Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3888 del 19/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 3888 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: PICCININNI CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Senaldi Livio, elettivamente domiciliato in Roma, viale
Parioli 47, presso l’avv. Pio Corti, che con l’avv.
Cesare Peroni lo rappresenta e difende giusta delega in
atti;
– ricorrente e controricorrente contro
Intesa Sanpaolo s.p.a. ( già Banca Intesa s.p.a. ) in
persona del legale rappresentante, elettivamente
domiciliata in Roma, via Carlo Mirabello 23, presso
l’avv. Michela Natale, che con l’avv. Valerio Tavormina
la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controrícorrente ricorrente incidentale –

200 8
20t 3

Data pubblicazione: 19/02/2014

avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino n.
1365 del 15.10.2009;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17.12.2013 dal Relatore Cons. Carlo
Piccininni;

e Michele Natale con delega per Intesa Sanpaolo;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Puerfelice Pratis, che ha concluso per
il rigetto di entrambi i ricorsi.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 5 e 6 maggio 2004 Antonietta
– Tornabene e Carlo Ferraris convenivano in giudizio
davanti al Tribunale di Novara Giorgio Vallese, la
Banca Caboto s.p.a., Banca Intesa s.p.a., per sentir
pronunciare l’annullamento per errore o dolo, ovvero la
risoluzione per inadempimento, di contratti di
intermediazione finanziaria ovvero, subordinatamente,
la condanna solidale dei convenuti al risarcimento del
danno in ragione dell’illecito comportamento tenuto nei
confronti di essi attori, comportamento consistente
nell’avvenuta appropriazione di ingenti somme di denaro
da parte del primo, promotore finanziario accreditato
per conto della seconda, istituto facente parte del
gruppo Banca Intesa.

Uditi gli avv. Raffaella Baccari con delega per Senaldi

Le due banche, costituitesi ( il Vallese rimaneva
contumace ), chiedevano il rigetto della domanda,
deducendo a loro volta l’esistenza di un credito
restitutorio nei confronti di Livio Senaldi di cui,
previa chiamata in causa, chiedevano la condanna a

surrogazione, in relazione a bonifico di £. 100.000.000
privo di causa effettuato in suo favore.
Il Senaldi, costituitosi,

chiedeva il rigetto della

domanda sostenendo di essere stato a sua volta vittima
della condotta illecita del Vallese, non vigilata dalle
banche, assunto che il tribunale sostanzialmente
condivideva, condannando i convenuti al pagamento di C
138.856,82 ( il Vallese ) e di E 77.556,03 ( le banche
) in favore degli attori e rigettando la domanda
proposta contro Senaldi.
La Corte di Appello di Torino, adita in sede di
gravame, riformava la sentenza in relazione al rapporto
banche – Senaldi, che per l’effetto condannava al
pagamento di C 51.645,69, oltre interessi legali dal
12.7.2004, e di C 9.706,46, oltre interessi legali dal
15.1.2007, in favore di Intesa Sanpaolo ( già Banca
Intesa ).
In particolare la Corte territoriale qualificava
l’avvenuto accreditamento sul conto del Senaldi su

3

titolo di indebito arricchimento ovvero di

istruzione di Ferraris

( con sottoscrizione poi

rivelatasi apocrifa ) ed il relativo addebito sul suo
conto come delegazione di pagamento ” neppure astratta
per l’opponibilità, a norma dell’art. 1271, secondo
comma c.c., come appunto nel caso di specie per la

la tempestività dell’impugnazione, dedotta anche sotto
il profilo della pretesa formazione di un giudicato su
capi della sentenza non impugnati; riteneva che nella
specie fosse ravvisabile una ipotesi di indebito
oggettivo, che in quanto tale avrebbe consentito alla
banca delegata di opporre le eccezioni che il delegante
Ferraris avrebbe potuto opporre al delegatario Senaldi,
e ciò avrebbe dovuto comportare la condanna del Senaldi
nei termini indicati, oltre interessi legali dalla
domanda, mancando la prova della mala fede dell'”
accipiens ”
Avverso la decisione Senaldi proponeva ricorso per
cassazione articolato in quattro motivi, cui resisteva
Intesa Sanpaolo con controricorso, contenente anche
ricorso incidentale affidato ad un motivo, a sua volta
resistito da controricorso.
Successivamente

il

relatore

designato

ai

sensi

dell’art. 377 c.p.c. proponeva la trattazione del
processo in camera di consiglio in ragione di un

