Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3901 del 14/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 14/02/2017, (ud. 13/01/2017, dep.14/02/2017),  n. 3901

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10281-2011 proposto da:

D.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma, Viale

Carso 51, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO RUFINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato FEDERICO FERRARA;

– ricorrente –

Nonchè da:

R.G. (OMISSIS), P.O. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 180, presso lo studio

dell’avvocato PAOLO FIORILLI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato RAFFAELE BUCCI;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

D.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE

CARSO 51, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO RUFINI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FEDERICO FERRARA;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 544/2010 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 08/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/01/2017 dal Consigliere Dott. LOMBARDO LUIGI GIOVANNI;

udito l’Avvocato Rufini Alessandro con delega depositata in udienza

dell’Avv. Federico Pino Ferrara difensore del ricorrente che si

riporta agli atti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE SERGIO che ha concluso per il rigetto del ricorso principale,

l’accoglimento del ricorso incidentale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – Con ricorso per manutenzione del possesso, R.G. e P.O. convennero in giudizio, innanzi al Tribunale di Venezia (Sezione distaccata di Dolo), D.R., lamentando che quest’ultimo aveva edificato un’ampia scala esterna e una terrazza, entrambe coperte da un larghissimo sporto, a ridosso della parete che correva parallela al confine col fondo di essi attori e a distanza inferiore a quella legale; chiesero, pertanto, l’immediata sospensione dei lavori, l’arretramento della detta costruzione fino alla distanza legale e il risarcimento del danno.

Nella resistenza del convenuto, a conclusione della fase sommaria, il giudice unico rigettò il ricorso; ma il Tribunale in composizione collegiale, adito con reclamo proposto dai ricorrenti ai sensi dell’art. 669 – terdecies c.p.c., accolse il ricorso originario, ordinando al D. di ripristinare lo status quo ante, con l’arretramento della costruzione fino alla distanza di metri cinque dal confine col fondo degli attori.

La causa venne proseguita per la fase di merito dinanzi al Tribunale di Venezia – Sezione distaccata di Dolo, che – con sentenza definitiva – confermò le statuizioni dell’ordinanza emessa in esito al reclamo.

2. – Sui gravami proposti in via principale da D.R. e in via incidentale da R.G. e P.O., la Corte di Appello di Venezia confermò la pronuncia di primo grado.

3. – Per la cassazione della sentenza di appello ricorre D.R. sulla base di sei motivi.

Resistono con controricorso R.G. e P.O., che propongono altresì ricorso incidentale affidato a un motivo.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Preliminarmente va osservato che il sesto motivo del ricorso principale (col quale è stato dedotto il difetto di giurisdizione del giudice ordinario) è stato già rigettato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza del 20.9.2016, a seguito di rimessione della questione di giurisdizione disposta da questa Sezione con ordinanza interlocutoria.

2. – Rimangono da decidere i rimanenti cinque motivi del ricorso principale (oltre all’unico motivo del ricorso incidentale).

2.1. – I primi tre motivi del ricorso principale, essendo strettamente connessi l’uno all’altro, vanno esaminati congiuntamente.

Col primo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 167, 180, 183, 345, 665 sexies e 703 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per avere i giudici di merito ritenuto non contestato dal convenuto il possesso da parte dei ricorrenti dell’immobile oggetto della tutela possessoria.

Col secondo motivo, si deduce poi la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 112, 329, 345 e 346 c.p.c., per avere la Corte territoriale errato nel ritenere che l’eccezione del convenuto – circa l’assenza della qualità di possessori in capo ai ricorrenti – fosse stata tardivamente proposta; si deduce che il giudice di primo grado ha riconosciuto la tempestività dell’eccezione del convenuto, l’ha presa in esame e l’ha rigettata nel merito.

Col terzo motivo, si deduce infine la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2698 e 1140 c.c. e artt. 110 e 115 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per avere i giudici di merito riconosciuto la sussistenza della qualità di possessori in capo agli attori in contrasto con le risultanze probatorie. In particolare, secondo il ricorrente, dalle prove acquisite risulterebbe che gli attori non erano titolari di alcun diritto reale sull’immobile oggetto della tutela possessoria, in quanto tale immobile era di proprietà del padre degli attori e da essi abitato solo per mera tolleranza dello stesso; l’azione di manutenzione del possesso risulterebbe così inammissibile, perchè l’art. 1170 c.c. legittima all’esercizio di essa solo i possessori, e non i detentori.

