Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3885 del 16/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 16/02/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 16/02/2021), n.3885

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16465-2020 proposto da:

A.E., padre dei minori A.B.O. e

A.T.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARIELLA CONSOLE;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE della REPUBBLICA presso la CORTE d’APPELLO di

TORINO;

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 816/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositato il 03/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE

PARISE.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con decreto n. 154/2020 pubblicato il 3-3-2020 e comunicato nella stessa data Corte d’appello di Torino sezione per i minorenni – ha respinto il reclamo proposto da A.E., cittadino della (OMISSIS), avverso il decreto del Tribunale per i minorenni di Torino con cui era stato disposto il rigetto della richiesta di autorizzazione del reclamante presentata D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 31. La Corte territoriale, dopo aver premesso che, come incontroverso in causa, i due figli vivevano solo con la madre, ha rilevato che l’istante non aveva allegato alcunchè relativamente alla condizione personale e concreta dei due figli minori, da cui poter desumere, in concreto, quale pregiudizio essi avrebbero potuto subire dal diniego dell’autorizzazione richiesta, e che neppure nulla aveva allegato circa il suo rapporto con i minori, dal quale trarsi l’eventuale pregiudizio per la separazione dalla figura paterna. La Corte d’appello ha inoltre ritenuto che il richiedente fosse portatore di un profilo di pericolosità sociale, condividendo il giudizio espresso dal Tribunale per i minorenni, vivendo egli ai margini sociali, senza stabile domicilio, non essendo chiaro con quali mezzi provvedesse al suo sostentamento e come potesse provvedere al mantenimento dei figli, ammettendo, anzi, lo stesso reclamante di non concorrervi, se non quando poteva o in occasioni particolari.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a un solo motivo, nei confronti del Procuratore Generale della Repubblica della Corte d’Appello di Torino, che è rimasto intimato.

3. Il motivo di ricorso è così rubricato:” Violazione/falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 28 e art. 31, comma 3, dell’art. 8 convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (nell’interpretazione fornita dalla corte Europea dei diritti dell’uomo), della Dir. 2003/86/ce e degli artt. 29, 30,31 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5″. Il ricorrente deduce che la Corte territoriale ha fatto discendere automaticamente dalla commissione del reato ostativo il giudizio di pericolosità sociale, senza indicare alcun elemento concreto da cui dedurne l’attualità, in violazione dei principi affermati dalla Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 15750/2019, che richiama. Rileva di aver indicato numerosi elementi idonei a dimostrare l’assenza di sua pericolosità attuale (concessione di attenuanti generiche nella sentenza di condanna per il reato inerente agli stupefacenti, concessione della liberazione anticipata da parte del Tribunale di Sorveglianza di Torino), mentre l’assenza di attività lavorativa regolare non poteva valorizzarsi, essendo il ricorrente privo di permesso di soggiorno. Deduce di aver frequentato con assiduità la casa dove i figli vivono con la madre, dopo aver scontato la pena detentiva, e censura il contrario assunto espresso nel decreto impugnato, rimarcando che la stessa madre dei bambini aveva riferito che la presenza del padre era importante per essi, dato che se ne occupava quando la madre era impegnata nell’attività di lavoro. Rileva che il suo rimpatrio in Nigeria determinerebbe il distacco duraturo dal padre, poichè i figli (nati il 16-7-2009 e il 15-2-2013) rimarrebbero in Italia, ove frequentano le scuole, con la madre, che lavora ed è titolare di permesso di soggiorno, non potendo subire uno sradicamento traumatico dai loro riferimenti sociali e dalle loro consolidate abitudini di vita.

4. Il motivo è infondato.

4.1. Secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità (Cass. S.U. 15750/2019 e successive conformi), occorre innanzitutto accertare che sussista una specifica situazione di grave pregiudizio che potrebbe derivare ai minori dall’allontanamento del genitore, situazione che il richiedente ha l’onere di allegare. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito, con la citata sentenza, che in tema di autorizzazione all’ingresso o alla permanenza in Italia del familiare di minore straniero che si trova nel territorio italiano, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, il diniego non può essere fatto derivare automaticamente dalla pronuncia di condanna per uno dei reati che lo stesso testo unico considera ostativi all’ingresso o al soggiorno dello straniero; nondimeno la detta condanna è destinata a rilevare, al pari delle attività incompatibili con la permanenza in Italia, in quanto suscettibile di costituire una minaccia concreta ed attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e può condurre al rigetto della istanza di autorizzazione all’esito di un esame circostanziato del caso e di un bilanciamento con l’interesse del minore, al quale la detta norma, in presenza di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico, attribuisce valore prioritario ma non assoluto. I “gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico” del minore, che consentono la temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del suo familiare, secondo la disciplina prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, devono consistere in situazioni oggettivamente gravi, comportanti una seria compromissione dell’equilibrio psicofisico del minore, non altrimenti evitabile se non attraverso il rilascio della misura autorizzativa; la normativa in esame non può quindi essere intesa come volta ad assicurare una generica tutela del diritto alla coesione familiare del minore e dei suoi genitori. Sul richiedente l’autorizzazione incombe, pertanto, l’onere di allegazione della specifica situazione di grave pregiudizio che potrebbe derivare al minore dall’allontanamento del genitore (Cass. 773/2020; Cass. 9391/2018).

4.2. Nel caso concreto, la Corte di merito ha ampiamente motivato circa le ragioni per cui, al di là della condanna per reati ostativi, non siano stati allegati e provati fatti che evidenzino gravi motivi, connessi allo sviluppo psico-fisico dei minori, tali da rendere necessario il permesso di soggiorno.

In particolare la Corte territoriale ha affermato che l’istante non aveva allegato alcunchè relativamente alla condizione personale e concreta dei due figli minori e ai suoi rapporti con i minori, ritenendo a fortiori mancante la dimostrazione del pregiudizio subendo dai figli in conseguenza dell’allontanamento del padre.

Detta affermazione non è stata specificamente censurata dal ricorrente, il quale, da un lato, insiste a dolersi della valutazione sulla sua pericolosità sociale, che invece è da scrutinare solo qualora sia positivamente accertato il pregiudizio per i figli, al fine del necessario bilanciamento con le esigenze di sicurezza e ordine pubblico, e, dall’altro lato, assume l’assiduità di frequenza dei minori e l’importanza della sua presenza per gli stessi richiamando quanto riferito dalla madre, senza tuttavia precisare quando, dove e come siano state assunte tali dichiarazioni, delle quali non v’è menzione nel decreto impugnato.

Peraltro, nel ricorso nulla è precisato circa i rapporti tra il ricorrente e i minori e sulla condizione personale e concreta degli stessi, limitandosi il richiedente ad affermare, in ogni caso genericamente e senza indicare la risultanza probatoria di supporto, che si occupa di essi quando la madre è impegnata al lavoro. L’unico pregiudizio indicato in ricorso è quello che i minori non potranno più vedere il padre perchè sarà rimpatriato, senza che neppure sia allegato in modo specifico il grave disagio psico-fisico dei minori che da tale allontanamento discenderebbe (Cass. n. 26710/2017).

4. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato, senza provvedere in ordine alle spese processuali in considerazione della mancata attività difensiva della parte intimata.

Va dato atto che il processo risulta esente e non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

In caso di diffusione del presente provvedimento, si dispone omettersi le generalità e gli altri dati identificativi delle parti, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

In caso di diffusione del presente provvedimento, dispone omettersi le generalità e gli altri dati identificativi delle parti, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2021

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