Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3902 del 18/02/2010

Cassazione civile sez. III, 18/02/2010, (ud. 14/12/2009, dep. 18/02/2010), n.3902

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – rel. Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29354/2005 proposto da:

C.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA VALLISNERI 11, presso lo studio

dell’avvocato PACIFICI Paolo, che lo rappresenta e difende giusta

delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CA.AN., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIERLUIGI

DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato CONTALDI Mario, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DAL PIAZ CLAUDIO

giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1651/2004 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

Sezione Terza Civile, emessa il 14/05/2004, depositata il 14/10/2004;

R.G.N. 2588/2002.

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

14/12/2009 dal Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO;

udito l’Avvocato Paolo PACIFICI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 14 maggio-14 ottobre 2004, la Corte d’appello di Torino confermava la decisione del locale Tribunale del 20 settembre – 5 novembre 2001, la quale aveva respinto la domanda del promotore finanziario della Zoppi S.I.M, C.A., intesa ad ottenere la restituzione di quanto pagato ad Ca.An., in luogo della società Zoppi.

Nell’atto di citazione, il C. aveva precisato che egli, nella qualità di procuratore della S.I.M., aveva ricevuto incarico dal cliente C.A. di far acquistare dalla Zoppi alcune obbligazioni della Banca di Roma, con scadenza (OMISSIS), per un controvalore di L. 112.500.000.

Dopo il commissariamento della Zoppi, aderendo ad una richiesta del cliente, il C. aveva restituito al Ca. l’intero importo.

L’attore aveva precisato che successivamente la Zoppi era stata dichiarata fallita e che egli, a questo punto, aveva richiesto inutilmente al convenuto la restituzione di quanto egli aveva versato in anticipo in luogo della società. Aveva, pertanto, richiesto al Tribunale di Torino la condanna di Ca.An. al pagamento della somma di L. 100.000.000 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

Il Ca., costituendosi in giudizio, aveva chiesto il rigetto della domanda. Il convenuto affermava di aver dato incarico direttamente al C. di acquistar per suo conto delle obbligazioni per un importo di L. 100.000.000, negando di aver avuto alcun rapporto diretto con la Zoppi S.I.M.. Disconosceva la sottoscrizione risultante dall’ordine di acquisto del 1 marzo 1993, osservando che non erano applicabili nè l’art. 2033 c.c. nè l’art. 2041 c.c., che presupponevano la obiettiva sussistenza della obbligazione.

Con la sentenza sopra richiamata, il Tribunale rigettava la domanda.

La decisione di primo grado era confermata dalla Corte d’appello di Torino.

La Corte territoriale precisava che costituiva circostanza pacifica in causa che C.A. avesse ricevuto assegni per L. 100.000.000 emessi da C.D., figlio di Ca.

A. e che il C. avesse restituito a quest’ultimo assegni di pari importo.

Sulla base delle dichiarazioni rese dalle parti, era emerso che il Ca. aveva incaricato il C. dell’acquisto delle obbligazioni della Banca di Roma, dovendo invece escludersi che il convenuto avesse dichiarato che la somma era stata versata alla finanziaria.

Le testimonianze raccolte non consentivano di ritenere confermate le circostanze dedotte dall’attore.

Il Ca. aveva disconosciuto la sottoscrizione apposta in calce all’ordine di acquisto e in relazione a tale documento il C. non aveva chiesto la verificazione ai sensi dell’art. 216 c.p.c.. Tra l’altro, l’ordine recava una data di molti mesi successiva alla dazione degli assegni (ottobre 1992 – marzo 1993).

Al riguardo, nessun chiarimento avrebbe potuto essere fornito dal curatore del fallimento. Il primo difensore del Ca., che aveva seguito la fase stragiudiziale della vertenza, sentito come teste, aveva confermato che il curatore gli aveva dichiarato che non risultavano operazioni relative all’acquisto di obbligazioni da parte del Ca..

Del tutto irrilevante era poi la circostanza che per la operazione di acquisto delle obbligazioni il Ca. avesse versato assegni a firma del figlio D.. Infatti, l’unica questione da risolvere era a chi il debito restitutorio facesse capo, una volta scaduto il termine dell’investimento.

Poichè il C. non aveva provato che il rapporto obbligatorio fosse intercorso con la Zoppi e dunque che pagando egli avesse soddisfatto un vincolo a carico di un soggetto diverso, non poteva trovare applicazione la disposizione di cui all’art. 2033 c.c..

Pertanto, la domanda di ripetizione di indebito era stata correttamente rigettata dal Tribunale.

La Corte d’appello respingeva anche la censura relativa al mancato accoglimento della domanda sotto il profilo dell’arricchimento senza causa (ex art. 2041 c.c.) – della quale peraltro difettava anche il requisito della sussidiarietà – sul rilievo che anche tale azione presupponeva la prova che il Ca. avesse ottenuto da C. A. una somma da questi non dovuta, in quanto dovuta solo dalla Zoppi.

Avverso tale decisione il C. ha proposto ricorso per cassazione sorretto da due motivi.

Resiste il Ca. con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 1173, 1180, 2730, 2732, 2733, 2734 e 2697 c.c., artt. 228, 230 e 116 c.p.c.) ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza, nonchè omesso esame di punti decisivi della controversia.

Contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di appello, le dichiarazioni rese dal Ca. in sede di interrogatorio formale avevano chiaro contenuto confessorio in ordine al conferimento dell’incarico al C. di acquistare azioni della Banca di Roma per il tramite della Zoppi S.I.M. e dell’avvenuta restituzione da parte del C. della somma di L. 100.000.000 in adempimento di una obbligazione altrui.

