Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3899 del 19/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 3899 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: MACIOCE LUIGI

sul ricorso iscritto al n. 20122 del R.G. anno 2007
proposto da:
Presidenza del Consiglio dei Ministri – Commissario
Straordinario di Governo dom.ti in Roma via dei Portoghesi L12
presso l’Avvocatura Generale dello Stato che li rappresenta e difende per
legge

ricorrenti-

contro
Consorzio CONSAFFtAG dom.to in Roma via Donatello 75 presso
l’avv. Bruno Capponi che lo rappresenta e difende per procura in calce al
controricorso

contro ricorrente-

Amministrazione Provinciale di Napoli in persona del Presidente
in carica, dom.ta in Roma via G.B.Tiepolo 21 presso l’avv. Brunello
Mileto con gli avvocati Aldo Di Falco e Maurizio M. Marsico
L 042,G1″5-i.o6/5_

contro ricorrenteavverso la sentenza 549 del 27.2.2007 della Corte di Appello di
Napoli ; udita la relazione della causa svolta nella p.u. del 17.01.2014
dal Cons. Luigi MACIOCE; udito l’avvocato dello Stato D.Giacobbe;
presente il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Federico Sorrentino che ha chiesto accogliersi il primo motivo.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con convenzione 21.11.1981 tra il Presidente della G.R. della Campania

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Data pubblicazione: 19/02/2014

ed il Consorzio CONSAFRAG venne disciplinata la concessione ed esecuzione di 1.185 alloggi nell’ambito delle previsioni del titolo VIII della legge 219 del 1981, detta convenzione contenendo all’art. 28 una clausola
di compromesso in arbitrato rituale. La concessione , con atti aggiunti
del 1985, venne estesa alla realizzazione di una strada provinciale ed
alla ristrutturazione di altra. Con atto 19.9.95 veniva aperto il procedimento di definizione arbitrale sui dodici quesiti proposti da Consafrag.
Il Collegio arbitrale ebbe ad adottare lodo il 21.11.1997 che, previa de-

alcune domande e dichiarò la fondatezza di altre, pertanto determinando le somme dovute al Consorzio . Il lodo venne impugnato dal Consorzio Consafrag il 17.1.1998 con articolazione di sette motivi; la Presidenza del Consiglio ed il Commissario resistettero e proposero impugnazione incidentale con otto motivi. L’amministrazione Provinciale non si costituì. La Corte di Appello di Napoli con sentenza 27.2.2007 ha quindi,
in parziale accoglimento dell’incidentale, dichiarato la nullità del lodo in
relazione al capo 23 del dispositivo ed ha condannato la Presidenza a
pagare al Consorzio lire 32.308.462.306 per capitale oltre lire
12.094.601.813 per interessi compensativi su detta somma oltre gli ulteriori accessori dal dì della pubblicazione del lodo al saldo, rigettando
tutte le altre censure principali ed incidentali. Nella motivazione la Corte
di merito ha affermato, per quel che rileva: che era indiscutibile la compromettibilità per arbitri della controversia stante la insussistenza di alcuna giurisdizione del G.A. su di essa, che neanche era condivisibile il
motivo di impugnazione proposto dalla PdCdM per asserita illegittimità
costituzionale della devoluzione arbitrale, che infatti era ben vero che la
sentenza 152/1996 aveva dichiarato incostituzionale l’art. 16 della legge
741/1981 (sostitutiva dell’art. 47 dPR 1063 del 1062) nella parte in cui
non consentiva la deroga unilaterale alla competenza arbitrale ma era
anche vero che nella specie la clausola arbitrale era stata posta in via
negoziale ed il richiamo al dPR 1063 del 1962 era meramente integrativo e sussidiario, che peraltro neanche valeva, a fondare una applicazione diretta del capitolato, la previsione dell’art. 16 legge 219 del 1981
posto che nella specie l’intervento non era stato effettuato nella previsione dell’art. 8 ma in quella di cui al titolo VIII della legge, che infine
neanche era predicabile una nullità ex art. 1342 c.c. stante la forma
pubblica della convenzione, che escludeva alcuna natura vessatoria ed
alcuna specifica approvazione scritta, che neanche coglieva nel segno la
censura proposta in via incidentale dal PdCdM ed afferente il fatto che il
Collegio aveva ritenuto illegittima la sospensione 10.12.1991-17.2.1992

