Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3907 del 11/02/2019

Cassazione civile sez. lav., 11/02/2019, (ud. 22/11/2018, dep. 11/02/2019), n.3907

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17901-2017 proposto da:

D.P.A.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

DELLE MILIZIE 108, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA GULLO,

rappresentata e difesa dagli avvocati UMBERTO MAGARAGGIA GIUSEPPE

MAGARAGGIA;

– ricorrente –

contro

SAPEL S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN TOMMASO D’AQUINO 90,

presso lo studio dell’avvocato ANDREA QUATTROCCHI, rappresentata e

difesa dagli avvocati SALVATORE SPANO e MAURIZIO VALENTINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 206/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata 17/02/2017 R.G.N. 2884/2013.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza del 17 febbraio 2017 la Corte d’Appello di Lecce, definitivamente pronunciando sulle impugnazioni proposte avverso la sentenza del 25.9.2013 del locale Tribunale, ha rigettato la domanda formulata da D.P.A.L. nei confronti di Sapel Srl, compensando le spese;

2. la Corte territoriale ha escluso la sussistenza di una “cessione d’azienda tra la (OMISSIS) e la Sapel Srl”, non essendo stato allegata e provata dalla D.P. la “cessione di un’entità economica autonoma e compiuta organizzata per le attività di produzione e di scambio di beni e servizi e della conseguente continuità di attività” nè “se tale cessione avesse riguardato l’intero complesso aziendale o solo un ramo di azienda comprensivo della forza lavoro funzionale all’esercizio dell’attività aziendale che la cessionaria si apprestava a svolgere”;

la Corte ha altresì escluso “ai fini decisori la intercorrenza, nella fattispecie in esame, di qualsiasi rapporto di lavoro legittimante l’accoglimento della domanda di D.P., potendo vantare quest’ultima, allo stato, solo la declaratoria del diritto all’assunzione (ovvero della nullità del termine apposto ai contratti di lavoro prestati a tempo determinato) nei confronti della Fondazione”, ha infine escluso che la società abbia posto in essere un comportamento acquiescente dal quale evincere la volontà di non contrastare gli effetti della sentenza n. 10112 del 2011 pronunciata dal Tribunale di Lecce tra la D.P. e la (OMISSIS);

3. D.P.A.L. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza impugnata sulla base di 7 motivi, ai quali ha resistito Sapel srl con controricorso;

4. parte ricorrente ha altresì comunicato memoria, alla quale sono allegati atti che il Collegio reputa estranei alla previsione dell’art. 372 c.p.c. in quanto non attengono alla nullità della sentenza impugnata ovvero all’ammissibilità del ricorso o del controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. il primo motivo di ricorso, con cui si denuncia “omesso esame ex art. 360 c.p.c., n. 5 circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione” per non essersi pronunciata la Corte territoriale sulla “legittimità del licenziamento”, è inammissibile;

come questa Corte ha più volte affermato “l’omessa pronuncia integra un difetto di attività del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale ex art. 360 c.p.c., n. 3, o del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, giacchè siffatte censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, ma attraverso la specifica deduzione del relativo error in procedendo e della violazione dell’art. 112 c.p.c.” (cfr. Cass., sez. 6, n. 329 del 2016; conforme a: Cass. n. 27387 del 2005; Cass. n. 1701 del 2006; Cass. n. 3190 del 2006; Cass. n. 12952 del 2006; Cass. n. 24856 del 2006; Cass. n. 25825 del 2009; Cass. n. 26598 del 2009; Cass. n. 7268 del 2012); nè nella specie soccorre l’illustrazione del motivo in quanto in esso non sono riportati gli specifici contenuti degli atti processuali (ricorso, sentenza di primo grado, appello) dai quali sia possibile ricavare che detta omissione di pronuncia vi sia stata;

2. con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione “dell’art. 2112 c.c. in relazione all’art. 111 c.p.c.nonchè all’art. 2558 e 2560 c.c.” per avere ritenuto l’insussistenza della cessione d’azienda sull’assunto errato che fossero necessari “rapporti negoziali tra la cessante (OMISSIS) e la subentrante Srl Sapel nella gestione del (OMISSIS)” nonchè “per avere ritenuto la inesistenza di un rapporto di lavoro tra la Sig.ra D.P.A.L. e la (OMISSIS)”;

il motivo non può trovare accoglimento in quanto esso non coglie l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata, sul punto rappresentata dalla circostanza che l’insussistenza di una cessione d’azienda è stata ritenuta dalla Corte territoriale non tanto sulla base di una mancanza di rapporti negoziali diretti tra la Fondazione e la Sapel, bensì sul difetto di allegazione e prova di elementi di fatto dai quali ricavare la “cessione di un’entità economica autonoma e compiuta organizzata per le attività di produzione e di scambio di beni e servizi e della conseguente continuità di attività” e cioè il requisito fondante l’applicabilità dell’art. 2112 c.c., anche ove non sussistano rapporti diretti tra titolare dell’impresa cessante e titolare dell’impresa subentrante;

