Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3892 del 17/02/2011
Cassazione civile sez. trib., 17/02/2011, (ud. 11/01/2011, dep. 17/02/2011), n.3892
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
RUSSO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via Giulianello n. 26, presso lo
studio degli avv.ti Minozzi Giorgia e Musilli Sandro Maria;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore;
– intimata –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria
regionale della Campania, sez. 11^, n. 66, depositata il 20.4.2007.
Letta la relazione scritta redatta dal consigliere relatore dott.
Aurelio Cappabianca;
constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis
c.p.c., comma 3.
Fatto
PREMESSO
che la società contribuente propose ricorso avverso atto, notificato il 5.4.2004, con cui l’Agenzia delle Entrate aveva provveduto a recuperare il credito d’imposta di Euro 22.509,29, concesso per investimenti in aree svantaggiate ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 8 e ad applicare correlativi interessi e sanzioni, sul presupposto che gli investimenti non erano stati realizzati a vantaggio della società richiedente, riguardando terreno poi concesso in locazione a terzi;
che l’adita commissione tributaria respinse il ricorso, con decisione confermata, in esito all’appello della soccombente, dalla commissione regionale.
Diritto
RILEVATO
– che, avverso la decisione di appello, la società contribuente ha proposto ricorso in cassazione, in due motivi, deducendo, rispettivamente, violazione della L. n. 388 del 2000, art. 8, comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3, e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, e formulando i seguenti quesiti: a) “accerti la Corte se vi è stata violazione della L. n. 388 del 2000, art. 8, comma 7, ed enunci a norma dell’art. 363 c.p.c. il principio di diritto nell’interesse della legge”; b) “accerti la Corte se vi è stata violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 ed enunci a norma dell’art. 363 c.p.c. il principio di diritto nell’interesse della legge”;
– che l’intimata non si è costituita.
Osservato:
– che, prioritariamente rispetto ogni altra valutazione, deve considerarsi che i motivi di ricorso proposti dalla società contribuente sono inammissibili per violazione delle prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c.;
– che invero, ai sensi della disposizione indicata, il quesito inerente ad una censura in diritto dovendo assolvere la funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non può essere meramente generico e teorico, come quelli formulati dalla società contribuente, ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado poter comprendere dalla sua sola lettura, l’errore asseritamente compiuto dal giudice a quo e la regola applicabile (v. Cass. s.u. 3519/08); mentre, in ipotesi di deduzione di vizio motivazionale, la disposizione indicata, è violata quando il fatto controverso coinvolto dal motivo, in relazione al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione, e le ragioni, per cui la motivazione medesima sia reputata inidonea a sorreggere la decisione, s’identifichino solo in esito alla completa lettura del motivo e non in base alla specifica sintesi offertane dal ricorrente, al fine dell’osservanza del requisito sancito dall’art. 366 bis, (v. Cass. 4311/08, 4309/08, 20603/07, 16002/07);
osservato peraltro:
– che il secondo motivo è, comunque, manifestamente infondato, posto che la decisione appare corredata di coerente, seppur sintetica, motivazione.
ritenuto:
– che, pertanto, il ricorso va respinto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;
– che, stante l’assenza d’attività difensiva dell’intimata, non vi è luogo a provvedere sulle spese.
P.Q.M.
la Corte: respinge il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 gennaio 2011.
Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2011