La Corte territoriale avrebbe dovuto trarre dalla dichiarazione confessoria di Ca.An. (sintetizzata nella risposta “confermo quanto mi viene letto” alla circostanza capitolata al n. 1 dell’atto di citazione in primo grado) le conseguenze previste dalla legge in caso di dichiarazione resa dalla parte “contra se” e cioè di piena prova vincolante, sia nei confronti del confidente, sia nei confronti del giudice, che non può valutar liberamente la prova nè accertare diversamente il fatto contestato.

Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che la confessione non può essere revocata se non si prova che è stata determinata da errore di fatto o da violenza.

Le dichiarazioni complessivamente rese da Ca.An. non smentivano affatto la confessione resa.

La Corte territoriale non aveva neppure spiegato per quale ragione il Ca. si sarebbe accontentato della restituzione di sole L. 100.000.000 (addirittura di 90.000.000 secondo la precisazione dello stesso convenuto) senza pretendere dal C. gli interessi pattuiti e la differenza sulla sorte capitale. L’unica spiegazione plausibile era che si trattasse – come appunto sostenuto dal C. – di un anticipo operato dal C. sulla somma che avrebbe dovuto essere restituita dalla Zoppi S.I.M..

Le dichiarazioni rese dai testimoni, rileva ancora il ricorrente, confermavano che egli aveva adempiuto ad una obbligazione restitutoria che faceva capo alla Zoppi S.I.M. e dunque il suo pieno diritto ad ottenere dal Ca. la restituzione di quanto a questi versato, in acconto su quanto dovuto dalla Zoppi S.I.M..

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di legge, in particolare degli artt. 1173, 1180, 1987, 2033, 2042, 2042 e 2697 c.c., in relazione all’art. 216 c.p.c., omesso esame di punti decisivi della controversia, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, avendo erroneamente rigettato la domanda di ripetizione di indebito oggettivo e quella di arricchimento senza causa proposta dal C..

I giudici di appello avevano rigettato la domanda di ripetizione di indebito oggettivo e di arricchimento senza causa sul rilievo della mancanza di prova dell’adempimento, da parte del C., di una obbligazione altrui.

In realtà, a tutto voler concedere, l’unico soggetto titolato ad ottenere il pagamento sarebbe stato C.D., cioè il traente degli assegni consegnati al C..

I due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi tra di loro, non sono fondati.

Attraverso la denuncia di vizi della motivazione e di violazione di norme di legge, in realtà il ricorrente sollecita una diversa interpretazione delle risultanze processuali da parte di questa Corte.

I giudici di appello hanno preso in esame tutte le dichiarazioni rilasciate dalle parti e le testimonianze raccolte. Hanno così escluso che le risposte date dal Ca. in sede di interrogatorio formale potessero essere considerate alla stregua di una confessione del conferimento di un incarico di acquistare obbligazioni della Banca di Roma per il tramite della Zoppi S.I.M. e della avvenuta restituzione da parte del C. della somma di L. 100.000.000 in adempimento di una obbligazione altrui.

La indagine volta a stabilire se una dichiarazione costituisca o meno confessione si risolve in un apprezzamento di fatto, non censurabile in sede di legittimità, ove lo stesso sia – come appunto è avvenuto nel caso di specie – fondato su una motivazione immune da vizi logici (Cass. 4 aprile 2003 n. 5330, 27 dicembre 2000 n. 12803).

Con motivazione adeguata e logica, incensurabile in questa sede di legittimità, la Corte territoriale ha rilevato che mancava ogni prova del fatto che il Ca. avesse conferito al C. l’incarico di far acquistare dalla Zoppi S.I.M. obbligazioni della Banca di Roma.

L’unica circostanza che poteva dirsi accertata, attraverso la istruttoria espletata, era quella dell’avvenuta consegna degli assegni al C., da parte di Ca.An..

L’ordine di acquisto rivolto alla Zoppi non era stato in alcun modo confermato dai testimoni sentiti.

La firma che figurava in calce al modulo era stata disconosciuta dal convenuto Ca. ed il C. non aveva neppure richiesto il riconoscimento di tale sottoscrizione.

Non vi era alcuna prova – ha concluso la Corte territoriale – che l’appellante avesse adempiuto ad una obbligazione che faceva capo alla Zoppi, e, del resto, non era credibile che il C. si fosse indotto ad una restituzione (di una somma direttamente da lui non dovuta) solo perchè il Ca. glielo aveva richiesto.

Quanto all’azione di arricchimento senza causa, i giudici di appello hanno motivatamente escluso che il C. avesse provato che il rapporto obbligatorio fosse intercorso con la Zoppi e che dunque, pagando al Ca., egli avesse soddisfatto un obbligo posto a carico di un soggetto diverso.

Quanto alla domanda di arricchimento senza causa, gli stessi giudici hanno precisato che del tutto irrilevante appariva la circostanza che gli assegni fossero stati materialmente emessi dal figlio del Ca.. Ciò non escludeva infatti che gli assegni fossero stati consegnati da Ca.An. al C., con una girata in bianco, per adempiere ad un proprio debito.

Anche tale azione – hanno correttamente precisato i giudici di appello – presupponeva, comunque, la prova che Ca.An. avesse ottenuto dal C. una somma da questi non dovuta, perchè dovuta esclusivamente dalla Zoppi. Prova, questa, non fornita dall’attuale ricorrente.

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato.

Sussistono giusti motivi, in considerazione delle questioni trattate, per disporre la integrale compensazione delle spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Compensa le spese di questo giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2010

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