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claratoria di validità della clausola arbitrale di cui all’art. 28 , respinse

perché motivata con l’esigenza di verificare le occorrenti disponibilità
finanziarie, esattamente essendo stato escluso che siffatte esigenze,
preesistenti e prevedibili, ed eliminabili con ordinaria diligenza, potessero ricomprendersi nell’art. 30 dPR 1063 del 1962, che infondata era anche la doglianza incidentale della PdCdM sulla attribuzione automatica
degli interessi compensativi sulle somme rivalutate riconosciute al Consorzio per pretese risarcitorie, detti interessi spettando in via automatica
per effetto della indisponibilità delle somme, che la contestazione sulla

andamento dei lavori 4.12.1989-14.2.1995, sì che il Collegio avrebbe
indebitamente riconosciuto la somma di lire 1.741.043.168, era infondata avendo il Collegio esaminato i fatti ed applicato presunzioni in forza
di argomenti logici e non scalfiti dalla impugnazione.
Per la cassazione di tale sentenza PdCdM e Commissario hanno proposto ricorso il 5.07.2007 con quattro motivi, ai quali ha opposto difese il
Consorzio con controricorso 27.09.2007 e ai quali ha subordinatamente
prestato adesione la Provincia di Napoli con controricorso 28.09.2007.
La ricorrente Presidenza ed il Consorzio hanno depositato memorie finali.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ritiene il Collegio, dall’esame del ricorso, le cui censure sono ammissibili e concluse da specifici e pertinenti quesiti di diritto, che sia da ritenere fondato l’assorbente primo motivo.
Primo motivo: esso denunzia articolatamente la violazione di legge
commessa nell’aver affermato che alla convenzione non si sarebbe applicato l’obbligo legale di arbitrato, stante la mera negozialità del richiamo
del capitolato generale e stante la inerenza del richiamo di cui all’art. 16
della legge 219/1981 ai soli interventi di cui all’art. 8 e non a quelli di
cui al titolo ottavo (afferenti la realizzazione di un piano di ERP anche
afferente necessità precedenti il sisma). E di contro, ad avviso della impugnante Presidenza, era stato fatto palese proprio il contrario sulla base della normativa sopravvenuta, a carattere interpretativo, applicabile
anche agli arbitrati anteatti le cui controversie erano in corso, nel senso
del divieto assoluto e generale di ricorso all’arbitrato. Si trattava dell’art.
1 c. 2 quater DL 15/2003 convertito nella legge 62/2003 richiamante
l’art. 3 c. 2 DL 180 del 1998 convertito in legge 267/1998 ed ai quali la
sentenza C.C. 376 del 2001 aveva dato portata estesa anche al titolo
ottavo della legge 219 del 1981.
La censura, ad avviso del Collegio, è esatta ed il quesito (pag. 19)
non è astratto ma solo sintetico perché elabora l’errore di diritto commesso e rettamente denunziato e va alla conclusione. Il Consorzio, del

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assenza di prova da parte del Consorzio delle voci di danno da irregolare

resto, non ne denunzia la inidoneità.
Il motivo è dunque fondato. Ed invero questa Corte con sentenza
13464 del 2010 ha statuito:
che la distinzione, nell’ambito della L. n. 219 del 1981, della parte relativa ai provvedimenti organici per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori colpiti da calamità naturali, da quella concernente l’intervento statale per l’edilizia a Napoli, non comporta una pretesa diversità di disciplina
relativamente alla facoltà di accesso all’arbitrato.
infatti va innanzitutto considerato che il legislatore ha individuato