Le censure vanno rigettate previa correzione della motivazione della sentenza impugnata.

Va innanzitutto dato atto che effettivamente il convenuto ebbe a contestare la qualità di possessori degli attori (tanto si rileva dalla memoria autorizzata del 2.12.2000 e dalla comparsa di risposta del 16.7.2001). Ha errato, pertanto, la Corte veneziana a ritenere la contestazione tardiva.

E tuttavia, a fronte dell’asserito possesso dell’immobile da parte degli attori, era onere del convenuto provare l’esistenza di un rapporto obbligatorio (comodato) o di mera tolleranza tra proprietario e attori in forza del quale questi ultimi avevano la disponibilità materiale dell’immobile. Una tale prova non è stata dedotta nè acquisita (lo stesso ricorrente richiama la prova della proprietà dell’immobile e della residenza). Le censure pertanto non possono trovare accoglimento.

2.2. – Col quarto motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 872 e 873 c.c., del D.M. n. 1414 del 1968 e delle disposizioni del regolamento edilizio comunale; si deduce, in particolare, che gli attori con la loro domanda avevano chiesto l’osservanza della distanza della costruzione dal confine, per cui avrebbero errato i giudici di appello ad applicare il D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, norma che detta la distanza minima tra fabbricati, ma non la distanza di essi dal confine.

Anche tale motivo non può trovare accoglimento.

E’ erronea la motivazione in diritto della sentenza di appello, laddove la Corte territoriale ha affermato che va applicata la distanza di metri 5 dal confine di cui al D.M. n. 1111 del 1968, art. 9.

L’art. 9 del citato decreto, infatti, non prevede distanze dal confine, ma tra pareti finestrate.

La distanza di metri 5 dal confine è invece prevista dallo strumento urbanistico comunale, come affermato dal Tribunale nella sentenza di primo grado; e in tal senso va corretta la motivazione in diritto, ferma restando la statuizione di merito adottata.

2.3. – Col quinto motivo, infine, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1170 e 2043 c.c.; si deduce, in particolare, la mancanza dell’animus turbandi in capo al convenuto, avendo egli edificato in buona fede, sulla base di regolare concessione edilizia e nell’osservanza delle distanze da essa prescritte.

Anche questo motivo non è fondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, l’animus turbandi, per l’esperibilità dell’azione di manutenzione del possesso di un edificio molestato dalla violazione delle distanze legali, non è escluso dall’ottenimento della concessione edilizia da parte dell’autore della turbativa, rilasciata con salvezza dei diritti dei terzi (Cass., Sez. 2^, n. 11404 del 12/11/1998); è stato anche affermato che l’animus turbandi deve presumersi ogni volta che si dimostrino gli estremi della turbativa, restando irrilevante anche l’eventuale convincimento dell’autore del fatto di esercitare un proprio diritto (Sez. 1^, n. 8417 del 15/10/1994).

3. – Con l’unico motivo del ricorso incidentale, i resistenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e artt. 872, 873, 1226, 2043 e 2697 c.c., nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata; si deduce, in particolare, il difetto di pronuncia sulla domanda di risarcimento dei danni e, comunque, l’erroneità del rigetto implicito di tale domanda per mancata prova del danno, in quanto, nel caso di violazione delle distanze legali tra costruzione, il danno non abbisogna di prova, essendo in re ipsa.

La censura è fondata nei termini che seguono.

Non sussiste la denunciata omissione di pronuncia, perchè la Corte di Appello ha rigettato la domanda di risarcimento nel merito.

Tuttavia la Corte territoriale ha errato nel ritenere il difetto di prova del danno, in quanto – secondo la giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide – in tema di violazione delle distanze tra costruzioni previste dal codice civile e dalle norme integrative dello stesso, il danno (“danno conseguenza” e non “danno evento”) deve ritenersi in re ipsa, senza necessità di una specifica attività probatoria (Cass., Sez. 2, n. 25475 del 16/12/2010; Sez. 2, n. 7752 del 27/03/2013).

La sentenza impugnata va pertanto cassata sul punto, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia, perchè liquidi l’entità del danno patito dagli attori.

4. – In definitiva, va rigettato il ricorso principale; va accolto il ricorso incidentale e, in relazione ad esso, va cassata la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia.

Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese relative al presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile, il 13 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2017

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