Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3897 del 11/02/2019

Cassazione civile sez. lav., 11/02/2019, (ud. 09/10/2018, dep. 11/02/2019), n.3897

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18010/2014 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

EUROPA 190 (AREA LEGALE TERRITORIALE CENTRO DI POSTE ITALIANE),

presso lo studio dell’ avvocato ROSSANA CLAVELLI, che la rappresenta

e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

F.M.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 543/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/01/2014 R.G.N. 403/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/10/2018 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ANNA MARIA URSINO per delega verbale Avvocato

ROSSANA CLAVELLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del Tribunale della stessa città, ha condannato la società Poste Italiane a corrispondere a F.M.L. la minor somma di Euro 960,40 a titolo di indennità di cassa, di cui all’art. 72 del c.c.n.l. dei dipendenti postali. Il giudice di secondo grado ha osservato che l’accordo sindacale del 24 novembre 2009 – con il quale era stata estesa l’applicazione dell’art. 72 citato agli operatori degli uffici postali addetti alla vendita di prodotti filatelici con figura professionale di operatore di sportello filatelico a decorrere dal 1 dicembre 2009 – non aveva innovato la disciplina precedentemente vigente. Ha poi evidenziato che l’indennità doveva essere corrisposta solo per le giornate di effettivo impegno in servizio e perciò ha ridotto l’importo riconosciuto in primo grado.

2. Per la Cassazione della sentenza ricorre Poste Italiane s.p.a. con due motivi mentre F.M.L., nonostante la ritualità della notifica, è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione artt. 1362 e 1363 c.c., in relazione all’art. 72 del c.c.n.l. del contratto collettivo del luglio 2007 ed all’Accordo sindacale del 24 novembre 2009.

3.1. Sostiene la ricorrente che, diversamente da quanto affermato dalla Corte di merito, solo con l’accordo del 2009 è stata attribuita anche agli operatori di sportello filatelico l’indennità di cassa. Tanto si desumerebbe dal tenore letterale della norma collettiva, e dell’accordo sindacale e dalla comunicazione delle OO.SS. che ne hanno dato conto.

4. La censura è infondata.

4.1. Nell’interpretazione della disciplina contrattuale collettiva dei rapporti di lavoro, sebbene la ricerca della comune intenzione delle parti debba essere operata innanzitutto sulla base del criterio dell’interpretazione letterale delle clausole, assume valore rilevante anche il criterio logico-sistematico di cui all’art. 1363 c.c., che impone di desumere la volontà manifestata dai contraenti da un esame complessivo delle diverse clausole aventi attinenza alla materia in contesa, tenendosi, altresì, conto del comportamento, anche successivo, delle parti (cfr. Cass. 06/02/2009 n. 3027, 08/05/2006 n. 10434).

4.2. Tanto premesso osserva il Collegio che la Corte territoriale, nell’interpretare l’art. 72 del contratto collettivo del luglio 2007 ed il successivo Accordo sindacale del 24 novembre 2009 ha individuato la comune intenzione delle parti procedendo, preliminarmente, ad una interpretazione letterale della norma collettiva e del successivo accordo; ha quindi accertato in fatto che gli operatori di sportello filatelico, al pari degli operatori di cassa, erano addetti al maneggio danaro; ha quindi ravvisato una identità di finalità tra le funzioni e la assoluta mancanza di distinzione con gli operatori addetti ai servizi finanziari osservando che, peraltro, nessuna prova era stata offerta da Poste dell’esistenza di differenze. Ha quindi valorizzato il comportamento tenuto dalla società che fino al novembre 2008 aveva corrisposto l’indennità in questione.

4.3. Così facendo si è attenuta ad una interpretazione letterale e teleologica delle disposizioni e non è incorsa perciò nella denunciata violazione dei canoni di interpretazione dettati dagli artt. 1362 e 1363 c.c.. Peraltro va rilevato che con il ricorso non è censurata l’affermazione contenuta nella sentenza la quale, a superare ogni dubbio circa la correttezza dell’interpretazione data, ha accertato che con un comportamento concludente la stessa società aveva per un tempo consistente (fino al novembre 2008) essa stessa dato applicazione alla norma anche nei confronti degli addetti allo sportello filatelico.

5. Anche il secondo motivo di ricorso, con il quale è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., con riguardo alla mancata ammissione della prova testimoniale richiesta dalla società, è infondato.

5.1. In tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito configura un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012 (cfr. recentemente tra le tante Cass. 12/10/2017 n. 23940).

5.2. La censura, al contrario, si duole, genericamente, della mancata ammissione della prova testimoniale e confusamente si appella ad un preteso vizio di motivazione, riproducendo integralmente i capitoli di prova articolati nella memoria di costituzione di primo grado, senza tuttavia precisare quale sia il fatto decisivo allegato e trascurato dal giudice di appello che l’ammissione della prova avrebbe potuto confermare. Nella sostanza la censura si risolve in una generica critica alle scelte istruttorie operate dalla Corte territoriale, e già prima dal giudice di primo grado, senza considerare che tali scelte sono rimesse alla esclusiva discrezionalità del giudice di merito.

6. In conclusione il ricorso deve essere rigettato. La mancata costituzione della F. esonera la Corte dal provvedere sulle spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R..

PQM

La Corte, rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2019

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