Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3884 del 14/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 14/02/2017, (ud. 29/11/2016, dep.14/02/2017),  n. 3884

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17334-2012 proposto da:

G.R.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE GIULIO CESARE 95, presso lo studio dell’avvocato RITA BRUNO,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE POLITI;

– ricorrente –

contro

D.F. EX ART. 86 c.p.c., elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CARLO MIRABELLO 18, presso lo studio dell’avvocato ALFONSO

QUINTARELLI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CHIARA FRONZONI;

– controricorrente –

nonchè contro

S.F. (OMISSIS), F.F. (OMISSIS), P.R.

(OMISSIS), DA.DA. (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 822/2011 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 21/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/11/2016 dal Consigliere Dott. PICARONI ELISA;

udito l’Avvocato POLITI Giuseppe, difensore della ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato MORTATI Franca con delega orale dell’Avvocato

D.F., difensore di se medesimo ai sensi ex art. 86 c.p.c.,

che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – E’ impugnata la sentenza della Corte d’appello di Trieste, depositata il 21 dicembre 2011, che ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Trieste n. 999 del 2009, nella causa vertente tra D.F., G.R.A., S.F., F.F., P.R. e Da.Da., partecipanti al (OMISSIS), e comproprietari per 1/4 dell’area verde adiacente al Condominio.

1.1. – Per quanto ancora di rilievo in questa sede, il Tribunale aveva condannato G.R.A. a pagare l’importo di Euro 18.479,63 oltre interessi e anatocismo a favore di D.F., nonchè l’importo di Euro 4.500,00 oltre interessi a favore di S.F. e F.F., a titolo di rimborso pro quota delle spese di messa in sicurezza e riparazione del muro comune, eretto a protezione della scarpata posta a confine con le sottostanti proprietà facenti capo al (OMISSIS). I lavori di messa in sicurezza e riparazione si erano resi necessari dopo che, in data 18 gennaio 2004, a seguito di pioggia torrenziale, si era verificata la caduta del muro per un tratto di lunghezza di circa 20 metri.

2. – La Corte d’appello, adita in via principale dalla sig.ra G., ha confermato che il crollo del muro non era imputabile ai lavori eseguiti dai sigg. D. e S. – F. sul suolo comune nelle porzioni rispettivamente in uso, in quanto il CTU aveva accertato che la ricarica del terreno effettuata in tali occasioni era una delle cinque probabili concause dell’evento, e, vertendosi in tema di responsabilità aquiliana, l’onere probatorio che gravava sull’appellante G. non era stato assolto.

La Corte territoriale ha quindi riformato la sentenza di primo grado limitatamente alla quantificazione dell’importo dovuto dall’appellante G. a D.F..

3. – Per la cassazione della sentenza G.R.A. ha proposto ricorso sulla base di cinque motivi. Resiste con controricorso D.F.. Sono rimasti intimati S.F., F.F., R.P. e Da.Da.. Le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Il ricorso è fondato nei termini di seguito precisati.

1.1. – Con il primo motivo è denunciata violazione dell’art. 882, art. 885 c.c., artt. 113 e 115 c.p.c., e si contesta che la Corte d’appello non abbia tenuto conto della situazione di comproprietà del muro, che era crollato contestualmente allo smottamento del terreno scosceso su cui insisteva, dopo essere stato oggetto di modificazioni per innalzamento e ricarico di terreno, nella porzione ad uso esclusivo dei comproprietari D. e S. – F.. Accertata la precarietà del muro, sia per il contesto di progressiva erosione e instabilità del versante a valle e del pendio, sia per lo stato del muro stesso, i predetti comproprietari D. e S. – F. avrebbero dovuto rinforzare a loro spese il muro prima di procedere ai lavori di sopraelevazione, come peraltro la ricorrente G. aveva denunciato con lettera del 12 marzo 1999, e ribadito con lettera del 29 gennaio 2004. L’assunto emergeva dalla integrazione alla relazione del CTU del 18 maggio 2008, in cui il consulente aveva affermato che la sopraelevazione del muro e i ricarichi di terreno erano stati realizzati senza essere preceduti da alcun elaborato tecnico, pur ricadendo in zona B2 della Zonizzazione geologica – tecnica, per la quale erano prescritte specifiche verifiche da attuare prima di ogni intervento. La relazione del CTU in data 21 settembre 2009 dava atto che il muro poteva entrare in crisi anche con una piccola variazione, avendo “un’altezza decisamente rilevante per la sua base fondazionale”.

