Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3890 del 16/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3890 Anno 2018
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: D’ARRIGO COSIMO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17651-2016 R.g. proposto da:
Battaglia Francesco, elettivamente domiciliato in Roma, piazza
Cavour presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso dagli avvocati Salvatore Francesco Riverso e
Raffaele Fristachi;
– ricorrente contro
Amministrazione Provinciale di Catanzaro, in persona del suo
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in Roma, via Carlo Poma, n. 2, presso lo studio dell’avvocato
Vincenzo Annibale Larocca, rappresentato e difeso dagli avvocati Pietro Oliverio e Federica Pallone;
– controricorrente avverso la sentenza n. 1854/2015 del Tribunale di Catanzaro,
depositata il 21/12/2015;

Data pubblicazione: 16/02/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
non partecipata del 13/09/2017 dal Consigliere Dott. Cosimo
D’Arrigo.

RITENUTO
Francesco Battaglia conveniva in giudizio l’Amministrazione

di circa dieci metri un canale irriguo dal quale aveva diritto ad
attingere l’acqua occorrente per l’irrigazione del proprio fondo.
Il giudice di pace di Davoli accoglieva la domanda, condannando l’Amministrazione al risarcimento del danno, quantificato in
euro 2.476,00.
La sentenza veniva impugnata dall’Amministrazione Provinciale
e il Tribunale di Catanzaro, in funzione di giudice d’appello rigettava la domanda del Battaglia, osservando che non vi era
alcuna prova né del diritto dell’attore ad attingere l’acqua da
quel canale, né dell’effettiva funzione del canale. In particolare,
sotto quest’ultimo profilo, osservava che l’Amministrazione
aveva dedotto che si trattava non di un canale irriguo, bensì di
un canale di smaltimento delle acque piovane della sede stradale sovrastante, con conseguente applicazione degli artt. 32 e
33 cod. strada.
Avverso tale sentenza il Battaglia ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi. L’Amministrazione Provinciale
di Catanzaro ha resistito con controricorso.
Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di
cui all’art. 380-bis cod. proc. civ. (come modificato dal comma
1, lett. e), dell’art. 1-bis d.l. 31 agosto 2016, n. 168, conv. con
modif. dalla I. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta
di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

Ric. 2016 n. 17651 sez. M3 – ud. 13-09-2017
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Provinciale di Catanzaro deducendo che essa avrebbe traslato

CONSIDERATO
La motivazione del presente provvedimento può essere redatta
in forma semplificata.
Il ricorso è inammissibile.
Con il primo motivo, a prescindere dall’intestazione, non viene

cita inammissibilmente questa Corte ad operare una ricostruzione alternativa in punto di fatto.
Va peraltro aggiunto che le risultanze istruttorie delle quali si
chiede la rivisitazione sono del tutto lacunose, anche alla luce
dell’assenza di prova in ordine alla legittimazione attiva del
Battaglia e alla natura del canale (se irriguo o di scolo di acque
piovane) rilevata dal giudice d’appello. Del resto, lo stesso ricorrente dà atto della circostanza che alcune circostanze fattuali sono obiettivamente controverse.
Il primo motivo di ricorso si sostanzia, dunque, in mere affermazioni apodittiche in ordine alla fondatezza della domanda di
merito, inammissibili in questa sede e comunque non accompagnate dall’indicazione del materiale probatorio a sostegno. Il
motivo è quindi anche carente del requisito della specificità,
prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366, primo comma,
n. 6, cod. proc. civ.
Con il secondo motivo il Battaglia eccepisce la nullità della procura di uno dei due difensori di controparte in grado d’appello,
asseritamente cancellato dall’Ordine. Sostiene il Battaglia che
la procura sarebbe stata congiunta e quindi che l’altro avvocato, da solo, non avrebbe avuto lo ius postulandi; per l’effetto,
si dovrebbe dichiarare inammissibile l’appello proposto
dall’Amministrazione Provinciale, con conseguente passaggio in
giudicato della sentenza di primo grado.

Ric. 2016 n. 17651 sez. M3 – ud. 13-09-2017
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dedotta alcuna effettiva violazione di legge. Piuttosto, si solle-

Anche questo motivo è inammissibile. Trattasi, infatti, di questione nuova, che si sarebbe dovuta proporre invece innanzi al
giudice d’appello. Inoltre, pure in questo caso il ricorso è carente di specificità e autosufficienza.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e

corrente, ai sensi dell’art. 385, comma primo, cod. proc. civ.,
nella misura indicata nel dispositivo.
Sussistono altresì i presupposti per l’applicazione dell’art. 13,
comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito
dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228,
sicché il ricorrente va condannato al pagamento l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
l’impugnazione da lui proposta.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.300,00 per compensi,
oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del
2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012,
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma
1-bis, dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 13 settembre 2017.

le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ri-

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