Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3898 del 19/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 3898 Anno 2014
Presidente: LUCCIOLI MARIA GABRIELLA
Relatore: NAZZICONE LOREDANA

SENTENZA

sul ricorso 2404-2008 proposto da:
ING. PASQUALE ISIDORI S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (c.f.
00469930580), già ING. PASQUALE ISIDORI S.P.A., in
persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente

Data pubblicazione: 19/02/2014

domiciliata in ROMA, VIA CARLO CONTI ROSSINI 26,
presso l’avvocato SABRINA METTA, che la rappresenta
2014
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e difende, giusta procura speciale per Notaio dott.
MASSIMO MARIA PAANI ROSATI di ROMA – Rep.n. 56351
del 21.9.2012;
– ricorrente –

i a.

1

contro

GESTIONE LIQUIDATORIA DELLA DISCIOLTA ULSS 04 DI
CHIETI (p.i 01705480695), in persona del
Commissario Liquidatore pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA SESTO RUFO 23, presso

difende unitamente all’avvocato MANGIA GIOVANNI,
giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente contro

A.S.L. DI CHIETI, REGIONE ABRUZZO;
– intimate avverso la sentenza n. 4127/2007 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata i111/10/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/01/2014 dal Consigliere Dott.
LOREDANA NAllICONE;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato METTA SABRINA
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

l’avvocato MOSCARINI LUCIO V., che la rappresenta e

udito, per la controricorrente, l’Avvocato TAVERNITI
BRUNO, con delega, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza dell’ 11 ottobre 2007, pronunciata in sede di
rinvio, la Corte d’appello di Roma ha condannato la Ing. Pasquale Isidori
s.p.a. al pagamento, in favore della Gestione Liquidatoria della Ulss 04 di
Chieti, della somma di C 1.199.299,84, oltre interessi e spese, a titolo di
arbitrali, parziale e definitivo, emessi con riguardo ad un appalto di lavori
pubblici, e dichiarati nulli con la sentenza della medesima corte d’appello
pubblicata il 12 novembre 2001.
Quest’ultima sentenza fu impugnata per cassazione in via
principale dall’impresa, che censurava la dichiarazione di nullità dei lodi
per incompetenza degli arbitri, ed in via incidentale dalla pubblica
amministrazione, per omessa pronuncia sulla domanda di restituzione di
quanto versato in esecuzione dei lodi predetti.
La sentenza di questa Corte del 4 marzo 2005, n. 4793 ha respinto
il ricorso principale ed accolto l’incidentale, avendo accertato la
violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda di
restituzione proposta innanzi alla corte d’appello nel giudizio di
impugnazione dei lodi arbitrali; ha, quindi, cassato la sentenza della
Corte d’appello di Roma del 12 novembre 2001, rinviando ad altra
sezione della stessa per decidere sulla domanda restitutoria.
La Corte d’appello, con la sentenza dell’ 11 ottobre 2007, ha
accolto la domanda di restituzione, disattendendo l’eccezione di
litispendenza e l’istanza di cancellazione della causa dal ruolo, proposte
dalla società.
Ha ritenuto, per quanto ancora rileva, che l’eccezione di
litispendenza in ordine alla domanda di restituzione delle somme —
eccezione sollevata dalla società appaltatrice in relazione alla domanda
riconvenzionale proposta dalla Gestione Liquidatoria nella comparsa di
risposta del 30 giugno 2005, nell’ambito del giudizio intrapreso innanzi
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3

Il conszejléy.

restituzione dell’importo corrisposto alla società in forza di due lodi

al tribunale ordinario dalla Ing. Pasquale Isidori s.p.a., dopo la
declaratoria di nullità dei lodi arbitrali — fosse infondata, dal momento
che:
a) la domanda di restituzione è stata preventivamente proposta nel
giudizio di impugnazione di lodo arbitrale all’udienza del 27 settembre
di rinvio, disposto dalla S.C. proprio al fine di decidere su tale domanda;
b) in ogni caso, sussiste la competenza funzionale del giudice del
rinvio a decidere al riguardo, posto che, a norma dell’art. 389 c.p.c., le
domande di restituzione ed ogni altra conseguente alla sentenza di
cassazione si propongono al giudice del rinvio, per l’esigenza di
ripristino della situazione anteriore, venendo essa meno solo quando il
giudizio non venga riassunto o laddove tali domande non vengano ivi
proposte.
Di tale sentenza la società ricorrente chiede la cassazione, sulla
base di un unico complesso motivo.
Resiste con controricorso la Gestione Liquidatoria della Ulss 04 di
Chieti.
La controricorrente ha depositato la memoria di cui all’art. 378
c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. — Con l’unico motivo, la ricorrente denunzia la violazione e la
falsa applicazione degli art. 39, 112 e 389 c.p.c., nonché il vizio di
ultrapetizione e di motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria, in
relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., per avere la corte
del giudizio di rinvio disatteso l’eccezione di litispendenza della
domanda restitutoria.
Deduce l’errore della corte del merito, laddove ha affermato che
sussiste la competenza funzionale esclusiva del giudice del rinvio a
decidere sulla domanda di restituzione, mentre, per giurisprudenza
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11 c9/sJ rel. est.

