Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3887 del 19/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 3887 Anno 2014
Presidente: LUCCIOLI MARIA GABRIELLA
Relatore: SALVAGO SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso 24636-2008 proposto da:
LA REGOLA (COMUNIONE FAMILIARE) DI CASAMAllAGNO p.i. 00134800259, in persona del Presidente pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

Data pubblicazione: 19/02/2014

GONDAR 22, presso l’avvocato ANTONELLI MARIA, che
la rappresenta e difende unitamente agli avvocati
2013

1954

PANIZ MAURIZIO, SAGUI PASCALIN DOMENICO, giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro

1

MINA DAVIDE, GASPERINA BURNELLO ERNESTO;
– intimati –

Nonché da:
GASPERINA BURNELLO ERNESTO (c.f. GSPRST48M18C920J),
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OTRANTO 36,

e difende unitamente all’avvocato GUIDONI MAURIZIO,
giusta procura a margine del controricorso e
ricorso incidentale condizionato;
– controrícorrente e ricorrente incidentale contro

LA REGOLA (COMUNIONE FAMILIARE) DI CASAMAllAGNO,
MINA DAVIDE;
– intimati –

Nonché da:
MINA DAVIDE (c.f. MNIDVD57L13C920U), elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA OTRANTO 36, presso
l’avvocato MASSANO MARIO, che lo rappresenta e
difende unitamente agli avvocati BRESSAN FEDERICO,

presso l’avvocato MASSANO MARIO, che lo rappresenta

MONDOLO RITA, giusta procura a margine del
controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

GASPERINA BURNELLO ERNESTO, LA REGOLA COMUNIONE
FAMILIARE DI CASAMAllAGNO;

2

- intimati

avverso la sentenza n. 1261/2007 della CORTE
D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 04/10/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 10/12/2013 dal Consigliere

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale,

assorbito il

ricorso incidentale condizionato, accoglimento del
ricorso incidentale MINA.

i/

Dott. SALVATORE SALVAGO;

3

Svolgimento del processo
1.Con lodo emesso 1’1 ottobre 2003,11 Collegio arbitrale
previsto dall’art. 38 dello statuto della Regola Comunione
familiare di Cosamazzagno condannò Davide Mina in solido
con altri soggetti, già componenti della Commissione

amministrativa di quest’ultima,tra cui Ernesto Gasperina
Bittnello, a corrisponderle la somma di E 22.829,96 per
spese illegittime da costoro compiute negli esercizi i
finanziari 1997 e 1998.
In accoglimento dell’impugnazione del Mina e del Gasperina
Bityello,la Corte di appello di Venezia,con sentenza del 4
ottobre 2007 ha dichiarato la nullità del lodo,in quanto:
a) la controversia non era compromettibile in
arbitri,rientrando fra quelle che hanno ad oggetto
interessi della società ovvero la violazione di norme poste
a tutela dell’interesse collettivo dei soci; b) nel caso
ricorreva proprio detta fattispecie vertendo le domande

pienagaltr

su interessi protetti da norme inderogabili

attinenti alla formazione della volontà negli enti
associativi, e che presiedono alla regolarità dei rapporti
tra organi sociali.
Per la cassazione della sentenza la Regola ha proposto
ricorso per 4 motivi;cui resistono sia il Mina,che il
Gasperina BWItnello. Entrambi hanno formulato ricorso
incidentale condizionato,i1 primo per 9 motivi,e l’altro
4

per due;cui il Mina ha aggiunto altro motivo (non
condizionato).
Motivi della decisione
2.Dichiarata

la

inammissibile

preliminarmente

documentazione prodotta dalla Regola in questa sede di

legittimità,con il primo motivo del suo ricorso principale ‘,
la stessa, deducendo vizi di motivazione,ritenuta illogica
e contraddittoria, ha addebitato alla sentenza impugnata di
aver erroneamente dichiarato legittimo l’intervento del
Gasperino

Btaielle

nell’udienza

delle aprile 2004 sul

presupposto che quest’ultimo,per il solo fatto di essere
stato condannato in solido con il Mina,doveva considerarsi
parte sostanziale nel giudiziole quindi autorizzato a far
valere i motivi di nullità inerenti alla sua posizione.
La doglianza è inammissibile per avere prospettato la
violazione,attribuita alla Corte di appello, del disposto
dell’art.831

cod.proc.civ.

come

interpretato

dalla

giurisprudenza di questa Corte, secondo cui legittimato a
proporre l’impugnazione per nullità del lodo arbitrale è
soltanto colui il quale sia stato formalmente parte del
giudizio arbitrale in cui è stato pronunciato il lodo da
impugnare (pag.11 ric.), quale vizio di motivazione della
sentenza:specificamente ed in più parti della censura,
qualificata contraddittoria per avere affermato “che
Gasperina

