Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3888 del 14/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 14/02/2017, (ud. 15/12/2016, dep.14/02/2017),  n. 3888

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21496-2012 proposto da:

F.N. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.

PIERLUIGI DA PALESTRINA 47, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO

D’ANGELANTONIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

VITTORIO RUSCONI;

– ricorrente –

contro

A.A., A.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

CARLO POMA 4, presso lo studio dell’avvocato MARCO BALIVA, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO ROMANO’;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3326/2011 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

emessa il 08/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. GRASSO GIUSEPPE;

udito l’Avvocato D.L.R.G. con delega depositata in

udienza dell’Avvocato D.C. che si riporta agli

atti;

udito l’Avvocato B.M., difensore dei resistenti che si

riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SALVATO LUIGI che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Como, Sezione distaccata di Erba, con sentenze del 6/11/2006 e del 18/8/2008, accolta la domanda di A.A. e A.G., comproprietari di un fondo e la prima proprietaria esclusiva di altro fondo, posti a confine con lo stacco terriero di F.N., rigettate le domande ed eccezioni di quest’ultimo e di R.E., dante causa del F., intervenuta in giudizio, rideterminò la linea di confine siccome indicato dal CTU nella predisposta relazione, ordinando l’apposizione dei termini.

Con sentenza depositata dell’8/11/2011 la Corte di appello di Milano, riunite le impugnazioni avanzate avverso le due decisioni di primo grado di cui detto, rigettato l’appello principale di F.N. e accolto quello incidentale di A.A. e A.G., condannò l’appellante alla refusione delle spese legali della sentenza parziale del 6/11/2006.

F.N. ricorre per cassazione avverso la sentenza d’appello. A.A. e A.G. resistono con controricorso. R.E. non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, denunziante violazione dell’art. 950 c.p.c., il ricorrente contesta il ricorso fatto dalla sentenza alla planimetria catastale, stante che le linee in parola, per legge costituiscono l’ultima ratio; nè, peraltro, arbitro della individuazione del confine è il consulente del giudice, trattandosi di una spettanza di esclusiva prerogativa di quest’ultimo.

Con il secondo motivo il F. lamenta vizio motivazionale in ordine al negato acquisto per usucapione della fascia di terreno compresa tra il confine catastale del mappale (OMISSIS) e la recinzione in atto.

In particolare, secondo l’assunto impugnatorio, la Corte di merito non aveva correttamente vagliato il materiale probatorio, ed in ispecie: a) il contenuto dell’atto di provenienza (acquisto a corpo); b) la denunzia di cambiamento castale con allegata planimetria; c) le dichiarazioni testimoniali di Scola Natale; d) le prodotte fotografie.

Con il terzo motivo il ricorso deduce ulteriore vizio motivazionale, per non essersi tenuto conto delle inferenze derivanti dalla edificazione del fabbricato, ora di proprietà del F., risalente agli anni sessanta del secolo scorso: da una adeguata valorizzazione di un tale fatto la Corte territoriale avrebbe dovuto trarre significativo elemento probatorio a favore del ricorrente, stante che, ove il confine fosse stato da ritenere nel sito individuato dal CTU, la costruzione si sarebbe venuta a trovare, in palese violazione delle distanze, a 25 cm dallo stesso.

Il ricorso è inammissibile per una duplicità di ragioni, ognuna delle quali è autonomamente idonea a sorreggere l’assunto.

In primo luogo va osservato che non avendo il ricorrente provveduto a depositare copia autentica della sentenza impugnata, senza che a tale manchevolezza possa supplire la conoscenza che di essa sentenza possa trarsi da altri atti processuali, non resta che constatare l’improcedibilità del ricorso, a mente dell’art. 369 c.p.c., comma 2, (cfr.,Sez., n. 14207 dell’8/7/2015, Rv. 635796; Sez. L., n. 6712 del 18/3/2013, Rv. 625615 – 01).

In secondo luogo è inammissibile per inosservanza del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorso per cassazione che pretenda di assolvere a tale requisito mediante l’assemblaggio in sequenza cronologica degli atti della causa, riprodotti in copia fotostatica, senza che ad essa faccia seguire una parte espositiva in via sommaria del fatto sostanziale e processuale, nè in via autonoma prima dell’articolazione dei motivi nè nell’ambito della loro illustrazione.

Per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito. Il principio di autosufficienza del ricorso impone che esso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa (Sez. 2^, n. 7825 del 4/4/2006, Rv. 590121 – 01; in senso conforme si vedano, fra le tante, S.U. n. 26644 del 18/12/2009, Rv. 611150 – 01; Sez. 3, n. 20393 del 22/9/2009, Rv. 609346 01; Sez. 3, n. 15631 del 30/6/2010, Rv. 613742 – 01).

Il ricorso del F. costituisce emblematico caso d’assemblaggio documentale, privo di qualsivoglia esposizione, sia pure sintetica o anche solo essenziale. Infatti, da pag. 1 viene riprodotto l’atto di citazione in primo grado, e in sequenza ininterrotta, da pag. 4 la comparsa di costituzione in primo grado, da pag. 7 la comparsa d’intervento della R., da pag. 11 la sentenza di primo grado depositata il 6/11/2006, da pag. 4 la sentenza di primo grado depositata il 18/8/2008; da pag 29 la citazione in appello del F., da pag. 54 la sentenza d’appello e, dopo quest’ultimo documento, senza soluzione di continuità, vengono esposti i motivi di doglianza.

All’epilogo consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese legali in favore della parte resistente, che si liquidano siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della natura della causa, nonchè delle attività svolte.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese legali, che liquida, in favore della parte resistente, nella complessiva somma di 2.200 Euro, di cui 200 Euro per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2017

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