4

falsità dell’ordine di bonifico.. ” ( p. 8 ); affermava

giudizio di fondatezza del terzo motivo di impugnazione
e di infondatezza degli altri, giudizio non confermato
Collegio,

dal

che

riteneva

la

necessità

della

trattazione dei ricorsi in pubblica udienza, poiché non
ricorrenti le ipotesi previste dall’art. 375 c.p.c.
controversia

veniva

infine

decisa

all’esito

dell’udienza pubblica del 17.12.2013, previo deposito
di memoria ex art. 378 c.p.c., a cura di entrambe le
parti.
Motivi della decisione
Con il ricorso principale Senaldi ha rispettivamente
denunciato: 1 ) violazione degli artt. 2909 c.c., 324,
345 c.p.c., vizio di motivazione e nullità della
sentenza, con riferimento a mancata risposta sui
rilievi critici prospettati con la sollevata eccezione
di giudicato derivante dalla definitività
dell’accertamento compiuto in relazione al rapporto
Tornabene/Ferraris – Banca Intesa/Banca Caboto, aspetti
che sarebbero stati totalmente ignorati dalla sentenza
di 2 ° grado;
2 ) violazione degli artt. 2033, 1288, 2049 c.c. e
vizio di motivazione, in relazione alla domanda di
ripetizione di indebito. La Corte torinese, infatti,
dopo aver affermato l’autonomia della domanda
restitutoria rispetto a quella originaria si sarebbe

*

La

poi contraddetta, avendo posto a base della decisione ”
l’accertamento dei fatti ormai coperto da giudicato ”
con riferimento al comportamento illecito del Vallese.
Non sarebbero stati inoltre configurabili i presupposti
per l’accoglimento della domanda di ripetizione di

sarebbero fra loro inscindibili e sarebbero mancati sia
il requisito della non debenza della prestazione, che
quello dell’errore di chi aveva effettuato il bonifico
falsificando la firma del titolare del conto su cui era
depositata la provvista, posto che lo storno
dell’operazione era intervenuto soltanto dopo l’inizio
. del giudizio ed il pagamento di esso ricorrente era
intervenuto nell’ambito del mandato conferito dalla
banca al Vallese. Infine la restituzione del denaro non
sarebbe spettante neppure sotto l’ulteriore aspetto
considerato, non essendo nel concreto configurabile la
prospettata ipotesi di surrogazione;
3 ) violazione degli artt. 2409 c.c., 47 Cost., 21 e 23
D.lgs. 58/98, 26-27 Reg. Consob n. 11522/98 e vizio di
motivazione, poichè l’esclusivo addebito della
responsabilità dell’accaduto al cliente incolpevole
contrasterebbe con la responsabilità delineate dal
legislatore nei confronti dell’istituto di credito, a
tutela del contraente più debole;

indebito, perché le posizioni degli originari convenuti

4 ) violazione degli artt. 1175, 1176, 1218, 1375,
1710, 1836 c.c. e vizio di motivazione, per aver
gestito il rapporto di conto corrente con esso
ricorrente in violazione dell’obbligo di diligenza e
del principio di solidarietà contrattuale.
il

ricorso

incidentale

Intesa

Sanpaolo ha

denunciato vizio di motivazione, con riferimento
all’affermata mancanza di prova della mala fede del
ricorrente principale, che viceversa sarebbe risultata
dalla documentazione prodotta che avrebbe dimostrato la
consapevolezza, da parte del Senaldi,
dell’insussistenza di un suo diritto al pagamento.