BtAgnello

Ernesto aveva diritto a proporre una

5

autonoma impugnazione e di far valere i motivi di nullità
che riguardavano la sua posizione”omettendo, poi, qualsiasi

fil)

pronuncia nel merito su di essi. Anzitutto perché una tal
prospettazione costituisce una negazione della regola di
chiarezza posta dal combinato disposto degli art.360 e 366
il ricorso per

cod. proc. civ., in base alla quale

cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e
tassativamente previste dall’art. 360, primo comma, cod.
proc. civ., deve essere articolato in specifici motivi,
riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una
delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata
disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule
sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle
predette

ipotesi

(Cass.sez.un.17931/2013)1

ed

affida,invece, alla Corte di cassazione il compito di
enucleare dalla mescolanza dei motivi la parte concernente
il vizio di motivazione, che invece deve avere una autonoma
collocazione (Cass.9793/2013;7394/2010;9470 e 20355/2008).
E quindi perché,in ogni caso,la congiunta proposizione di
doglianze ai sensi dei numeri 3) e 5) dell’art. 360 cod.
proc. civ., richiede comunque la formulazione, per il primo
vizio, del quesito di diritto, mentre, per il secondo, il
momento di sintesi o riepilogo, in forza della duplice
previsione di cui all’art. 366-bis cod. proc. Civ.
(Cass.12248/2013;5471/2008)iche invece nel caso la Regola
6

non ha osservato in relazione a nessuna delle dedotte
violazioni.
3. Eguali considerazioni valgono: a) per il

secondo

motivo,con cui la ricorrente ha dedotto violazione degli
art.2393 segg. cod. civ. per avere la decisione impugnata

escluso la compromettibilità della controversia in base
alla giurisprudenza formatasi sulle società commerciali,
senza considerare che esso ente era una persona giuridica
privata di natura associativa;e nel contempo motivazione
omessa sulla circostanza che il richiamo nella propria
delibera all’art.2393 cod.civ. era stato compiuto al fine
di individuare per analogia l’ azione da deliberare contro
i regolieri;nonché, infine, motivazione contradditoria in
ordine alle ragioni per cui la Regola veniva assimilata
alle società commerciali; b)per il terzo, con cui si
addebita alla Corte territoriale violazione dell’art.112
cod. proc.civ. per avere, modificato la causa petendi della
domanda -al fine di giustificare la pronuncia di
incompromettibilità della controversia- ravvisandola nella
impugnativa della delibera assembleare del 12 settembre
1999: laddove essa ricorrente aveva inteso proporre
un’azione

di

responsabilità

dell’amministratore Mina; nonché

nei

confronti

per avere omesso del

tutto la motivazione sull’esatto contenuto della pretesa
azionata,

reso evidente dal mero riferimento nella
7

delibera,all’art.2393 cod. civ.,oltreoehè

confermato dai

quesiti sottoposti agli arbitri.
Il tutto, corredando i soli phffili con cui si deduceva
violazione dell’art.360 n.3 cod.proc.civ. di un quesito
generico sostanzialmente consistente nell’interpello della

Corte in ordine alla fondatezza della censura: in
violazione anche del principio che, in caso di proposizione
di motivi di ricorso per cassazione formalmente unici, ma
in effetti articolati in profili autonomi e differenziati
di violazioni di legge diverse,nonché di vizi di
motivazione, sostanziandosi tale prospettazione nella
proposizione cumulativa di più motivi, affinché non risulti
elusa la “ratio” dell’art. 366-bis cod. proc. civ., tali
motivi cumulativi debbono concludersi con la formulazione
di tanti quesiti per quanti sono i profili fra loro
autonomi e differenziati in realtà avanzati
(Cass.sez.un.5624/2009; 1906/2008).
4.Con l’ultimo motivo,la Regola,deducendo violazione degli
art.2393,18,22 e 1710 cod. civ., evidenzia la propria
natura ibrida di ente privato,comunque non inquadrabile tra
le società commerciali,per essere assimilabile ad una
associazione riconosciuta, pur se non costituita in seguito
a libera volontà degli associati;per cui addebita alla
sentenza di avere erroneamente incluso la controversia fra
quelle relative a superiori interessi della società,nella
8

specie non ravvisabili anche perché non venivano in
contestazione neppure le disposizioni inderogabili sulla
formazione del bilancio; laddove in applicazione della
normativa sul mandato la stessa coinvolgeva esclusivamente
i doveri dell’amministratore,nonché le spese da costui

