Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3900 del 18/02/2010

Cassazione civile sez. III, 18/02/2010, (ud. 14/12/2009, dep. 18/02/2010), n.3900

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – rel. Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11669/2005 proposto da:

M.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 94, presso lo studio dell’avvocato FIORE

Giovanna, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROCCHI

GIAN LUIGI giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.M.;

– intimata –

e contro

V.F., (OMISSIS), V.G., –

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI

GRACCHI 128, presso lo studio dell’avvocato STUDIO,LEGALE

COLAVINCENZO E SPINELLA, rappresentati e difesi dall’avvocato ROSSI

SILVANA con procura speciale del dott. Notaio Alfredo D’Ausilio in

Savignano sul Rubicone, del 18.05.06, rep. 125765.

– resistenti –

avverso la sentenza n. 854/2004 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

Sezione Seconda Civile, emessa il 05/03/2004, depositata il

01/06/2004; R.G.N. 1097/2001.

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

14/12/2009 dal Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 5 marzo- 1 giugno 2004, la Corte di appello di Bologna, in riforma della decisione del Tribunale di Forlì del 22 dicembre 2000-23 gennaio 2001, rigettava ogni domanda di risarcimento danni proposta dal Condominio (OMISSIS) nei confronti dei coniugi Z.B. e Vi.Gu. per occupazione senza titolo di un appartamento, spese condominiali e danni da deperimento dell’immobile, per il periodo successivo al licenziamento del portiere Z., intimato in data 31 ottobre 1988.

Con una precedente decisione, passata in giudicato, il Pretore di Cesena – dato atto che l’alloggio era stato lasciato nella disponibilità della Z., alla quale era stato affidato l’incarico di effettuare le pulizie dello stabile – aveva qualificato la detenzione dell’appartamento come comodato precario ed aveva fissato al (OMISSIS) la data della riconsegna dello stesso.

I giudici di appello osservavano che, pur non essendo opponibile il giudicato agli eredi del V., non si poteva negare che l’esistenza di un comodato precario valeva ad escludere la possibilità di considerare come occupazione senza titolo la presenza dell’alloggio (già destinato a abitazione del custode) del marito della Z., considerato che a quest’ultima era stato riconosciuto il diritto di occuparlo sino al (OMISSIS).

In effetti, l’appartamento era stato restituito alla proprietà alcuni giorni dopo tale data, ma non vi era prova che da tale ritardo fosse derivato un danno economico al Condominio. Quest’ultimo, del resto, aveva espressamente escluso la possibilità di una qualsiasi utilizzazione dell’appartamento dopo la sua riconsegna, mediante locazione a terzi.

Quanto ai danni da deterioramento, rilevava ancora la Corte territoriale, l’art. 1807 c.c., esonera esplicitamente il comodatario dall’onere delle riparazioni di piccola manutenzione per deterioramenti prodotti dall’uso. Non vi era neppure prova del fatto che i danni riscontrati nell’appartamento fossero stati causati dal V. o dai suoi eredi.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso M.A., condomina del Condominio (OMISSIS), con tre distinti motivi, illustrati da memoria.

L’amministratore del Condominio, e gli intimati V.F. e G. non hanno svolto difese in questo giudizio. Questi ultimi, tuttavia, hanno depositato procura rilasciata ad un difensore.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Alcune considerazioni in merito alla legittimazione, attiva della condomina M. a proporre ricorso per Cassazione appaiono necessarie.

M.A. è legittimata a proporre ricorso per Cassazione avverso la decisione della Corte di appello che ha rigettato ogni domanda proposta dal Condominio (OMISSIS), nei confronti degli eredi di V. e Z., in quanto partecipe dello stesso condominio.

Invero, per consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, configurandosi il condominio come un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, l’esistenza di un organo rappresentativo unitario, qual è l’amministratore, non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa dei diritti, esclusivi e comuni, inerenti all’edificio condominiale; di guisa che essi sono legittimati ad impugnare personalmente, anche in cassazione, la sentenza sfavorevole emessa nei confronti della collettività’ condominiale ove, come nella fattispecie, non vi provveda l’amministratore (cfr., ex aliis, sentt.