3. con il terzo motivo si denuncia “omesso esame ex art. 360 c.p.c., n. 5 circa un fatto decisivo per il giudizio di cui si è discusso in relazione all’art. 2909 c.c. e art. 111 c.p.c. e 325 c.p.c.” deducendo che la sentenza n. 10112/2011 emessa dal Tribunale di Lecce “è stata notificata oltre che alla (OMISSIS) (la quale ha proposto appello e poi ricorso per cassazione) ma anche notificata al successore Srl Sapel in data 2 marzo 2012”, facendo anche acquiescenza ad essa, per cui sulla stessa si sarebbe formato il giudicato e la Corte di Lecce non avrebbe motivato sul punto; con il quarto mezzo le stesse argomentazioni sono spese per denunciare “violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3 dell’art. 2909 c.c.”;

i motivi, congiuntamente esaminabili per connessione, oltre all’inammissibilità derivante dal prospettare la violazione di un errore di attività che sarebbe stato compiuto dal giudice nelle forme improprie dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 non possono trovare accoglimento per la decisiva ragione che, una volta escluso dalla Corte territoriale il presupposto della successione nel diritto controverso che era rappresentato dalla cessione d’azienda, di giudicato opponibile al terzo estraneo non era dato parlare, anche perchè nelle more la sentenza di primo grado era già stata impugnata dalla (OMISSIS) ed il preteso successore a titolo particolare, a mente dell’art. 111 c.p.c., aveva il potere ma non l’obbligo di impugnare stante l’appello già proposto da detta Fondazione;

4. con il quinto motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3 dell’art. 329 c.p.c. nonchè dell’art. 167 c.p.c., comma 2, e artt. 345 e 343 c.p.c.”, deducendo che la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare “l’accettazione della sentenza del Tribunale” e in ogni caso l’inammissibilità dell’appello incidentale della società per avere eccepito soltanto in secondo grado la “insussistenza di un trasferimento di azienda tra la (OMISSIS) e la Sapel;

le censure, in larga parte prive della necessarie specificità che le renda decifrabili, sono altresì prive di fondamento in quanto la Corte territoriale ha adeguatamente motivato l’insussistenza di una acquiescenza all’impugnazione da parte della società, la quale poi non doveva proporre una domanda riconvenzionale per una mera difesa quale è quella di negare gli elementi costitutivi della domanda della D.P. concernente il trasferimento d’azienda;

5. il sesto motivo denuncia “violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 2112 c.c. in relazione all’art. 2697 c.c. nonchè in relazione all’art. 2558 c.c. nonchè all’art. 345 c.p.c.” mentre il settimo lamenta “violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3 degli artt. 421 e 437 c.p.c. in relazione all’art. 2697 c.c. nonchè artt. 2112 e 2558 c.c.nonchè art. 345 c.p.c.”;

i motivi, congiuntamente esaminabili perchè investono la sentenza impugnata nella parte in cui ha negato sia stata provato un trasferimento d’azienda, sono inammissibili sia perchè denunciano promiscuamente plurime violazioni di legge sostanziale e processuale, senza che sia chiaro evincere a quali delle critiche vincolate descritte nell’art. 360 c.p.c.sia riconducibile ciascuno dei vizi caratterizzati da “irredimibile eterogeneità” (Cass. SS.UU. n. 26242 del 2014; cfr. anche Cass. SS.UU. n. 17931 del 2013; conf. Cass. n. 14317 del 2016) sia perchè nella sostanza, nonostante l’invocazione solo formale della violazione dell’art. 2112 c.c., oppongono una diversa ricostruzione della vicenda storica diversa da quella praticata dalla Corte leccese cui detta ricostruzione invece compete, senza che possa essere sindacata in sede di legittimità oltre i confini dettati dalla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 così come rigorosamente interpretato dalle Sezioni unite di questa Corte (Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014), di cui parte ricorrente non tiene alcun conto, considerando altresì che grava su chi la deduce l’onere della allegazione e prova degli elementi configuranti una successione d’azienda, e quindi una successione nel diritto controverso, mentre la negazione di tali elementi costituisce una mera difesa e non una eccezione;

6. conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo; occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13,comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 4.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese forfettario al 15% e accessori secondo legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 22 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2019

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