Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3900 del 17/02/2011

Cassazione civile sez. I, 17/02/2011, (ud. 17/11/2010, dep. 17/02/2011), n.3900

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20656-2009 proposto da:

B.S. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA DEL BABUINO 51, presso l’avvocato RIDOLA MARIO G., che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARTINI GIOVANNI,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

BE.FU. (c.f. (OMISSIS)) elettivamente

domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE 18, presso lo STUDIO

GREZ GIAN MARCO, rappresentato e difeso dall’avvocato PERTUSIO ROSA

MARIA, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI

GENOVA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 42/2009 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 20/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/11/2010 dal Consigliere Dott. MASSIMO DOGLIOTTI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato RIDOLA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO IMMACOLATA che ha concluso preliminarmente per

l’inammissibilità, in subordine rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.S., con ricorso depositato in data 11.2.2009 e notificato in data 11.3.2009, proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale per i minorenni di Genova 5/10-10/11/2008, a lei notificato il 12.1.2009, con cui si autorizzava Be.Fu.

al riconoscimento del figlio naturale B.G.L., nato a (OMISSIS), e si disponeva che il minore assumesse il cognome del padre, aggiungendolo a quello della madre. Negava la B. la paternità del Be. ed affermava che esistevano comunque gravi motivi ostativi all’accoglimento della sua domanda.

Costituitosi, il Be. chiedeva di dichiararsi inammissibile il gravame, e in subordine, che questo fosse rigettato nel merito.

La Corte d’Appello di Genova, con sentenza del 14/5-20/5/2009, dichiarava inammissibile per tardività l’appello proposto. Essa afferma che il procedimento ex art. 250 c.c., comma 4. ha natura contenziosa, pur dovendo svolgersi nella prima fase con il rito camerale, e si conclude con sentenza contro la quale va proposto gravame nelle forme ordinarie; ove si proponga, come nella specie “reclamo anzichè appello”, si escluderebbe la nullità, ove il ricorso fosse notificato entro il termine di impugnazione.

Ricorreva per cassazione, sulla base di un unico motivo, la B..

Resisteva, con controricorso, il Be..

Veniva nominato un relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. che chiedeva la trattazione del ricorso in camera di consiglio, per inammissibilità per mancanza del quesito di diritto, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., abrogato, ma ancora operante per i rapporti pregressi.

Veniva fissata adunanza in camera di consiglio.

La ricorrente depositava memoria.

Questa Corte, con ordinanza 15/7/2010, rimetteva la causa alla pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente osservato che, nella specie, può individuarsi il quesito di diritto, nel corpo della trattazione, con carattere tipografico differente (là dove si precisa che il termine breve per appellare è rispettato con il tempestivo deposito in cancelleria del ricorso entro trenta giorni dalla notifica della sentenza), ed esso appare adeguato.

Con un unico motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 325 e 737 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3), in quanto il termine di trenta giorni per appellare, sarebbe, nella specie, rispettato con il deposito in cancelleria del ricorso e non con la successiva notificazione alla controparte.

Il motivo merita accoglimento.

L’art. 250 c.c. prevede che il riconoscimento del figlio naturale non possa avvenire senza il consenso dell’altro genitore che già abbia effettuato tale atto: il consenso, a norma del comma 4 del predetto articolo, non può essere rifiutato, ove il riconoscimento corrisponda all’interesse del figlio; se vi è opposizione, sul ricorso del genitore che vuoi effettuare il riconoscimento, decide il Tribunale per i minorenni, con sentenza che tiene luogo del consenso mancante. L’art. 38 disp. att. c.c. precisa che sono di competenza del Tribunale per i minorenni, tra l’altro, i provvedimenti di cui all’art. 250 c.c., in ordine ai quali esso provvede in camera di consiglio, con sentenza, secondo l’esplicito disposto dell’art. 250 c.c., comma 4.

Risponde ad una ratio ordinatrice del sistema processuale il principio per cui, ove il legislatore abbia previsto il rito camerale per il primo grado, tale rito debba ritenersi implicitamente adottato, anche per il gravame (v., al riguardo, Cass. n. 30688 del 2008; ma già Cass. S.U. n. 5629 e 7170 del 1996). E di tale indicazione appare palese, seppur indiretta, espressione la previsione generale dell’art. 737 c.p.c., per cui i provvedimenti che debbono essere pronunciati in camera di consiglio, si chiedono con ricorso ed hanno la forma di decreto motivato, salvo che la legge (come nella specie) disponga altrimenti.

D’altra parte, con il reclamo, di cui all’art. 739 c.p.c., mezzo attuale di gravame per i procedimenti camerali, che va proposto entro dieci giorni dalla notificazione del provvedimento impugnato se dato nei confronti di più parti, si impugnano i “decreti” pronunciati in camera di consiglio.

Va ribadito che il procedimento in esame, di cui all’art. 250 c.c., comma 4, si conclude con sentenza (ed è appena il caso di precisarlo: sentenza che incide su diritti soggettivi in conflitto);

il mezzo di gravame sarà dunque l’appello, nella forma del ricorso e non della citazione ad udienza fissa; il termine breve per appellare sarà di trenta giorni dalla notificazione della sentenza impugnata, e il termine lungo di (oggi) sei mesi dalla pubblicazione, in mancanza di notifica, e tali termini saranno rispettati con il tempestivo deposito in cancelleria, e non con la successiva notificazione; se erroneamente l’impugnazione fosse stata proposta con citazione ad udienza fissa, il gravame sarebbe comunque tempestivamente proposto, rispettando i termini suindicati per il deposito della citazione, necessariamente successivo alla notifica.

Conclusivamente, il ricorso va accolto. Va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Genova, sezione per i minorenni, in diversa composizione, per il giudizio di merito; la Corte di Appello pure si pronuncerà sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Genova, sezione per i minorenni, in diversa composizione, che si pronuncerà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2011

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