22942 del 2004, 12588 del 2002, 11882 del 2002, 7130 del 2001, 6813 del 2000, 13716 del 1999, 11278 del 1995, 2392 del 1994, 5084 del 1993,1920 del 1993, 5101 del 1986, 6881 del 1986, 3890 del 1977, 804 del 1969).

In casi del genere, tuttavia, il gravame deve esser notificato anche all’amministratore del condominio, persistendo la legittimazione del condominio a stare in giudizio nella medesima veste assunta nei pregressi gradi, in rappresentanza di quei partecipanti che non hanno assunto individualmente l’iniziativa di ricorrere in Cassazione (Cass. 13716 del 1999).

Correttamente, dunque, la ricorrente ha provveduto a notificare copia del ricorso per cassazione anche all’amministratore del Condominio (che non ha ritenuto di svolgere difese in questa sede).

E’ ora possibile passare all’esame dei vari motivi di ricorso per cassazione.

Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 2909 c.c., artt. 132 e 324 c.p.c.), nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

I giudici di appello avevano richiamato la decisione del Pretore di Cesena che aveva deciso la causa promossa dalla Z. per rivendicare una diversa qualifica di lavoro e quella, ad essa connessa, di convalida dello sfratto conseguente al licenziamento della stessa, iniziata dal Condominio.

Il giudice aveva qualificato il rapporto intercorrente tra le parti come comodato precario, anche con riferimento al periodo successivo al licenziamento, fissando la data del rilascio al (OMISSIS):

e su questo punto si era formato il giudicato.

Tanto premesso, la Corte territoriale ha precisato che – benchè il giudicato anzidetto non fosse di per sè opponibile agli eredi di Vi.Gu., marito della Z. (che non erano stati parte in quella causa) tuttavia non si poteva negare che l’esistenza di un rapporto di comodato in capo alla Z. valesse ad escludere ogni possibilità di qualificare come occupazione senza titolo la presenza nell’alloggio del marito della stessa.

Tale conclusione, ad avviso della ricorrente, deve considerarsi del tutto errata.

Anche nel rito del lavoro, la portata precettiva della sentenza non può essere limitata al dispositivo, dovendo tenersi conto della motivazione.

Nel caso di specie, il pretore non aveva affatto preso in considerazione il periodo successivo al licenziamento, ma solo il periodo relativo al rapporto di lavoro della Z. ed aveva disposto il rilascio al (OMISSIS), accogliendo le conclusioni del Condominio, senza entrare nel merito della qualificazione del rapporto per il periodo 1988-1995.

Da tutta la decisione risultava chiaramente che il giudice di Cesena aveva posticipato la esecuzione dello sfratto unicamente per permettere alla Z. di reperire un altro alloggio – e non perchè la detenzione dell’appartamento dopo il licenziamento potesse qualificarsi ancora come comodato precario, come ritenuto senza adeguata motivazione – dagli stessi giudici di appello.

Osserva il Collegio: il motivo è inammissibile.

In tema di impugnazioni, qualora la sentenza del giudice di merito si fondi su più ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione, l’omessa impugnazione, con ricorso per cassazione anche di una soltanto di tali ragioni determina l’inammissibilità, per difetto di interesse, anche del gravame proposta avverso le altre, in quanto l’eventuale accoglimento del ricorso non inciderebbe sulla “ratio decidendi” non censurata, con la conseguenza che la sentenza impugnata resterebbe, pur sempre fondata, del tutto legittimamente, su di essa. (Cass. S.U. n. 16602 del 2005).

Nel caso di specie, la Corte territoriale ha osservato che se il Pretore avesse ritenuto, come sosteneva l’appellante incidentale Condominio, che dalla data del licenziamento, la Z. avesse occupato l’appartamento senza titolo, la condanna al rilascio avrebbe dovuto avere decorrenza immediata.

