Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3902 del 08/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 08/02/2022, (ud. 13/01/2022, dep. 08/02/2022), n.3902

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13527-2020 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

NASTI GROUP SRL, esercente l’attività di “commercio all’ingrosso di

bevande non alcoliche”, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARENULA, 16, presso

lo studio dell’avvocato SALVATORE MAGRI’, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANTONIO DE MARI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9178/20/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 09/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA

CAPRIOLI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

La CTR della Campania, con sentenza nr 9178/2019, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la decisione della CTP di Napoli che aveva annullato su impugnativa della Nasti Group s.r.l. l’avviso di accertamento avente ad oggetto la determinazione del reddito imponibile non dichiarato per l’anno 2013 ai fini Iva ed Irap condannando l’Ufficio al pagamento delle spese processuali.

Il Giudice del gravame riteneva che l’appello dovesse essere accolto considerando il provvedimento impositivo adeguatamente motivato e legittimo l’accertamento analitico induttivo nonché corretta la percentuale di ricarico stabilita dalla Amministrazione finanziaria sottolineando che le argomentazioni dedotte sul punto dalla contribuente apparivano confuse anche per quel che attiene al calcolo aritmetico.

Osservava infine che al di là di qualsiasi discorso sull’efficacia esterna del c.d. giudicato non appariva privo di significato il fatto che i ricorsi presentati avverso gli avvisi di accertamento relativi agli anni 2010 e 2011 erano divenuti definitivi con sentenze sfavorevoli al contribuente.

Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resiste con controricorso la contribuente eccependo l’inammissibilità del ricorso principale ed in via di ricorso incidentale condizionato, sebbene non esplicitamente proposto, con cui denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il profilo si censura si deduce la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in combinato disposto dell’art. 156 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per insanabile contrasto fra dispositivo e motivazione.

Contrasto evidente avendo la CTR condiviso nella parte motiva le censure dell’Ufficio formulate avverso la decisione impugnata ed adottato un dispositivo non coerente con le ragioni esposte a fondamento della pronuncia.

Con il secondo motivo si denuncia la nullità della sentenza del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, dell’art. 132 c.p.c., n. 4, dell’art. 156 c.p.c., comma 2, in combinato disposto con l’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per insanabile contrasto fra condanna alle spese e motivazione della sentenza.

I motivi, da esaminare congiuntamente per l’intima connessione, sono fondati. Il contrasto tra motivazione e dispositivo che determina la nullità della sentenza sussiste solo se ed in quanto esso incida sulla idoneità del provvedimento, nel suo complesso, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale, ricorrendo nelle altre ipotesi un mero errore materiale (Cass. 30 dicembre 2015, n. 26077; Cass. 27 giugno 2017, n. 16014; Cass. 17 ottobre 2018, n. 26074); In particolare, presupposto indefettibile della prospettata nullità della sentenza è l’insanabilità del contrasto tra dispositivo e motivazione, in quanto rechino affermazioni del tutto antitetiche tra loro.

In senso analogo si è successivamente espressa la giurisprudenza di questa Corte, che ha precisato che “il contrasto tra motivazione e dispositivo che dà luogo alla nullità della sentenza si deve ritenere configurabile solo se ed in quanto esso incida sulla idoneità del provvedimento, considerato complessivamente nella totalità delle sue componenti testuali, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale. Una tale ipotesi non è ravvisabile nel caso in cui il detto contrasto sia chiaramente riconducibile a semplice errore materiale, il quale trova rimedio nel procedimento di correzione al di fuori del sistema delle impugnazioni – distinguendosi, quindi, sia dall’error in indicando deducibile ex art. 360 c.p.c., sia dall’errore di fatto revocatorio ex art. 395 c.p.c., n. 4 – ed è quello che si risolve in una fortuita divergenza tra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione della sentenza, e che, come tale, può essere percepito e rilevato ictu oculi, senza bisogno di alcuna indagine ricostruttiva del pensiero del giudice, il cui contenuto resta individuabile ed individuato senza incertezza” (Cass. n. 17392 del 2004 e Cass. n. 10129 del 1999). I principi sopra enunciati hanno trovato esplicita condivisione in numerose successive pronunce, anche recenti, tra cui Cass. n. 16488 del 2006, Cass. n. 22433 del 2017, Cass. n. 5939 del 2018, Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 26074 del 17/10/2018 secondo cui “il contrasto tra motivazione e dispositivo che determina la nullità della sentenza ricorre solo se ed in quanto esso incida sulla idoneità del provvedimento, nel suo complesso, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale, ricorrendo nelle altre ipotesi un mero errore materiale”. E’ proprio quanto si è verificato nel caso di specie, ove non è possibile stabilire quale sia esattamente la prescrizione della pronuncia impugnata.

Nel caso di specie, la lettura della motivazione della sentenza impugnata si evince la legittimità dell’accertamento analitico induttivo e corretta la formula di percentuale di ricarico che era proprio quella applicata dai verbalizzanti considerando confuse le opposte argomentazioni svolte sul punto dalla contribuente così come corretti sono ritenuti i calcoli; che diversamente nella parte dispositiva si è invece in modo non coerente con la parte motiva rigettato il ricorso e condannato l’Amministrazione finanziaria al pagamento delle spese processuale finendo per incidere sull’idoneità del provvedimento, ed integrando un vizio attinente alla portata concettuale e sostanziale della decisione e non già un errore materiale, correggibile ai sensi dell’art. 287 c.p.c. (in tal senso v. Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 668 del 15/01/2019, con riferimento al contrasto tra formulazione letterale del dispositivo di una pronuncia della Corte di cassazione e quanto dichiarato in motivazione).

Il ricorso incidentale condizionato della ricorrente resta assorbito.

La sentenza va cassata e rinviata alla CTR della Campania in diversa composizione anche per le spese di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR della Campania, in diversa composizione anche per le spese di legittimità.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2022

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