Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3885 del 17/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 17/02/2011, (ud. 17/12/2010, dep. 17/02/2011), n.3885

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 5323-2010 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliata in Roma, via di

Villa Pamphili n. 59, presso lo studio dell’avv. Sacerdoti Gaudio,

che la rappresenta e difende assieme all’avv. Cimino Giuseppe per

procura in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

RAI – RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in Roma,

Piazzale Clodio n. 32, presso l’avv. Ciabattini Lidia, che la

rappresenta e difende assieme all’avv. Tosi Paolo per procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 388/2009 della Corte d’appello di Milano,

depositata in data 12.05.2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17.12.2010 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

Fedeli Massimo.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

Con ricorso al giudice del lavoro di Milano, F.A., premesso essere stata assunta più volte da RAI s.p.a. con contratti a termine, chiedeva che fosse dichiarata la nullità del termine apposto all’ultimo contratto di lavoro stipulato con RAI s.p.a. per il periodo 1.2-31.7.99. Il Tribunale accoglieva la domanda, rilevando che il contratto non era conforme alla L. n. 230 del 1962 regolatrice del contratto a termine e che la ricorrente aveva svolto a decorrere dall’1.2.99 mansioni di programmista regista, dichiarando che da tale data sussisteva un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Proponevano appello RAI s.p.a. in via principale e la F. in via incidentale, la prima ribadendo la legittimità dell’apposizione del termine, la seconda chiedendo fosse accertato che il rapporto di lavoro subordinato si era svolto con mansioni di giornalista.

La Corte di appello di Milano con sentenza 7.11.07 accoglieva l’impugnazione principale e rigettava la domanda della F., ritenendo che il lungo lasso di tempo intercorso tra l’ultimo contratto di lavoro e l’inizio della controversia costituisse indice non equivoco della volontà della lavoratrice, convergente con quella dell’azienda, di ritenere risolto l’intercorso rapporto.

Proponeva ricorso per cassazione F. deducendo: (1) violazione dell’art. 2697 c.c., della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. c), nonchè degli artt. 112 e 414 c.p.c. e (2) carenza di motivazione, a proposito dell’accoglimento della tesi dell’intervenuto mutuo consenso in punto di scioglimento del contratto.

Si difendeva con controricorso RAI – Radiotelevisione Italiana s.p.a..

Il consigliere relatore ha depositato relazione ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., la quale è stata comunicata al Procuratore generale ed è stata notificata ai difensori costituiti.

Il ricorso è inammissibile.

Essendo la sentenza impugnata pubblicata in data 12.5.09, il procedimento in questione cade ancora sotto il regime processuale del giudizio di legittimità introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, di modo che deve verificarsi se sia adempiuto il disposto dell’art. 366 bis c.p.c., per il quale la illustrazione dei motivi di ricorso che denunziano i vizi di cui all’art. 360, nn. 1, 2, 3 e 4 deve a pena di inammissibilità concludersi con la formulazione di un quesito di diritto, e la illustrazione dei motivi che denunziano vizi di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sempre a pena di inammissibilità, deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso o delle ragioni per le quali la motivazione – in ragione delle denunziate carenze – è inidonea a giustificare la decisione.

Tale verifica porta ad esito negativo, in quanto entrambi i motivi pongono al Collegio problemi che implicano una complessa discussione di diritto, senza individuare, peraltro, con la formulazione di idoneo quesito, la questione (o le questioni) sottoposte alla Corte.

Il ricorso deve essere dunque dichiarato inammissibile.

Le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 30 (trenta) per esborsi ed in Euro 2.000 (duemila) per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2011

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