E, pertanto, interpretando la decisione passata in giudicato, ha qualificato la detenzione dell’appartamento fino all'(OMISSIS) come “comodato precario”.

La concessione dell’appartamento in comodato è stata correttamente riferita dal giudice di appello non soltanto alla Z. ma anche al marito, che aveva conseguentemente acquisito anch’esso la qualità di comodatario.

Con altra – ed autonoma “ratio decidendi” – i giudici di appello hanno precisato che il Condominio non aveva alcuna prospettiva di diversa utilizzazione dell’appartamento (in ipotesi di rilascio immediato dopo l’intimazione del licenziamento) secondo quanto confermato dalle testimonianze raccolte, considerato che già nell’assemblea del 24 marzo 1982 i condomini avevano ritenuto non conveniente affittare l’alloggio (e che, in effetti, ne era stata richiesta la restituzione solo per dare maggior peso al licenziamento della Z.).

Solo il primo accertamento della Corte territoriale (relativo alla qualificazione del rapporto) è stato sottoposto a specifica censura da parte dell’attuale ricorrente.

Nessuna censura è stata sollevata dalla condomina M. in ordine alla mancanza di qualsiasi danno derivato dalla protrazione della detenzione dell’alloggio, dopo il (OMISSIS).

Pertanto, anche se la interpretazione del primo giudicato fornita dalla Corte territoriale dovesse ritenersi errata – a prescindere dalla qualificazione da attribuire alla occupazione dell’ex alloggio di servizio (definita come di comodato precario dal giudice del lavoro) – nessuna censura è stata sollevata in merito all’accertamento della inesistenza di qualsiasi danno per il Condominio, derivata dalla protrazione della occupazione fino all'(OMISSIS).

Donde la inammissibilità del primo motivo di gravame.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 1804, 1805, 1807, 1808, 1809 e 1812 c.c.) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

La Corte territoriale, riformando la decisione di primo grado, aveva escluso qualsiasi responsabilità del comodatario per i danni dovuti alla cattiva manutenzione dell’alloggio, richiamando l’art. 1807 c.c., e precisando che nessuna delle voci elencate dal Condominio derivava da atti di danneggiamento, essendo conseguenza dall’omessa manutenzione per i deterioramenti prodotti dall’uso.

In realtà, la disposizione di legge – sottolinea la ricorrente – esonera il comodatario da responsabilità di custodia e conservazione della cosa con la diligenza del buon padre di famiglia, stabilita dall’art. 1804 c.c., solo quando il deterioramento non sia dipeso da sua colpa.

Nessuna prova era stata fornita dalla Z. e dalla sua famiglia, che aveva detenuto l’immobile arbitrariamente per altri sette anni, dopo il licenziamento.

Il consulente tecnico di ufficio aveva accertato che i danni riscontrati erano dovuti alla cattiva manutenzione da parte del conduttore e alle infiltrazioni provenienti dal soffitto, a causa della cattiva impermeabilizzazione del solaio di copertura, tenendo separate le due quantificazioni dei danni.

Con il terzo motivo la ricorrente deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

La sentenza impugnata aveva affermato che la copertura dell’alloggio era opera di straordinaria manutenzione, di competenza della proprietà, e che era del tutto verosimile che la amministratrice non ne ignorasse la necessità, dal momento che si era provveduto al rifacimento della copertura dell’intero complesso, con la sola esclusione dell’alloggio occupato dall’ex dipendente.

Tali affermazioni erano del tutto errate.

Infatti, secondo l’accertamento compiuto dal consulente tecnico di ufficio, gli unici lavori di copertura erano state effettuati nell’alloggio in questione, in epoca posteriore al rilascio, avvenuto in data (OMISSIS).

Secondo i giudici di appello, il comodante non aveva affatto dimostrato che il deperimento fosse dipeso da colpa del comodatario e il Condominio si era fatto scudo del preteso silenzio tenuto dagli occupanti, per imputare agli stessi la responsabilità dei danni riscontrati.

