritualità della querela

«quanto già detto e comunque

implicito nell’ordinanza ammissiva della C.T.U.»,

ha fondato

la propria decisione sulle seguenti considerazioni:
era pacifico che il Sandri non aveva al n. 4 di via
Gervasutti la propria casa o domicilio; il fatto che lo
stesso fosse stato trovato colà

«occasionalmente (per altre

procedure), non essendo lì la residenza, non vale(va)
nemmeno a creare uno stabile collegamento»;
l’unico mezzo esperibile era l’opposizione

ex

art. 615

co.2 cod. proc. civ., perché l’opposizione ex art. 650 cod.
proc. civ. avrebbe dovuto essere proposta entro dieci giorni
dal pignoramento che il Sandri «non si (era)

ricevuto e non

(aveva) mai conosciuto»;
il c.t.u. aveva accertato la falsità della firma in

4

Udine per quanto di sua competenza

stampatello

“SANDRI

ANGELO”

apposta

sull’avviso

di

ricevimento postale del decreto ingiuntivo n. 25/2008 del
Tribunale di Rovigo, posto a fondamento dell’esecuzione (il
luogo della notificazione era via Gervasutti n.4 e la data
era quella del 22 gennaio 2008), rispondendo anche alle

appellata; dette conclusioni erano state del resto condivise
dal P.G. presso la Corte e risultavano sostanzialmente non
contestate dalle parti, dal momento che non vi erano
conclusionali;
conseguentemente doveva ritenersi

«mai notificato»

al

Sandri il decreto posto a fondamento dell’esecuzione, per
cui, stante la nullità/inesistenza degli atti successivi,
andava ordinata la cancellazione del pignoramento.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia ai sensi
dell’art. 360 n.5 cod. proc. civ. omesso esame circa un
fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di
discussione tra le parti e cioè l’avere ammesso la
trattazione della querela di falso (che colpiva la firma
apposta sull’avviso di ricevimento del plico postale
contenente, per notifica, il decreto ingiuntivo, costituente
il titolo a fondamento dell’esecuzione), pur in presenza di
contestazione sulla ultroneità della stessa, atteso che, del
pari, non erano colpite da querela le attestazioni di
avvenuta consegna da parte dell’agente postale.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia nullità
in procedendo ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ.,

in particolare per aver ammesso la trattazione della querela

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diverse conclusioni cui era giunto il c.t.p. di parte

sulla firma del ricevente, senza che la stessa abbia avuto a
contenere “la indicazione degli elementi e delle prove della
falsità”, come previsto dall’art. 221 cod. proc. civ..
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia ai sensi
dell’art. 360 n.5 cod. proc. civ. omesso esame circa un

discussione tra le parti, in particolare per aver accolto in
sentenza le conclusioni della consulenza grafologica, senza
averne esaminato il fondamento, anche alla luce delle
contestazioni degli appellati.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia ai sensi
dell’art. 360 n.5 cod. proc. civ. omesso esame circa un
fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di
discussione tra le parti, in particolare nell’avere omesso
di esaminare elementi di fatto rilevanti, quali gli atti di
notificazione di provvedimenti pregressi e presupposti,
idonei a provare come, contrariamente a quanto ritenuto, il
luogo di notifica del decreto ingiuntivo sia di diretto
riferimento alla persona del notificando; in particolare gli
opponenti lamentano che la Corte di appello muovendo
dall’erroneo presupposto che l’atto di pignoramento non sia
stato notificato al Sandri (laddove questi aveva, invece,
rifiutato l’atto) – abbia omesso di considerare che proprio
dalla relata della notifica del pignoramento avvenuta ai
nn.17/19 di via Gervasutti risultava la descrizione del
civico 4, da cui si evinceva il collegamento tra il luogo
della notificazione e il Sandri.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso si denuncia ai sensi

