Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3884 del 19/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 3884 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: ACIERNO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 634-2008 proposto da:
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI, AGEA
– AGENZIA
p e rsona

PER

LE EROGAZIONI IN AGRICOLTURA, in

dei legali rappresentanti pro temporc,

domiciliati

in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta
2013

e difende ope legis;
– ricorrenti –

1808

contro

D’ANIELLO ANTONIO, elettivamente domiciliato in ROMA,

Data pubblicazione: 19/02/2014

PIAllA B. GASTALDI 1, presso l’avvocato BENUCCI
CLAUDIO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato CIPULLO ACHILLE, giusta procura a
margine del controricorso;
controricorrente

avverso la sentenza n. 4936/2006

della

CORTE

D’APPELLO di ROMA, depositata il 13/11/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/11/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
ACIERNO;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato DE GIOVANNI
ENRICO che si riporta;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato BENUCCI
CLAUDIO che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

k

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Ministro delle Politiche Agricole, nella veste di
Presidente dell’A.G.E.A. (Azienda di Stato per gli
interventi nel mercato agricolo), aveva ingiunto ad

Antonio D’Aniello il pagamento della somma di Lire
631.091.235 a titolo di risarcimento del danno derivante
dall’erogazione a favore della s.r.l. Voccia & C. di
aiuti comunitari destinati alla produzione di derivati di
pomodori. Avverso tale ingiunzione aveva proposto
opposizione il D’Aniello, contestando l’insussistenza dei
presupposti per la pronuncia dell’ingiunzione e
contestando la quantificazione operata dalla Pubblica
Amministrazione. Le parti opposte avevano a loro volta
contestato la fondatezza dell’opposizione chiedendo il
pagamento, in via riconvenzionale, delle somme di cui al
provvedimento monitorio. Il giudice di primo grado aveva
disposto, d’ufficio, la separazione del giudizio sull’an
debeatur, accogliendo la domanda proposta in via
monitoria e qualificandola come restitutoria nonché
disponendo la determinazione del quantum in separato
giudizio, non essendo stata fornita la prova
sull’effettività della somma richiesta.
Avverso tale pronuncia proponeva appello il D’Aniello
deducendo tra

gli

altri motivi

che

era

stato

illegittimamente separato l’an dal quantum debeatur in
he’

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quanto tale provvedimento poteva essere assunto soltanto
su istanza della parte interessata e con il consenso
!

dell’appellante. L’appellato si costituiva, contestando
la fondatezza del gravame e chiedendone il rigetto. La

Corte d’Appello, per quel che ancora interessa, in
riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava
l’illegittimità dell’avvenuta separazione del processo,
in mancanza dell’istanza della parte interessata,
precisando che nell’ipotesi di domanda di condanna del
convenuto al pagamento di una somma determinata, non può
il giudice d’ufficio limitarsi alla condanna generica, ma
deve decidere in ordine al quantum, accogliendo la
domanda se sorretta da prove e respingendola nel caso
A

contrario. Pertanto, nella specie, il Tribunale, avendo
accertato il difetto di prova doveva decidere sul quantum
e non separare i giudizi. Osservava, tuttavia, la Corte
che in mancanza di un’impugnazione incidentale da parte
dell’Amministrazione pubblica in ordine alla domanda di
ripetizione formulata con il ricorso monitorio e ribadita
in via riconvenzionale nel giudizio di opposizione,
doveva procedersi all’accoglimento dell’appello ed al
rigetto della domanda creditoria.
Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per
cassazione n Ministero delle Politiche Agricole e
l’A.G.E.A., affidandosi ad un unico motivo. Ha resistito
o

4

con controricorso il D’Aniello. Il controricorrente ha
depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
Nell’unico motivo di ricorso viene dedotta la violazione
e falsa applicazione dell’art. 278 cod. proc. civ. nonché

degli artt. 121 e 158 cod. proc. civ. anche in relazione
all’art. 24 Cost., ai sensi dell’art. 360 n. 4 e 5 cod.
proc. civ., per avere la sentenza impugnata ritenuto
invalida la statuizione di separazione della pronuncia
sull’an da quella sul quantum non ravvisandosi nella
specie una nullità prevista da una norma di legge.
Secondo la parte ricorrente l’iniziativa officiosa del
giudice di separare ex officio la decisione sull’an da
quella sul quantum non può essere ritenuta invalida non
ponendosi in contrasto né con i principi generali del
processo né con quelli del diritto di difesa.
La questione di diritto viene posta dal ricorrente nei
seguenti termini :
“Qualora il giudice operi, anche d’ufficio, la scissione
del processo in due fasi non è configurabile alcuna
nullità, non comportando l’esercizio di tale potere
violazione di principi di ordine pubblico e non incidendo
sulla realizzazione delle finalità del processo, che non
sono compromesse dalla scissione, non risultando

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vulnerati i principi fondamentali del sistema processuale
né pregiudicati i diritti di difesa”.
Il medesimo motivo viene prospettato anche sotto il
profilo del vizio di motivazione. Quest’ultimo profilo di

censura è radicalmente inammissibile mancando la sintesi
richiesta a pena d’inammissibilità dall’art. 366 bis
ultima parte, cod. proc. civ. ratione temporis,
applicabile.
Per quanto riguarda il primo motivo, corredato di
puntuale quesito di diritto, se ne deve rilevare
l’inammissibilità prima ancora che l’infondatezza fondata
sul consolidato principio dell’illegittimità della
separazione del processo nell’ipotesi di domanda
creditoria avente ad oggetto un importo determinato, (ex
multis Cass. 11460 del 2007). L’inammissibilità deriva
dall’incompletezza e dal conseguente difetto di rilevanza
della prospettata censura, che non scalfisce le ragioni
del rigetto della domanda creditoria, individuate nella
sentenza impugnata nella mancata formulazione di
un’impugnazione incidentale fondata sulla censura
relativa al difetto di prova sul quantum affermato nella
sentenza di primo grado e posto a base dell’illegittima
decisione di separare il procedimento.

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In conclusione il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile con applicazione del principio della
soccombenza in ordine alle spese di lite.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte
ricorrente al pagamento delle spese del presente
procedimento che liquida in E 6000 per compensi, E 200
per esborsi oltre accessori di legge.
Così deciso nella camera di consiglio del 26 novembre
2013

La Corte,

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