Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3893 del 17/02/2020

Cassazione civile sez. III, 17/02/2020, (ud. 17/09/2019, dep. 17/02/2020), n.3893

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7138-2018 proposto da:

C.G., F.L., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA BENEDETTO CAIROLI, 2, presso lo studio dell’avvocato ORAZIO

CASTELLANA, rappresentati e difesi dall’avvocato TOMMASO SAVITO;

– ricorrenti –

contro

INTEK GROUP SPA, in persona del suo procuratore speciale,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 22,

presso lo studio dell’avvocato GUIDO MARIA POTTINO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3448/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 24/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/09/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

Fatto

RILEVATO

che:

Nel 1995, la (OMISSIS) S.r.l., nonchè i suoi fideiussori, F.L. e C.G., proposero opposizione innanzi al Tribunale di Napoli avverso il decreto emesso dallo stesso Tribunale ad istanza della Fime Leasing S.p.a. (oggi Intek Group S.p.a.), con cui veniva ingiunto loro il pagamento della complessiva somma di Lire 143.306.117, oltre interessi, quale residuo debito in capo alla (OMISSIS), in conseguenza del mancato pagamento di rate del contratto di leasing dalla stessa stipulato con la Fime Leasing.

A fondamento dell’opposizione, la società e i propri fideiussori dedussero che una serie di fatture non erano dovute in tutto o in parte e chiesero l’accertamento dell’esistenza di un controcredito della utilizzatrice, nonchè la condanna della concedente al risarcimento dei danni.

Si costituì la Fime Leasing, chiedendo il rigetto dell’opposizione delle pretese avversarie e formulando domanda riconvenzionale al fine di ottenere la condanna della debitrice principale e dei fideiussori al pagamento) della maggiore somma di Lire 377.121.362, chiesta nel ricorso per decreto ingiuntivo e non concessa per effetto di un mero errore materiale.

Nel corso del giudizio di primo grado la (OMISSIS) venne dichiarata fallita ed il giudizio, dopo l’interruzione, fu riassunto dai fideiussori e dal curatore del fallimento.

Con sentenza non definitiva, il Tribunale di Napoli dichiarò l’improcedibilità del giudizio di opposizione tra il fallimento e la creditrice opposta.

Infine, con sentenza n. 8424/2014, il Tribunale accolse l’opposizione formulata dai fideiussori, revocò il decreto ingiuntivo e respinse la domanda della Fime Leasing in ragione della inesistenza del credito azionato accertata sulla scorta delle conclusioni del c.t.u..

2. La decisione è stata riformata dalla Corte di Appello di Napoli, con la sentenza n. 3448/2017, depositata il 24 luglio 2017.

La Corte territoriale ha preliminarmente rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello in riferimento all’art. 342 c.p.c., osservando che nel gravame proposto dalla Intek Group erano esattamente individuati i passaggi motivazionali oggetto di censura, nonchè la prospettazione di soluzioni alternative.

Nel merito, il giudice di secondo grado ha ritenuto che, in base al testo della fideiussione – nel quale si prevedevano espressamente la rinuncia ad opporre le eccezioni spettanti al debitore, nonchè l’obbligo di pagare immediatamente alla Fime Leasing, a semplice richiesta scritta della stessa, anche in caso di opposizione del debitore e si stabiliva il permanere della validità dell’obbligazione fideiussoria perfino in caso di invalidità di quella principale -, all’obbligazione assunta dal F. e dalla C. andasse attribuita la natura di garanzia astratta. Di conseguenza, i due garanti non avrebbero potuto sollevare questioni relative alle modalità di quantificazione dell’importo dovuto dalla utilizzatrice.

La Corte ha evidenziato come gli stessi garanti non avessero contrastato, nel giudizio di appello, la qualificazione in termini di garanzia astratta dell’impegno da loro assunto, limitandosi ad eccepire che la natura autonoma della garanzia sarebbe stata prospettata tardivamente, solo nelle comparse conclusionali del primo grado.

Secondo il giudice dell’appello, non era peraltro corretto sostenere che la natura degli impegni assunti dagli odierni appellanti non fosse entrata nel contraddittorio del primo grado di giudizio se non per effetto delle asserzioni svolte in comparsa conclusionale. In realtà, avrebbe sempre costituito oggetto del giudizio l’individuazione della sussistenza o meno di un obbligo dei garanti, a prescindere dalle difese in tal senso svolte dall’opposta.

Quanto alla domanda riconvenzionale spiegata in primo grado dalla Fime Leasing ed espressamente richiamate in appello, la Corte di merito ha evidenziato che la limitazione del decreto al minor importo di Lire 143.306.117 era frutto di un errore materiale e che pertanto i due garanti andavano condannati al pagamento anche del maggior importo originariamente preteso dalla Fime Leasig.

Il giudice dell’appello ha invece ritenuto inammissibile la quantificazione della riconvenzionale operata nel giudizio di appello nella maggior misura di Lire 1.135.231.690, pari all’importo per il quale la concedente il leasing era stata ammessa al passivo della (OMISSIS).

3. Avverso tale sentenza propongono ricorso in Cassazione, sulla base di due motivi, illustrati da memoria, F.L. e C.G..

3.1. Resiste con controricorso la Intek Group S.p.a.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1. Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 348 ter c.p.c., in relazione all’art. 342 e art. 360 c.p.c., n. 3.

La Corte territoriale avrebbe errato nel non accogliere l’eccezione di inammissibilità dell’appello della Intek Group in quanto carente del requisito della specificità, imposto in termini più rigorosi dalla novella dell’art. 342 c.p.c.

