Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3900 del 16/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3900 Anno 2018
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: LUCIOTTI LUCIO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2686-2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del
Direttore

pro tempore,

rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla
via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente contro

SIRICO Luciano;
– intimato –

avverso la sentenza n. 5994/47/2016 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il
23/06/2016;

3S2.

FP

Data pubblicazione: 16/02/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata dell’11/01/2018 dal Consigliere dott. Lucio LUCIOTTI.
RILEVATO
– che con la sentenza in epigrafe indicata la Commissione tributaria
regionale della Campania rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle

proposto da Luciano Sirico avverso l’avviso di accertamento di un maggior
reddito di impresa ai fini IVA, IRPEF ed IRAP emesso nei confronti del
predetto contribuente ai sensi degli artt. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600
del 1973 e 54 d.P.R. n. 633 del 1972 con riferimento all’anno di imposta
2011;

che i giudici di appello, sul rilievo che quello operato

dall’amministrazione finanziaria era un accertamento di tipo sintetico,
effettuato ai sensi dell’art. 38 d.P.R. n. 633 del 1972, sostenevano la
necessità del contraddittorio endoprocedimentale, peraltro introdotto come
obbligatorio dall’art. 22, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, applicabile al caso di specie;
contraddittorio nel caso in esame non attivato dall’amministrazione
finanziaria, con conseguente infondatezza del gravame dell’Agenzia delle
entrate;
– che avverso tale statuizione la ricorrente propone ricorso per
cassazione affidato a due motivi, cui non replica l’intimato;
– che regolarmente costituito il contraddittorio sulla proposta avanzata
dal relatore ai sensi del vigente art. 380 bis cod. proc. civ., il Collegio, con
motivazione semplificata,
OSSERVA
– che con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa
applicazione degli artt. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600 del 1973 e 54
d.P.R. n. 633 del 1972, in combinato disposto dagli artt. 24 e 97 Cost e 12,
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entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso

comma 7, della legge n. 212 del 2000; sostiene che i giudici di appello
avevano errato nel ritenere sussistente nel nostro ordinamento il principio
di obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale in relazione ad
ogni tipo di accertamento fiscale, peraltro contravvenendo al principio
affermato dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 24823 del

— che con il secondo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa
applicazione dell’art. 22, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, in quanto disposizione non
applicabile al caso di specie, in cui l’accertamento non era di tipo sintetico,
ex art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973, ma di tipo analitico, ovvero effettuato ai
sensi degli artt. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 d.P.R. n.
633 del 1972;
—che i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto
involgenti questioni tra loro strettamente connessi, sono fondati e vanno
accolti;
—che, invero, nel caso di specie è indubbio, per come risultante dall’atto
impositivo riprodotto in parte qua nel ricorso (pag. 10), in ossequio al
principio di autosufficienza del medesimo, che l’Agenzia delle entrate ha
proceduto alla rideterminazione del reddito di impresa del contribuente con
metodo analitico, ai sensi delle disposizioni da ultimo citate, con la
conseguenza che nella specie, da un lato, non è applicabile il disposto di cui
all’art. 22, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 122 del 2010, che ha modificato l’art. 38 d.P.R. n. 600 del
1973 in materia di accertamento sintetico introducendo l’obbligatorietà del
contraddittorio endoprocedimentale, da attivarsi dall’amministrazione
finanziaria a pena di nullità dell’atto impositivo, e, dall’altro, che un tale
onere a carico dell’Agenzia delle entrate non sussiste con riferimento ai
tributi non armonizzati (come l’IRPEF e l’IRAP) quando, come nel caso di
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2015;

specie, la verifica fiscale viene eseguita a tavolino (quindi, in assenza di
accessi, ispezioni e verifiche effettuate nei locali dell’impresa, che sono le
ipotesi per le quali l’art. 12 della legge n. 212 del 2000 prevede specifici
diritti e garanzie a favore del contribuente), mentre in relazione ai tributi
armonizzati (come VIVA), la violazione del contraddittorio è subordinato

potuto far valere in sede di procedimento amministrativo;
—che, invero, le Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 24823
del 2015 hanno affermato che «In tema di diritti e garanzie del contribuente
sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un
obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione
comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere
di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non
abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per
i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è
rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo,
sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito»,
precisando che «non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun
obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini
Irpeg ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale,
vertendosi in ambito di indagini cd. “a tavolino”»;
—che non vi sono ragioni che consentono di discostarsi, come invece
immotivatamente ed irragionevolmente ha fatto la CTR, da tali principi che
vanno, invece, ribaditi;
— che, pertanto, in accoglimento dei motivi di ricorso, la sentenza
impugnata va cassata con rinvio alla CTR campana che riesaminerà la
vicenda alla stregua dei suesposti principi, provvedendo anche a
regolamentare le spese del presente giudizio di legittimità;

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alla specifica deduzione da parte del contribuente delle ragioni che avrebbe

P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le
spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della

Campania, in diversa composizione.

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