Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3896 del 18/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 18/02/2010, (ud. 23/12/2009, dep. 18/02/2010), n.3896

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.A., rappresentato e difeso dagli avvocati CRISA’

VINCENZO, GRASSO MARIO, giusta mandato in calce al ricorso e da

ultimo domiciliato d’ufficio presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

SUPREMA DI CASSAZIONE;

– ricorrente –

contro

C.S., gia’ elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A.

BERTOLANI 27, presso lo studio dell’avvocato CIGNITTI GIUSEPPE,

rappresentato e difeso dall’avvocato NAPOLI NATALE, giusta mandato a

margine del controricorso, e da ultimo d’ufficio presso la

Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1103/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 12/05/2006 r.g.n. 1656/03;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

23/12/2009 dal Consigliere Dott. DI NUBILA Vincenzo;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione del quarto motivo, rigetto nel resto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso depositato in data 9.10.2001, M.A. conveniva dinanzi al Tribunale di Catania C.S. ed esponeva di avere lavorato alle dipendenze del convenuto dal settembre 1990 al 9.1.2001. Deduceva di essere stato licenziato senza giustificato motivo, di non avere goduto delle ferie, di non avere percepito alcun compenso per lavoro straordinario ne’ il T.F.R., di essere ancora creditore per la retribuzione a fronte di nove giorni del mese di gennaio 2001. Tanto premesso, chiedeva condannarsi il C. al pagamento di L. 162.440.000 i titoli di cui sopra, di L. 16 milioni per danno da licenziamento illegittimo, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

2. Si costituiva il C. ed eccepiva che il lavoratore era decaduto dall’impugnativa del licenziamento, che la pretesa attrice non aveva alcun fondamento ed esperiva domanda riconvenzionale per L. 20 milioni a titolo di risarcimento del danno per sottrazione di materiale della ditta.

3. Il Tribunale adito accoglieva la domanda attrice limitatamente al solo T.F.R. a fronte del rapporto di lavoro intercorso tra febbraio 1998 e gennaio 2001, mancando la prova di un piu’ risalente rapporto.

Proponeva appello l’attore M.; il C. si costituiva in appello e chiedeva la conferma della sentenza di primo grado.

4. La Corte di Appello di Catania attribuiva al M. la somma di Euro 320,05, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, a titolo di retribuzione per nove giorni del mese di gennaio 2001.

Confermava nel resto la sentenza impugnata, cosi’ motivando:

– manca la prova della decorrenza del rapporto di lavoro dal settembre 1990, dato che i capitoli della prova testimoniale non sono stati formulati ritualmente;

– non vi e’ spazio per una ammissione di ufficio della prova stessa, a sensi dell’art. 421 c.p.c.;

– la denuncia inoltrata dal M. all’Ispettorato del Lavoro non costituisce fonte di prova, trattandosi di atto proveniente dall’attore;

– e’ stato deferito al C. giuramento decisorio, in esito al quale non e’ possibile dimostrare l’assunto dell’attore;

– fondata e’ solo la domanda di pagamento dei nove giorni di gennaio 2001 lavorati e non retribuiti;

– quanto alla decadenza, soltanto in appello il M. sostiene che si sarebbe trattato di licenziamento orale, come tale sottratto all’onere di impugnativa, posto che in primo grado egli deduceva la carenza di giustificato motivo.

5. Ha proposto ricorso per Cassazione M.A., deducendo cinque motivi. Resiste con controricorso C.S..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Con il primo motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, degli artt. 414 e 421 stesso codice, per non avere la Corte di Appello ammesso la prova per testi richiesta nel ricorso introduttivo ovvero non averla ammessa di ufficio.

7. Il motivo e’ infondato. La Corte di Appello correttamente rileva che la prova per testi veniva richiesta in modo generico, senza indicazione di capitoli. Ne’ e’ sindacabile l’uso del potere discrezionale del giudice del lavoro di formulare ed ammettere di ufficio una prova per testi, ove cio’ si risolva in una sorta di sanatoria delle deficienze probatorie imputabili alla parte.

8. Con il secondo motivo del ricorso, il ricorrente deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in fatto circa un punto decisivo della controversia, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5: il giudice di merito non spiega come possa il M. aver lavorato per il C. fino al 1998 senza vincolo di subordinazione e non ha dato rilevanza all’offerta transattiva del C. stesso, il quale era disposto a pagare L. 30 milioni per transigere la controversia.

9. Il motivo e’ infondato. Non si tratta di stabilire se per un certo periodo di tempo un soggetto possa prestare un’attivita’ continuativa e coordinata in luogo di una prestazione di lavoro subordinato, ma di verificare se l’attore abbia adempiuto all’onere della prova circa la durata in un rapporto di lavoro. Ne’ una offerta transattiva puo’ costituire confessione o ammissione circa l’esistenza di un rapporto di lavoro per un certo periodo, laddove nella specie risulta deferito un giuramento prestato dal C.. Dinanzi ad un giuramento decisorio, il giudice deve unicamente valutare an iuratum sit.

10. Con il terzo motivo del ricorso, il ricorrente prospetta ulteriore vizio di motivazione, per non avere la Corte di Appello ammesso l’acquisizione di atti da parte dell’Ispettorato del Lavoro.

11. Tale motivo e’ parimenti infondato: la Corte di Appello spiega con adeguata motivazione che l’acquisizione della pratica amministrativa non avrebbe apportato utili elementi di prova, trattandosi in sostanza di una denuncia che proveniva dallo stesso attore.

12. Con il quarto motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione della L. n. 604 del 1966, art. 6 per avere erroneamente il giudice di merito accolto l’eccezione di decadenza. Infatti il 17.1.2001 veniva presentata all’Ufficio Provinciale del Lavoro di Acireale istanza per il tentativo obbligatorio di conciliazione, istanza la quale sospende il decorso dei termine di decadenza per l’impugnativa del licenziamento, come da Cass. n. 14087.2006. Il ricorrente non precisa se ed in quale atto del processo di merito abbia sollevato la relativa questione.

13. Controdeduce sul punto il C. che il licenziamento veniva intimato con lettera raccomandata in data 20.2.2001 e la richiesta da parte dell’attore del tentativo di conciliazione e’ del 18.9.2001. Fa rilevare come in atti non vi sia traccia di una presunta richiesta di tentativo di conciliazione in data 17.1.2001.

14. Il motivo e’ inammissibile in quanto nuovo. Parte ricorrente non indica in quale sede del processo di merito abbia dedotto la circostanza. In atto di appello, il M. non riproponeva la questione della tempestivita’ dell’impugnativa, ma sosteneva che il licenziamento del 9 gennaio non era soggetto ad impugnativa in quanto intimato verbalmente. Le successive comunicazioni del 16 febbraio e del 20 febbraio 2001 sono irrilevanti in quanto il licenziamento era gia’ stato intimato. In primo grado, veniva dedotta la carenza di giustificato motivo. Cio’ conferma che si tratta di questione nuova, non deducibile per la prima volta in sede di legittimita’.

15. Il quinto motivo del ricorso per Cassazione denuncia ulteriore vizio di motivazione in ordine alle spese.

16. Il motivo e’ infondato, perche’ il giudice di merito ha correttamente usato il criterio della soccombenza.

17. Il ricorso deve, per i suesposti motivi, essere rigettato. Le spese del grado seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente M.A. a rifondere a C.S. le spese del grado, che liquida in Euro 15,00 oltre Euro duemila/00 per onorari, spese generali, Iva e Cpa nelle misure di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2010

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