uno stretto collegamento fra le due fattispecie avendole disciplinate con
un unico provvedimento normativo; detto collegamento, oltre che sotto
l’aspetto formale, desumendosi sotto un aspetto sostanziale, per il fatto
che le disposizioni in questione sono destinate ad essere applicate in una
medesima (parzialmente) area geografica (Basilicata e Campania la prima, area metropolitana di Napoli la seconda) e sono comunque riconducibili all’esigenza di far fronte convenientemente a situazioni di emergenza.
che l’esistenza di tale collegamento induce a ritenere che le fattispecie
delineate nella L. n. 219 del 1981, debbano trovare una disciplina unitaria anche per quanto concerne l’accesso all’arbitrato.
che d’altra parte la correttezza di tale conclusione è confortata dall’analoga valutazione compiuta in proposito dalla Corte Costituzionale (sent.
376 del 2001). È ben vero che detta valutazione non ha efficacia vincolante nel giudizio in esame, trattandosi di decisione interpretativa di rigetto ma è anche vero che il contenuto della statuizione costituisce un
precedente di particolare autorevolezza, dal quale non vi è ragione di
derogare.
che esso ha espressamente affermato sia la costituzionalità del divieto
di arbitrato anche con riferimento alle controversie insorte nella fase
realizzativa del programma straordinario di edilizia residenziale per Napoli di cui al titolo 8^ della L. n. 219 del 1981, sia il carattere generale
del divieto di arbitrato per le opere di ricostruzione nei territori colpiti da
calamità naturali, in esse comprese, quindi, anche quelle relative al programma straordinario per Napoli di cui al titolo 8^ L. n. 219 del 1981
(divieto sancito dal D.L. n. 80 del 1998 e dal D.Lgs. n. 354 del 1999).
che deve essere esclusa l’ abrogazione della disposizione limitativa dell’arbitrato, riconducibile alla L. n. 109 del 1994, art. 32, introdotto dalla
legge 1 agosto 2002, n. 106, art. 1, c. 8, lett. V, n. 3, posto che che la
disposizione ha un carattere del tutto generale e riguarda, in particolare,
tutte le disposizioni che prevedono limitazioni ai mezzi di risoluzione del-

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che

le controversie nella materia dei lavori pubblici. Nel mentre la disposizione della cui applicazione si discute è norma di carattere speciale, attinente alle questioni insorte nell’ambito dell’attività di ricostruzione in
zone colpite da calamità naturali.
che infine la stessa formulazione del D.L. 7 febbraio 2003, art. 1, com-

ma 2 quater, convertito con modificazioni nella L. 8 aprile 2003, n. 62,
che precisa che alle controversie derivanti dall’esecuzione di opere pubbliche nell’ambito di programmi di ricostruzione nei territori colpiti da
calamità naturali, in essi compresi quelli di cui alla legge n. 219 del

1981, “continua ad applicarsi” il divieto di deferimento ad arbitri previsto
dalla L. n. 267 del 1998 induce a ritenere che il divieto non sia mai venuto meno (non altrimenti si giustificherebbe l’adozione della locuzione
“il divieto continua ad applicarsi”) e che il citato art. 1, c. 2 quater contenga una norma interpretativa, con efficacia quindi retroattiva.
Il Collegio condivide pienamente siffatta statuizione e ne rileva la
coerenza con la ragionevolezza del divieto generale di arbitrato affermata da Corte Cost. 162 del 2009. Ne discende, in accoglimento del motivo, la cassazione della sentenza – là dove (secondo motivo di impugnazione – pag. 25) ha ritenuto non applicabile il divieto generale di cui
all’art. 16 della legge richiamata – ed il rinvio per nuovo esame
dell’impugnaizone che faccia applicazione del principio di diritto.

Secondo motivo: si duole del fatto che si sia negato costituisse ragione di sospensione ex art. 30 dPR 1063/1062 la sospensione motivata
con la esigenza di accertare la copertura finanziaria della spesa. Si afferma che non vi è motivazione. Terzo motivo: si duole che gli interessi
compensativi sul capitale rivalutato assegnato in funzione risarcitoria
siano stati erogati in via automatica. Formula quesito. Quarto motivo: si
duole genericamente e senza censure specifiche della risposta data dalla
sentenza (pag. 36) alla impugnaizone per carenza di prova dei crediti
risarcitori. Tali motivi restano assorbiti nell’effetto rescindente
dell’accoglimento del primo mezzo. Le spese saranno regolate e liquidate
dalla Corte di rinvio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, assorbe secondo, terzo e quarto; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Napoli in diversa composizione.
Così dea- • nella c.d.c. del 17.1.2014.
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