Rileva il Collegio che il ricorso principale è
infondato e deve essere pertanto rigettato.
Ed infatti la questione relativa ai pretesi effetti
preclusivi che si sarebbero determinati in favore del
ricorrente principale, a seguito del giudicato
formatosi sul rapporto banca-Tornabene/Ferraris, era
stata già affrontata e risolta in senso negativo dalla
Corte di appello, che aveva per l’appunto correttamente
evidenziato ” l’autonomia della domanda restitutoria
proposta da Intesa Sanpaolo ( già Banca Intesa ) s.p.a.
nei confronti di Senaldi Livio rispetto a quella
principale degli attori Tornabene Antonietta e Ferraris
Carlo ” ( p. 10 ).

Con

Si tratta dunque di domande diverse fatte valere fra
parti diverse, e ciò è sufficiente per escludere la
configurabilità di un giudicato, come dedotto nel primo
motivo di impugnazione.
Identiche conclusioni valgono per il secondo motivo di

denunciato i pretesi limiti ricostruttivi della
sentenza, con riferimento al ruolo svolto dal Vallese
nell’ambito della sua attività di intermediazione
finanziaria.
Il ricorrente infatti non ha colto adeguatamente la
ragione della decisione sul punto, atteso che la Corte
di appello ha basato la statuizione di condanna alla
restituzione della somma di £. 100.000.000, risultante
dal bonifico dell’8.1.2001 a firma apocrifa Ferraris,
sull’assenza di causa dell’accredito in favore del
Senaldi, ed ha quindi conseguentemente ritenuto
configurabile un indebito oggettivo per
l’attribuzione da parte di un istituto di credito ad un
correntista di somme di denaro di altro correntista ” (
p. 11 ).
Sotto questo riflesso, dunque, risultano del tutto
irrilevanti i profili concernenti i rapporti Vallese Senaldi – banche e la contestata decisione non appare
conseguentemente sindacabile sotto gli aspetti

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ricorso, con il quale il Senaldi ha sostanzialmente

denunciati.
Le censure prospettate con il terzo ed il quarto motivo
di ricorso, oltre ad essere generiche, sono infine
assorbite, come emerge dalle considerazioni svolte in
ordine alla corretta individuazione della ragione della

di impugnazione, che come detto prescinde totalmente
dai rapporti Vallese – Senaldi- banche.
E’ viceversa fondato il ricorso incidentale, con il
quale Intesa Sanpaolo ha denunciato un vizio di
motivazione, con riferimento alla ritenuta mancanza di
prova circa la mala fede del Senaldi nel ricevere il
pagamento, giudizio incidente sulla decorrenza degli
interessi.
La Corte di appello si è infatti limitata ad affermare
sul punto la carenza di prova ” a carico della banca
deducente della mala fede dell’accipiens, tenuto conto
dei rapporti intercorsi tra le parti con il promotore
finanziario Vallese Giorgio ” ( pp. 11, 12 ),
affermazione che, per la sua assoluta genericità, non
consente di individuare il percorso logico seguito dal
giudice del merito nell’emettere la statuizione
contestata.
La sentenza va dunque cassata sul punto e può essere
decisa nel merito ai sensi dell’art.

9

384 c.p.c.,

decisione quale indicata nell’esame del secondo motivo

considerato che dall’accoglimento della domanda di
ripetizione

di

indebito

derivante

dall’avvenuto

accredito senza causa dell’importo da restituire ( in
tal senso la confermata ragione decisionale della Corte
territoriale ) discende automaticamente il giudizio di

pagamento, dell’inesistenza del diritto alla relativa
ricezione, fin dalla data dell’accredito.
Da ciò ulteriormente deriva che gli interessi devono
essere riconosciuti con decorrenza dal giorno del
pagamento ( art. 2033 c.c. ).
Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono
infine la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta

il

ricorso

principale,

accoglie

quello

incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione
al profilo accolto e, decidendo nel merito ai sensi
dell’art. 384 c.p.c., condanna il ricorrente principale
al pagamento delle spese del giudizio di legittimità,
liquidate in C 10.200, di cui C 10.000 per compenso,
oltre agli accessori di legge.
Roma, 17.12.2013

consapevolezza, da parte del beneficiario del

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