dell’assemblea:perciò

dando

luogo

a

sostenute senza autorizzazione e/o ratifica
questioni

compromettibili pur nel caso di applicazione della
normativa societaria.
Queste doglianze sono fondate.
E’ indubbio che le nuove disposizioni introdotte dagli
art.34 segg. legge 5 del 2003 sulla devoluzione in
arbitrato delle controversie in materia societaria sono
inapplicabili ai giudizi già pendenti, come quello in
esame, alla data della sua entrata in vigore (l gennaio
2004, alla stregua di quanto stabilito dall’art. 41, primo
comma, di detto decreto (sne1). E che>, nel vigore delle
norme previgenti era consolidato, nella giurisprudenza di
questa Corte,i1 principio,tratto dall’art.806 cod.
proc.civ., che, escludendo dalla possibilità di devolvere ad
arbitri, tra le altre, per quanto qui interessa, le
controversie “che non possono formare oggetto di
transazione”, impone di ricondurre tra quelle che possono
costituire oggetto di compromesso (o di clausola
compromissoria)

le

liti

suscettibili

di

essere

9

sia per le

transatte:detto principio perciò valendo

società commerciali, sia per ogni altra persona giuridica
e/o

associazione che tale qualifica non possegga,nel cui

ambito entrambe le parti riconoscono che debba essere
compresa la Regola Comunione familiare di Casamazzagno.

tutto trascurati dalla sentenza impugnata,

Pertanto è sufficiente ripercorrere i risultati, invece del
cui era

pervenuta l’interpretazione della normativa suddetta per
entrambe le categorie di enti: A) la compromettibilità
della controversia deve essere riconosciuta o negata a
seconda

che

deliberazione

l’oggetto
impugnata)

del

contendere

coinvolga

gli

(e/o

della

interessi

individuali dei singoli soci ovvero interessi di carattere

più generale ed indisponibile, come quelli posti a tutela
della società o della collettività dei soci (Cass. fin
da:2910/1962; 3322 e 10530/1998; 1148/2004;3772/2005). E
tuttavia, perché l’interesse suddetto possa essere
qualificato come “indisponibile”, è necessario che la sua
protezione sia assicurata mediante la predisposizione di
norme inderogabili, la cui violazione determina una
reazione dell’ordinamento svincolata da una qualsiasi
iniziativa di parte, come, ad esempio, nel caso delle norme
dirette a garantire la chiarezza e la precisione del
bilancio di esercizio, la cui inosservanza rende la
delibera di approvazione illecita e, quindi, nulla (Cass.,
10

sez. un., 18600/2011;8204/2004;928/2003,sez.un.27/2000); B)
tale carattere non possiede l’azione di responsabilità nei
confronti degli amministratori che,pur se posta a tutela di
un interesse “collettivo”,concerne diritti patrimoniali
disponibili all’interno di un rapporto di natura

contrattualexed è attribuita alla società a tutela di
interessi che non superano i limiti della stessa compagine
sociale e che, quindi, non investono interessi di terzi
estranei, se non in modo eventuale ed indiretto; C) ciò
trova conferma nell’art.2394 cod. civ. sia
nell’originario, sia nel nuovo testo,che ne riconosce
espressamente la rinunciabilità e la transigibilità; e
d’altra parte l’esercizio dell’azione in una sede diversa
da quella giurisdizionale, una volta ritenuto che la
controversia è compromettibile in arbitri, costituisce,
come bene è stato osservato anche dalla più qualificata
dottrina, “una modalità alternativa di accertamento delle
pretese risarcitorie”, che non può in alcun modo essere
configurata come rinunzia all’azione, fé non sottendere
rischi insiti m detta rinuncia, ovvero Wle transazioni
preventive e generiche.
5.0ra,nel caso la stessa Corte di appello ha riferito che,
a seguito di delibera del 27 dicembre 1998, la Commissione
amministrativa della Regola aveva dato corso all’azione di
responsabilità nei confronti dei precedenti
11

amministratori,oggetto del provvedimento,e stabilito di
attivare al riguardo il Collegio arbitrale di cui
all’art.38 dello Statuto;e la circostanza ha trovato
conferma nei quesiti sottoposti dalla Regola agli arbitri,
cui è stato chiesto di accertare l’illegittimità dei