6

fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di

dell’art. 360 n.3 cod. proc. civ. erronea applicazione degli
artt. 156, 157 e 160 cod. proc. civ., per avere ritenuto
“l’inesistenza” giuridica della notificazione, anziché la
sua “nullità”; erronea applicazione di norma di legge anche
quanto alle conseguenze, dovendo respingersi l’opposizione e

conseguenza che contro di essa andava esperita l’opposizione
tardiva ai sensi dell’art. 650 cod. proc. civ.; e ciò,
perché nella fattispecie non ricorrevano profili di
abnormità della notificazione e neppure sussisteva
l’assoluta estraneità del luogo in cui era stata eseguita la
notificazione/consegna con la persona del notificante.
2. Il ricorso merita accoglimento limitatamente al quinto
motivo, giacchè, seppure risulta incontestabile l’esito
della querela di falso per quanto si andrà a dire di seguito
in ordine all’inammissibilità dei primi quattro motivi, non
sono corrette le conseguenze che ne sono state tratte in
diritto sul punto dell’ inesistenza della notificazione.
Queste le ragioni.
2.1.

Innanzitutto,

quanto

alle

censure

riferite

formalmente o sostanzialmente al n. 5 dell’art. 360 cod.
proc. civ. (motivi primo, terzo e quarto), si osserva che
tale norma, essendo stata la sentenza impugnata pubblicata
successivamente alla data del 11.09.2012, si applica nella
formulazione dell’art. 54, co. 1, lett. b), d.l. 22 giugno
2012, n. 83, conv. con modif. dalla l. 7 agosto 2012, n. 134
(e tanto in forza della disciplina transitoria, di cui al
co. 3 del medesimo art. 54 cit.). Di tale norma va fatta

7

ritenersi al più la nullità della notificazione, con la

propria l’interpretazione adottata dalle Sezioni Unite di
questa Corte (Cass. Sez. Un., 22 settembre 2014, n. 19881),
in forza della quale:
– in primo luogo, il sindacato sulla motivazione è ormai
ristretto al “minimo costituzionale” e, quindi, ai casi di

assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”,
alla “motivazione apparente”, al “contrasto irriducibile fra
affermazioni inconciliabili”, alla “motivazione perplessa ed
obiettivamente incomprensibile”;
– in secondo luogo, il controllo previsto dal nuovo n. 5
dell’art. 360 cod. proc. civ. concerne l’omesso esame di un
fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza
risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato
testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato
extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione
e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato
avrebbe determinato un esito diverso della controversia);
con la conseguenza che, nel rispetto delle previsioni
dell’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 6, e art. 369
cod. proc. civ., comma 2, n. 4, ai fini della ammissibilità
del vizio in questione, il ricorrente deve indicare il
“fatto storico” il cui esame sia stato omesso, il “dato” testuale o extratestuale – da cui esso risulti esistente, il
“come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di
discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”.
Deriva da ciò che l’omesso esame di elementi istruttori, in
quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto

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inesistenza della motivazione in sé, cioè alla “mancanza

decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico
rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal
giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le
risultanze probatorie astrattamente rilevanti.
Ciò posto e ribadito che la parte che denuncia il vizio
sub specie

di omesso esame del fatto

decisivo, deve specificamente indicare il “fatto”
controverso o decisivo che si assume non esaminato,
intendendosi per “fatto” non una “questione” o un “punto”
della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un
fatto principale,

ex art. 2697 cod. civ., od anche un fatto

secondario, purchè controverso e decisivo, appare evidente
che nessuno dei motivi all’esame

(sub

1.1., 1.3. e 1.4.)

risponda ai canoni sopra indicati. In particolare risulta
errata la stessa tipologia di vizio del motivo

sub

1.1.

giacchè propone una quaestio iuris, laddove il motivo di cui
al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. riguarda il difetto di
esposizione delle ragioni di fatto atte ad incidere
decisivamente sul giudizio di merito. Inoltre il motivo

sub

1.3. è funzionale ad una mera rivalutazione della perizia
grafica, mentre il motivo

sub

1.4 è carente di

autosufficienza per inosservanza degli oneri imposti dai
cit. art. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ., anche con
riferimento alla documentazione richiamata a fondamento
delle censure, posto che questi – secondo l’interpretazione
di questa Corte – richiedono la specificazione dell’avvenuta
produzione in sede di legittimità, accompagnata dalla
doverosa puntualizzazione del luogo all’interno di tali

9

motivazionale,

fascicoli, in cui gli atti o documenti evocati sono
rinvenibili (cfr. SS.UU. 2 dicembre 2008, n. 28547; SS.UU.
25 marzo 2010, n. 7161) .
2.2.