Anche questa conclusione era contraria alle norme di legge richiamate nel precedente motivo di ricorso.

In base a tali disposizioni, infatti, costituisce preciso onere del comodatario fornire la prova di essere esente da ogni responsabilità.

I due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi tra di loro, sono privi di fondamento.

La Corte d’appello ha chiaramente escluso qualsiasi danno derivato dalla detenzione dell’immobile fino all'(OMISSIS), sulla base delle conclusioni raggiunte dal consulente tecnico di ufficio.

Hanno precisato i giudici di appello che la copertura dell’alloggio era opera che competeva esclusivamente alla proprietà, in quanto di manutenzione straordinaria, “è inverosimile che l’amministratore del condominio ne ignorasse la necessità, dal momento che si era provveduto al rifacimento della copertura dell’intero complesso, eccettuata quella dell’alloggio in questione. Spetta al comodante dimostrare che il deperimento sia dipeso da colpa del comodatario”.

La statuizione della Corte di appello non si pone in contrasto con il consolidato insegnamento di questa Corte, per il quale:

“In tema di comodato, il comodante, che avanzi istanza di risarcimento danni per deterioramento della “res” conseguente ad un uso eccedente quello contrattualmente convenuto, deve provare il fatto costitutivo del suo diritto, e cioè il deterioramento intervenuto tra il momento della consegna e quello della restituzione, essendo onere del comodatario convenuto dimostrare, in via di eccezione e quale fatto impeditivo della sua responsabilità, che quel deterioramento si è verificato per effetto dell’uso conforme al contratto o, comunque, per fatto a lui non imputabile (Cass. 12280 del 2000).

In materia di comodato dispone l’art. 1807 c.c., che, “se la cosa si deteriora per solo effetto dell’uso per cui è stata consegnata e senza colpa del comodatario, questi non risponde del deterioramento”.

Tale norma va letta in correlazione con l’art. 1804 c.c., comma 1, secondo cui “il comodatario è tenuto a custodire e a conservare la cosa con la diligenza del buon padre di famiglia”, e “non può servirsene che per l’uso determinato dal contratto o dalla natura della cosa”; e altresì con l’art. 1808 c.c., secondo cui il comodatario deve provvedere alla manutenzione ordinaria della cosa e sostenerne le spese.

Dal coordinamento di queste disposizioni si ricava dunque che il comodatario deve mantenere la cosa, per quanto possibile, nel suo stato originario; che non risponde del deterioramento dipendente esclusivamente dall’uso della cosa conforme al contratto, nè comunque di quello dipendente da fatto a lui non imputabile; che risponde invece del deterioramento eccedente l’uso conforme al contratto e in ogni caso di quello dovuto a sua colpa.

Per quanto concerne ora la distribuzione dell’onere della prova, il comodante, per ottenere il risarcimento del danno, deve solo provare il fatto costitutivo del suo diritto, ossia il deterioramento della cosa intervenuto tra il momento della consegna e quello della restituzione; toccherà al comodatario, in via di eccezione, dimostrare invece, quale fatto impeditivo della sua responsabilità (art. 2697 c.c., comma 2), che quel deterioramento è avvenuto per effetto dell’uso conforme al contratto o comunque per un fatto a lui non imputabile, vale a dire senza sua colpa.

Tuttavia, nel caso di specie, ogni questione relativa all’assolvimento dell’onere della prova dall’una o dall’altra parte appare superata dalla istruttoria svolta.

Infatti, attraverso le risultanze della consulenza tecnica di ufficio era stata raggiunta la prova che i danni riscontrati nell’immobile erano imputabili esclusivamente alle omissioni di manutenzione straordinaria (rifacimento della copertura dell’appartamento), opera – questa – che competeva esclusivamente alla proprietà. Con conseguente esclusione di qualsiasi responsabilità a carico dei comodatari.

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese di questo giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2010

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