1999, così che non vi è soluzione di continuità con quella decisa in sede

costante di legittimità, la domanda in questione può essere proposta non
solo nel giudizio di rinvio, ma anche autonomamente in un distinto
giudizio.
Afferma che proprio ciò è avvenuto nella specie, allorché la
Gestione Liquidatoria, nel costituirsi innanzi al Tribunale dell’Aquila nel
risposta del 30 giugno 2005 ha proposto la domanda riconvenzionale di
restituzione della somma pagata ed, in subordine, la domanda o
eccezione di compensazione, in tal modo consumando il relativo potere
d’azione, ed implicitamente e definitivamente rinunziando a far valere la
medesima domanda formulata nel giudizio di nullità del lodo.
Aggiunge che la sentenza impugnata ha omesso di esaminare
l’eccezione di litispendenza, essendosi limitata ad affermare in termini
assertivi la sua infondatezza, senza considerare i molteplici argomenti
svolti dalla società; e sostiene che la sentenza impugnata è incorsa nel
vizio di ultrapetizione, laddove ha affermato che non sussiste soluzione
di continuità fra la domanda formulata da controparte nel giudizio di
impugnazione dei lodi arbitrali e quella proposta in sede di rinvio, in
quanto invece la proposizione della domanda riconvenzionale suddetta ha
reso quella avanzata nel giudizio di rinvio preclusa dal principio del ne
bis in idem, con obbligo per il giudice per secondo adito di pronunciare la
litispendenza e la cancellazione della causa, con cessazione “coattiva”
della litispendenza ex art. 39 c.p.c.
2. — Il complesso motivo è in parte inammissibile ed in parte
infondato.
2.1. — Non è controverso che, nel giudizio di impugnazione dei
due lodi arbitrali innanzi alla Corte d’appello di Roma, definito ivi con la
sentenza del 12 novembre 2001, all’udienza del 27 settembre 1999 la
Gestione Liquidatoria propose, accanto alla domanda di accertamento

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5

11 cg4jrel. est.
.

giudizio intrapreso dalla Ing. Pasquale Isidori s.p.a., con la comparsa di

della nullità dei lodi, anche l’azione di restituzione delle somme pagate in
virtù di questi, quale domanda consequenziale a quella di nullità.
L’accertamento dell’avvenuta acquisizione al giudizio di
impugnazione dei lodi anche della domanda restitutoria è già stato svolto
da questa Corte con la sentenza del 4 marzo 2005, n. 4793 e non è
2.2. — In effetti, l’odierna ricorrente non pone in dubbio tale
circostanza, ma prospetta la tesi secondo cui la proposizione della
domanda riconvenzionale di restituzione delle somme, avanzata dalla
Gestione Liquidatoria con la comparsa di risposta del 30 giugno 2005,
avrebbe comportato l’implicita e definitiva rinuncia all’azione restitutoria
già proposta nel giudizio di impugnazione del lodo arbitrale.
Giova ricordare come il sistema processuale che regola la
litispendenza non prevede affatto che, proposta una seconda domanda
identica ad altra precedentemente avanzata, quest’ultima debba intendersi
automaticamente o (per usare le parole della ricorrente) implicitamente e
definitivamente rinunziata: al contrario, il meccanismo predisposto
dall’art. 39 c.p.c. presuppone proprio la permanenza dell’originaria
domanda, prescrivendo semmai che sia il giudice adito per secondo a
pronunciare sulla litispendenza.
Ciò non significa, naturalmente, che non si ammetta la rinuncia
tacita ad un giudizio già intrapreso. Tuttavia, al riguardo non ha alcun
rilievo l’art. 346 c.p.c. in tema di domande ed eccezioni proposte in
primo grado e non riproposte nel giudizio d’appello, né è pertinente
quanto si afferma in ordine alla mancata riproposizione di domande in
sede di precisazione delle conclusioni: nell’uno come nell’altro caso, si è
fuori dall’ipotesi della proposizione di due domande uguali, e si tratta
piuttosto di più domande diverse fra di loro, di cui solo alcune riproposte
dalla parte in un secondo momento, onde occorre interpretare una
condotta di tipo omissivo.
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ulteriormente sindacabile.