E’

inammissibile anche

il motivo

sub

1.2.,

denunciante violazione della norma processuale di cui

degli oneri da ultimo indicati, posti a presidio
dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, vuoi per
difetto di specificità.
Va, infatti, ribadito che anche laddove vengano denunciati
con il ricorso per cassazione

errores in procedendo,

in

relazione ai quali la Corte è anche giudice del fatto,
potendo accedere direttamente all’esame degli atti
processuali del fascicolo di merito, si prospetta
preliminare ad ogni altra questione quella concernente
l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è
stato esposto, con la conseguenza che, solo quando sia stata
accertata la sussistenza di tale ammissibilità, diventa
possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e,
dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima
valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere
direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti
.

processuali (Cass. 20 luglio 2012, n. 12664).
Nel motivo all’esame si assume (cfr. pag. 16 del ricorso)
in termini assolutamente assertivi che la Corte di appello
ha ammesso la trattazione della querela di falso

«pur in

difetto delle indicazioni probatorie sulle falsità (non solo
del ricevimento del plico, ma anche della falsità delle

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all’art. 221 cod. proc. civ.; e ciò vuoi per inosservanza

Senonchè le argomentazioni in

operazioni di sua consegna»).

questione, per un verso, devono confrontarsi con la motivata
condivisione dei giudici di appello delle ragioni già
espresse nell’ordinanza ammissiva della querela di falso,
con cui si evidenziava l’avvenuta indicazione da parte del

e 11 della sentenza impugnata); per altro verso, si rivelano
anche eccentriche rispetto alle ragioni della decisione che
non ha dichiarato la falsità della relata di notifica, né ha
affermato la falsità delle operazioni di consegna del plico,
ma – come si andrà ad evidenziare di seguito – si è limitata
testualmente a dichiarare (in conformità, del resto, per
quanto risulta dalla stessa sentenza ai contenuti della
querela)

«la falsità della firma apposta “SANDRI ANGELO”

sulla cartolina di notifica del decreto ingiuntivo del PdT
di Rovigo».
3. Passando al motivo

sub 1.5. e riprendendo un accenno

svolto nell’introduzione della disamina delle singole
censure, si osserva che, seppure costituisce dato non più
controvertibile l’apocrifia della sottoscrizione del
soggetto ricevente il plico, non risultano, perciò,
sussistenti i presupposti per affermare che il decreto non
venne

«mai notificato»

al Sandri, come si legge nella

decisione impugnata.
Si rammenta che l’avviso di ricevimento postale il quale è
parte integrante della notificazione, riguardando
un’attività

delegata

legittimamente

dall’ufficiale

giudiziario all’agente postale ai sensi dell’art. 1 della

11

querelante delle scritture di comparazione (cfr. pagg. 9, 10

legge n. 890 cit., gode della medesima forza certificatoria
di cui è dotata la relazione di una notificazione eseguita
direttamente dall’ufficiale giudiziario, ovverosia della
fede privilegiata attribuita dall’art. 2700 cod. civ. in
ordine alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che
mediante la sottoscrizione apposta
attesta avvenuti in sua

sull’avviso di ricevimento,

considerato che la fede

presenza. In altri termini

privilegiata riguarda le operazioni compiute dall’agente
postale, il ricevimento delle dichiarazioni resegli e il
contenuto

estrinseco

delle notizie apprese – nella specie

l’agente postale ha attestato di essersi recato nel luogo
indicato (via Gervasutti, n. 4), di avervi rinvenuto persona
che ha dichiarato di essere il destinatario della notifica
(Angelo Sandri) e di avergli consegnato l’atto, ricevendone
attestazione con la sottoscrizione, ritenuta apocrifa. Ne
consegue che l’accertamento della falsità della
sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento (tale è,
infatti, come si è visto la portata della pronuncia sulla
querela di falso) non prova che l’accesso del postino non vi
sia stato e neppure che quella consegna non sia avvenuta, ma
significa, piuttosto, che la consegna è avvenuta in quel
luogo e a quella data in mani di persona diversa dal Sandri.
Va, altresì, considerato che la Corte di appello
allorchè ha preso in considerazione il luogo della consegna
– ha dato atto della circostanza che il Sandri fosse stato
lì rinvenuto

«occasionalmente (per altre procedure)»,

ritenendo peraltro rilevante che, non avendo colà il Sandri

12

l’agente postale,

la propria residenza, ciò non valesse «a creare uno stabile
collegamento».