pagamenti per un ammontare complessivo di £.53.378.000
disposti dall’ex amministratore Davide Mina nel biennio
1997-1998,nonché di condannare l’amministratore suddetto al
rimborso della predetta somma;per cui l’azione non si
proponeva affatto di accertare la legittimità di poste in
bilancio,né tanto meno di impugnare la successiva delibera
12 settembre 1999 del C.A. che dette spese non aveva inteso
approvare,bensì di dimostrare la cattiva gestione degli
amministratori ,nonché l’inadempimento di costoro agli
obblighi assunti con il mandato,con il conseguente danno
provocato alla Regola:perciò semmai giustificandosi e non
impugnandosi le due menzionate delibere,cui in definitiva
l’azione intendeva dare esecuzione. Laddove i ~4 riflessi
sul bilancio di esercizio erano solo indiretti, poiché
derivavano dall’incidenza delle spese illegittime sulle
disponibilità dell’Associazione, senza coinvolgere
direttamente

l’applicazione

che,inderogabilmente l debbono
redazione

di

tale

essere
suo

norme

delle
osservate
atto

nella

contabile

(Cass.16265/2013;15890/2012;11658/2007).
12

La controversia conclusivamente, rientrando nell’ambito di
e

previsione degli artt. 806 e 808 c.p.c.,ben poteva essere
devoluta al giudizio degli arbitri,a maggior ragione per la
pacifica natura non commerciale della Regola di
Casamazzagno,già soggetto di diritto pubblico ai sensi del

d.lgs. 1104 del 1948 ed ora munita di specifica personalità
giuridica di diritto privato dall’art.3 della legge 97 del
1994la quale rientra fra quelle istituzioni diffuse in
Veneto attraverso le quali le famiglie originarie del
luogo, proprietarie in modo indiviso e collettivo di beni
fondiari utilizzati per attività d’ambito agro-silvopastorale,sono chiamate a gestirle ed a conservarle nel
tempo,perciò contribuendo a mantenere e migliorare il
.

patrimonio ambientale.
Per

conseguire, infatti,

dette

finalità

considerate

meritevoli di tutela,la legge 97 del 1994,ha reso per un
verso i beni di dette comunioni familiari di boschi e
pascoli indivisibili ed inusucapibili, a simiglianza dei
beni demaniali;e dall’altro ne ha devoluto la gestione e
l’amministrazione alle stesse famiglie,iscritte in apposito
albo,attraverso statuti approvati dall’assemblea dei c.d.
regolieri che prevedono l’istituzione di particolari organi
amministrativi secondo la specifica disciplina posta dalle
norme regionali. La quale nella specie ha avuto attuazione

attraverso la legge reg.Veneto 26 del 1996.
13

Pertanto

proprio

perché

la

loro

costituzione

(o

ricostituzione) è specificamente prevista e regolata da
detta legge reg. attraverso un procedimento pubblico
dettagliatamente disciplinato,dette comunioni non possono
che essere equiparate (non già alle società

commerciali,bensì) alle associazioni di cui agli art.14
segg. cod. civ.,i cui amministratori sono sottoposti dal
successivo art.18 a “responsabilità verso l’ente secondo le
norme del mandato” (2648/1987;1657/1985). Al lume delle
quali conclusivamente doveva essere valutata la natura
dell’azione di responsabilità intrapresa dalla
Regola,espressamente prevista dal combinato disposto degli
art.22 e 1710 segg. cod. civ. nei confronti degli

amministratori onde fare valere l’inadempimento delle
obbligazioni,peculiari

del

mandatario,da

essi

assunte,nonché le relative responsabilità
(Cass.11419/2009;19778/2003);e quindi in radice estranea
alla materia societaria nel cui ambito soltanto potevano
trovare applicazione le disposizioni riduttive t e perciò non
analogicamente estensibili, sulla incompromettibilità delle
controversie al giudizio arbitrale previsto dallo Statuto
della Regola.
6.Assorbiti pertanto i ricorsi incidentali,aventi ad
oggetto doglianze già dichiarate assorbite,e perciò non
esaminate dalla sentenza impugnata,i1 Collegio deve
14

cassarla con rinvio alla medesima Corte di appello di
Venezia,che in diversa composizione si atterrà ai principi
esposti e provvederà alla liquidazione anche delle spese
del giudizio di legittimità

La Corte,dichiara inammissibili i primi tre motivi del
ricorso principale, accoglie il quarto ed assorbiti
ricorsi

incidentali, cassa

la

sentenza

impugnata

in

relazione al motivo accolto;rinvia anche per la
liquidazione delle spese processuali,alla Corte di Appello
di Venezia,in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 10 dicembre 2013.
Il Presidente
Il COnsigIiere est.
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CORTE SUPREMA DI CASSAZION E •
Si attesta la registrazione presso .

P.Q.M.

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