La ricorrente chiede, invece, di estendere valutazioni di natura
presuntiva ad una condotta di tipo commissivo, qual è l’avere proposto in
via riconvenzionale — nel giudizio intrapreso nel 2005 dalla controparte
innanzi al tribunale — la domanda restitutoria.
Ma la rinuncia all’azione, o, più propriamente nella vicenda in
condotte concludenti o in dichiarazioni volte ad altro fine, queste ultime
siano assolutamente incompatibili con la volontà di proseguire il diverso
giudizio.
Nei casi tipizzati, il legislatore ha ope legis previsto il
trasferimento dell’azione nella diversa sede, in cui essa venga ex post
proposta, senza necessità di un esame della volontà della parte: così nei
rapporti fra giudizio civile ed azione civile in sede penale, ai sensi
dell’art. 75 c.p.p., vicenda riconducibile (secondo Sez. Un., 5 aprile 2013,
n. 8353), al fenomeno della litispendenza, e non a quello disciplinato
dall’art. 306 c.p.c., in quanto prevista al fine di evitare contrasto di
giudicati, con la conseguenza che è rilevabile anche d’ufficio.
Per i casi non tipizzati, la volontà di rinunciare al giudizio per
primo intrapreso deve risultare con i crismi della incontrovertibilità ed
inequivocità, da valutare da parte del giudice del merito.
È, pertanto, palese l’infondatezza dell’assunto diretto far valere
una implicita rinuncia alla prima domanda restitutoria, per il sol fatto di
averne propostct una seconda.
2.3. — Né è ammissibile la censura del vizio di ultrapetizione,
laddove la sentenza impugnata ha affermato che non sussiste «soluzione
di continuità» fra la domanda formulata da controparte nel giudizio di
impugnazione dei lodi arbitrali e quella proposta in sede di rinvio (vale a
dire, che si tratta della stessa domanda).
Invero, la censura è stata proposta ai sensi dei nn. 3 e 5 dell’art.
360 c.p.c. e senza alcuna deduzione idonea a sostenerla, non operando
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Il con

1. est.

esame, agli atti processuali, richiede che, perché possa individuarsi in

essa, pur lamentando la ricorrente la violazione dell’art. 112 c.p.c., la
chiara censura di nullità della decisione, derivante dall’omissione. Come
statuito dalle Sezioni Unite con la sentenza del 24 luglio 2013, n. 17931,
in tal caso il ricorso per cassazione va dichiarato inammissibile, se il
ricorrente, nel lamentare l’omessa pronuncia in ordine ad una delle
non pertinente ed ometta di menzionare quello di cui all’art. 360, primo
comma, n. 4 cod. proc. civ., in relazione all’art. 112 cod. proc. civ., ma
oltre a ciò provveda solo ad argomentare sulla violazione di legge od a
sostenere che la motivazione sia stata omessa o sia insufficiente, senza
alcun riferimento inequivoco alla nullità della decisione derivante
dall’omissione (in tal senso, di recente ancora Cass., sez. I, 14 ottobre
2013, n. 23235).
2.4. — Una volta tenuto fermo che la domanda di restituzione,
proposta in sede di impugnazione del lodo arbitrale, è quella
cronologicamente per prima introdotta, la sentenza impugnata non merita
le censure avanzate dalla ricorrente, dal momento che in sede di giudizio
di rinvio doveva decidersi proprio quella domanda, dopo l’omissione di
pronuncia da parte della sentenza della corte territoriale emessa nel 2001.
D’altro canto, ogni questione ex art. 39 c.p.c. va proposta, se del
caso, al giudice della domanda per seconda introdotta, ossia quella
innanzi al Tribunale dell’Aquila, dovendosi al riguardo richiamare il
principio di recente affermato dalle Sezioni Unite, a composizione di
contrasto di giurisprudenza, per il quale, «a norma dell’art. 39, primo
comma, cod. proc. civ., qualora la medesima causa venga introdotta
davanti a giudici diversi, quello successivamente adito è tenuto a
dichiarare la litispendenza, rispetto alla causa identica precedentemente
iniziata, anche se questa, già decisa in primo grado, penda davanti al
giudice dell’impugnazione» (Sez. Un., 12 dicembre 2013, n. 27846).

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domande od eccezioni formulate, non si limiti a richiamare un motivo

2.5. — La critica rivolta alla sentenza impugnata, nella parte in cui
ha affermato la «competenza funzionale» del giudice del rinvio a
decidere al riguardo a norma dell’art. 389 c.p.c., è inammissibile, perché
coglie soltanto una delle rationes decidendi della sentenza, mentre la
decisione è autonomamente sostenuta dalle altre già esaminate.

3. — Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come nel
dispositivo, ai sensi del d.m. 12 luglio 2012, n. 140, applicabile anche
alle prestazioni professionali eseguite nel vigore delle previgenti tariffe
(Cass., sez. un., 12 ottobre 2012, n. 17405).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese di lite in favore della controricorrente GESTIONE
LIQUIDATORIA DELLA ULSS 04 DI CHIETI, che liquida in €
12.000,00, oltre ad € 200,00 per esborsi ed agli accessori, come per
legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 gennaio 2014.
Il Consigliere est.

Il Presidente

(Lore ana Nazzi-one)

(M Gabriella Luccioli)

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……….. ………. ……..
oggi …………….

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Si attesta la registrazione presso

Il ricorso, in conclusione, deve essere respinto.

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