Si

tratta di accertamento – quello

dell’inesistenza di uno

stabile collegamento

(identificato

con la residenza) e, per converso, dell’esistenza di un
rapporto di

occasionalità

tra il destinatario della

correttezza,

in fatto, non è sindacabile in questa sede; ciò

che non è corretto, tuttavia, in iure, è la conseguenza che
se ne è tratta in punto di inesistenza della notificazione,
giacchè un luogo con il quale il destinatario della
notificazione ha un rapporto di
esservi rinvenuto

in occasione

occasionalità,

tanto da

di altre notificazioni, è,

comunque, riferibile al destinatario stesso.
In una situazione di tal fatta non ricorrono ragioni di
inesistenza giuridica, bensì di nullità della notificazione,
giacchè, come più volte posto in luce da questa Corte, la
notificazione è giuridicamente inesistente solo nell’ipotesi
in cui l’atto esorbiti completamente dallo schema legale
degli atti di notificazione, facendo difetto degli elementi
caratteristici del modello delineato dalla legge. Mentre nel
caso in cui sussistano violazioni di tassative prescrizioni
del procedimento di notificazione, comprese quelle relative
all’organo notificante, l’atto è nullo ( cfr. di recente
Cass. civ., Sez. I, 02/02/2015, n. 1797). In tale
prospettiva la notificazione è qualificabile come
inesistente soltanto allorché la relativa abnormità sia tale
da non consentirne in alcun modo l’inserimento nello
sviluppo del processo, sicché, ove il vizio attenga alla

13

notificazione e il luogo in cui essa è avvenuta – la cui

fase della consegna, è inesistente la notificazione fatta a
soggetto o in luogo totalmente estranei al destinatario,
mentre è nulla, e suscettibile di sanatoria, quella
effettuata in luogo o a persona che, pur diversi da quelli
indicati dalla norma processuale, abbiano – in base ad una
ex ante

avente ad oggetto l’astratto

raggiungimento dello scopo nonostante il vizio della
notificazione – un qualche riferimento con il destinatario
(Cass. civ., 30 maggio 2014, n. 12301). La notifica eseguita
in luogo o a soggetti diversi da quelli dovuti comporta,
invero, l’inesistenza della notifica stessa solo in difetto
di alcuna attinenza o riferimento o collegamento di quel
luogo o soggetto con il destinatario, altrimenti essendo
affetta la notifica da semplice nullità (Cass. civ., 21
marzo 2011, n. 6470).
Nella specie, il giudice d’appello non ha tenuto in giusto
conto che

non s’è verificato un vizio determinante la

giuridica inesistenza dell’atto, bensì un vizio attinente
alla consegna, comportante la nullità della notificazione,
siccome il decreto ingiuntivo, posto a fondamento
dell’esecuzione, è stato sicuramente consegnato a persona
diversa dal destinatario, ma in luogo che ha, comunque, un
collegamento con il destinatario, per essere stato lo stesso
ivi reperito in occasione di precedenti notifiche.

In definitiva, inammissibili i primi quattro motivi, va
accolto il quinto motivo di ricorso; di conseguenza la
sentenza impugnata va cassata in relazione, con rinvio alla
Corte di appello di Trieste in diversa composizione che si

14

valutazione

adeguerà al principio sopra enunciato, oltre a provvedere
sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso,
inammissibili i primi quattro; cassa la sentenza impugnata

cassazione alla Corte di appello di Trieste in diversa
composizione.
Roma 4 dicembre 2015

in relazione e rinvia anche per le spese del giudizio di

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