Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3888 del 16/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3888 Anno 2018
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: D’ARRIGO COSIMO

U

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15503-2016 R.G. proposto da:
Cecchetto Roberto, elettivamente domiciliato in ROMA, via dei
Gracchi, n. 39, presso lo studio dell’avvocato Francesca Giuffrè,
rappresentato e difeso dall’avvocato Lorenzo Pavanello;
– ricorrente
contro
Massaro Emanuele, elettivamente domiciliato in Roma piazza
Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Lorenzo Maltarello,
– controricorrente avverso la sentenza n. 1059/2015 della Corte d’appello di Venezia, depositata il 11/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
non partecipata del 13/09/2017 dal Consigliere Dott. Cosimo
D’Arrigo.
RITENUTO
Con ricorso ex art. 612 cod. proc. civ. Roberto Cecchetto chie-

±-

Data pubblicazione: 16/02/2018

deva al giudice dell’esecuzione del Tribunale di Rovigo di determinare le modalità di esecuzione degli obblighi di fare imposti a carico di Emanuele Massaro da un verbale di conciliazione.
Il giudice dell’esecuzione, espletata c.t.u., con ordinanza del 15
settembre 2014 accertava l’insussistenza di opere da porsi al

Il Cecchetto, ritenendo che tale ordinanza avesse contenuto
sostanziale di sentenza, la impugnava proponendo appello.
La Corte d’appello dichiarata il gravame inammissibile.
Avverso tale decisione il Cecchetto ha proposto ricorso basato
su un unico ed articolato motivo, illustrato da successive memorie. Il Massaro ha resistito con controricorso.
Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di
cui all’art. 380-bis cod. proc. civ. (come modificato dal comma
1, lett. e), dell’art. 1-bis d.l. 31 agosto 2016, n. 168, conv. con
modif. dalla I. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta
di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

CONSIDERATO
La motivazione del presente provvedimento può essere redatta
in forma sintetica.
La

Corte

d’appello

ha

dichiarato

l’inammissibilità

dell’impugnazione proposta dal Cecchetto osservando che
l’ordinanza impugnata non era entrata nel merito dell’ampiezza
e della portata del titolo esecutivo e, pertanto, difettava del carattere della decisorietà, il quale soltanto avrebbe legittimato la
proposizione l’impiego dello strumento dell’appello.
In tal modo, il giudice di merito ha inteso uniformarsi al risalente orientamento di questa Corte secondo cui, in materia di
esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare, ogni volta che il giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza di cui all’art.
Ric. 2016 n. 15503 sez. M3 ud. 13-09-2017
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carico del Massaro ulteriori rispetto a quelle già eseguite.

612 cod. proc. civ., risolva contestazioni che non attengono alla determinazione delle modalità esecutive, bensì alla portata
sostanziale del titolo esecutivo, tale provvedimento acquista
natura di sentenza sul diritto della parte istante di procedere
ad esecuzione forzata e diviene, perciò, impugnabile con i

atti esecutivi, esperibile solo nei confronti dei singoli atti di
esecuzione che, in quanto meramente ordinatori, sono privi di
contenuto decisorio (da ultimo, Sez. 3, Sentenza n. 15727 del
18/07/2011, Rv. 619489; Sez. 3, Sentenza n. 24808 del
08/10/2008, Rv. 604894).
Ed è sempre conformemente al citato orientamento che il ricorrente ha censurato la sentenza della corte d’appello, sostenendo che l’ordinanza del giudice dell’esecuzione avesse contenuto
decisorio e fosse quindi appellabile.
Sennonché, più di recente, tale orientamento è stato sottoposto a revisione critica, giungendosi alla conclusione che
l’ordinanza resa ai sensi dell’art. 612 cod. proc. civ. che illegittimamente abbia risolto una contesa tra le parti, così esorbitando dal profilo funzionale proprio dell’istituto, non è mai considerabile come una sentenza in senso sostanziale, decisiva di
un’opposizione ex art. 615 cod. proc. civ., ma dà luogo, anche
qualora contenga la liquidazione delle spese giudiziali, ad una
decisione soltanto sommaria, in quanto da ritenersi conclusiva
della fase sommaria di una opposizione all’esecuzione, rispetto
alla quale la parte interessata può tutelarsi introducendo il giudizio di merito, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. civ. (Sez. 3,
Sentenza n. 15015 del 21/07/2016, Rv. 642689; Sez. 3, Sentenza n. 7402 del 23/03/2017, Rv. 643692).
La questione del carattere decisorio o meno dell’ordinanza pronunciata dal giudice dell’esecuzione, pertanto, ha perso oggiRic. 2016 n. 15503 sez. M3 – ud. 13-09-2017
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mezzi ordinari anziché con lo strumento dell’opposizione agli

giorno ogni rilievo, dato che, secondo il mutato orientamento
giurisprudenziale, un tale provvedimento non può acquisire mai
natura sostanziale di sentenza e quindi non è in alcun caso appellabile.
La decisione della Corte d’appello quindi si sottrae alle censure

retta nei termini sopra indicati. Difatti, alla luce della più recente giurisprudenza di legittimità, le censure prospettate sono in
radice infondate e il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385, comma primo, cod. proc. civ.,
nella misura indicata net dispositivo, con distrazione in favore
del difensore di fiducia avvocato Lorenzo Maltarello, che ha reso la dichiarazione di cui all’art. 93 cod. proc. civ.
Sussistono altresì i presupposti per l’applicazione dell’art. 13,
comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito
dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228,
sicché il ricorrente va condannato al pagamento di un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per
l’impugnazione da lui proposta.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità,
che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro
200,00 e agli accessori di legge, che distrae in favore del difensore di fiducia.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del
2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012,
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
Ric. 2016 n. 15503 sez. M3 – ud. 13-09-2017
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esposte in ricorso, sebbene la motivazione debba essere cor-

unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma

1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2017.

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