L’atto di appello si sarebbe limitato ad una generica critica della sentenza, senza specificare le parti della decisione impugnate, i principi di diritto applicabile al caso di specie, nonchè modifiche richieste al provvedimento impugnato.

Il giudice di secondo grado non avrebbe esplicitato il ragionamento giuridico sotteso alla decisione assunta sul punto.

Inoltre, con l’appello, la controparte avrebbe ampliato il petitum rispetto al thema decidendum del giudizio di primo grado introducendo la nuova questione, sulla cui base la Corte territoriale ha accolto l’impugnazione, della configurabilità della garanzia a prima richiesta.

Il motivo è infondato.

Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, cono. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado (Cass. civ. Sez. Unite Sent., 16/11/2017, n. 27199).

L’appello proposto dalla Intek Group indicava in modo non equivoco le doglianze proposte e le ragioni delle stesse, laddove lamentava che erroneamente il giudice di primo grado avesse deciso in base alla c.t.u., che doveva ritenersi inammissibile, in virtù della natura autonoma della garanzia dei signori F. e C. e della conseguente inopponibilità, da parte degli stessi, di eccezioni relative al debito principale.

Di conseguenza, appare corretta la statuizione della Corte territoriale, che ha ritenuto ammissibile il suddetto appello.

4.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, il vizio di extrapetizione, ex art. 112 c.p.c.; la violazione e/o falsa applicazione di legge, e in particolare, dei divieti di modificare la causa petendi e di mutatio libelli nel corso del giudizio di primo grado ex art. 184 c.p.c. vecchia formulazione, nonchè del divieto di proporre nuove domande in appello, ex art. 345 c.p.c.

La Intek Group avrebbe dedotto tardivamente, solo nella quarta e quinta comparsa conclusionale del primo grado di giudizio, la presenza della clausola di escussione della fideiussione a prima richiesta. In appello, la difesa della Intek, pur riproponendo la questione, non l’avrebbe nemmeno inclusa nelle conclusioni.

Al riguardo, il giudice di secondo grado omesso di considerare che, vertendosi in tema di diritti eterodeterminati, l’azione attorea doveva essere identificata in funzione del fatto storico costitutivo originariamente affermato ed allegato dalla parte.

Peraltro, la società opposta, controdeducendo in merito alle eccezioni relative al debito principale, trattando senza distinzioni la posizione del debitore principale e dei fideiussori, avrebbe dimostrato di presupporre l’accessorietà della garanzia. Diversamente, sarebbe stato onere della Fime Leasing, nel costituirsi in giudizio, contestare subito l’inopponibilità di simili eccezioni da parte dei garanti.

La Corte d’appello, inoltre, avrebbe accolto la domanda riconvenzionale di Intek Group, finalizzata ad ottenere la condanna del F. e della C. al pagamento dell’ulteriore somma richiesta nel ricorso monitorio, nonostante tale domanda non fosse stata riproposta nelle conclusioni dell’atto d’appello, ma anzi fosse stata sostituita dalla richiesta di pagamento dell’intera somma dovuta dal debitore principale, accertata in sede fallimentare.

Il motivo è fondato.

Il potere del giudice d’appello è libero di dare al rapporto controverso una qualificazione giuridica difforme da quella data dal primo giudice con riferimento all’individuazione della causa petendi, incontra il limite di non introdurre nuovi elementi di fatto nell’ambito delle questioni sottoposte al suo esame (cfr. Cass. n. 12471/01, n. 26999/05, n. 7620/06) e di non mutare l’effetto giuridico che la parte ha inteso conseguire (cfr. Cass. n. 21484/07, n. 15383/10).

Nel caso di specie, la qualificazione giuridica dei contratti di garanzia, così come operata dal giudice d’appello, presuppone una nuova attività interpretativa delle polizze, che si è avvalsa di clausole contrattuali non considerate dal giudice di primo grado al fine di desumerne la previsione contrattuale dell’autonomia della garanzia; pertanto, pur essendo l’attività di qualificazione dell’uno e dell’altro giudice riferita ai medesimi contratti, il secondo giudice ha esteso il proprio campo di accertamento di merito a clausole contrattuali non considerate dal primo.

In conclusione, si è trattato di una modificazione del fatto costitutivo della pretesa di pagamento avanzata dalla Intek Group, in quanto presupponente l’autonomia della garanzia, estraneo al contratto tipico di fideiussione, azionato in primo grado; essa ha comportato, quanto alla posizione dell’appellante, una mutatio libelli, inammissibile in grado d’appello.

Sebbene sia consentito al giudice d’appello qualificare il contratto oggetto del giudizio in modo diverso rispetto a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, tale attività gli è vietata se, per pervenire alla nuova qualificazione debba prendere in esame fatti nuovi e non dedotti dalle parti, nè rilevati dal giudice di primo grado. Pertanto, una volta che un contratto di garanzia sia stato qualificato come fideiussione tipica dal giudice di primo grado, è viziata da ultrapetizione la sentenza con la quale il giudice d’appello lo qualifichi come contratto autonomo di garanzia, facendo leva sul contenuto di alcune clausole contrattuali non considerate dal giudice di prime cure (cfr. Cass. n. 2420/11; Cass. 10617/12).

5. In conclusione, il ricorso principale deve essere accolto in relazione al secondo motivo di ricorso con rinvio, anche per le spese processuali, ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso quanto al secondo motivo, rigettato il primo; cassa in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese processuali, alla Corte d’appello di Napoli.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2020

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