2. – Con il secondo motivo è denunciata, in via subordinata, violazione degli artt. 2051, 2053, 1669, 1673 e 2697 c.c., artt. 113 e 115 c.p.c., e si contesta il riparto dell’onere probatorio.

La Corte d’appello aveva affermato che gravava sull’appellante G. l’onere di provare che il crollo fosse stato provocato direttamente alle opere realizzate dai comproprietari D. e S. – F. sull’area a ridosso del muro, di cui gli stessi avevano l’uso esclusivo anche prima dello scioglimento della comunione.

3. – Con il terzo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2697 c.c., nonchè vizio di motivazione, e si contesta l’interpretazione offerta dalla Corte d’appello delle conclusioni del CTU, avito riguardo all’esclusione del nesso eziologico tra i lavori effettuati dai comproprietari e il crollo del muro. La ricorrente evidenzia che il CTU, nella relazione in data 21 settembre 2007, aveva affermato che una delle cinque concause probabili dell’evento dannoso era la ricarica di terreno effettuata dai comproprietari D. e S. – F., che pur non essendo da sola sufficiente a provocare l’evento, aveva sicuramente contribuito ad aumentare la criticità preesistente. La Corte d’appello, invece, aveva ritenuto irrilevante l’incidenza della concausa imputabile all’attività di ricarica del terreno, sicchè la ratio decidendi della sentenza rimaneva incerta.

Ulteriore e conseguenziale errore di giudizio risiedeva nell’applicazione del regime probatorio, avendo la Corte di merito preteso che l’appellante dimostrasse il nesso causale al di là del ragionevole dubbio.

4. – Con il quarto motivo è denunciato vizio di motivazione e si contesta, in via ulteriormente subordinata, il mancato approfondimento dell’accertamento peritale con riferimento alla stima del peso determinato dai lavori eseguiti e della spinta esercitata da tale peso, tenuto conto della profondità e lunghezza del fronte di terreno rispetto al muro. Il CTU, infatti, aveva escluso di poter effettuare calcoli, rilevando però che agli atti non era presente alcun elaborato tecnico, sia geotecnico sia strutturale, relativo ai lavori di sopraelevazione. La ricorrente lamenta, infine, che Corte d’appello non aveva motivato sui rilievi critici mossi dall’appellante anche a mezzo dei suoi periti, e aveva parafrasato il contenuto della comparsa dell’appellato S..

5. – Con il quinto motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1226 e 1110 c.c., e si contesta che il credito a favore dei sigg. S. – F. era stato liquidato in via forfetaria, in assenza del presupposto della impossibilità di provarne il preciso ammontare.

5.1. – Le doglianze prospettate con il terzo motivo sono fondate, e assorbono le rimanenti.

In nucleo centrale del ricorso, sintetizzato nel predetto motivo, riguarda la valutazione delle cause del crollo del muro di sostegno del terzo terrazzamento in comproprietà tra i partecipanti al Condominio di Via Commerciale n. 72. La questione, che ovviamente ridonda sulla ripartizione delle spese di messa in sicurezza e riparazione del muro, ha costituito oggetto di causa sin dal primo grado di giudizio, per mezzo dell’eccezione proposta dalla sig.ra G., originariamente convenuta in giudizio assieme agli altri comproprietari da D.F., che aveva sostenuto le suddette spese. Pertanto, diversamente da quanto eccepito dal controricorrente, non si tratta di questione nuova.

5.2. – Nel merito, si rileva la complessiva inadeguatezza delle argomentazioni con cui la Corte d’appello ha escluso ogni collegamento tra il crollo del muro, avvenuto nel 2004 a seguito di pioggia torrenziale, e i lavori edili eseguiti anni prima dai comproprietari D. e S. – F., nella parte in cui avevano comportato ricarica di terreno e, quindi, sovraccarico del muro.

5.3. – La Corte territoriale ha richiamato la CTU, che aveva individuato cinque concause probabili del crollo, e cioè: 1) la progressiva erosione del versante a valle; 2) lo scarso smaltimento delle acque; 3) la precaria stabilità del pendio; 4) lo stato del muro; 5) la ricarica del terreno, ritenendo altresì che “le prime tre fossero indipendenti tra loro, mentre le restanti due, dipendenti da almeno una delle altre”. Dalla valutazione tecnica, così sintetizzata in sentenza, la Corte d’appello ha fatto derivare l’ininfluenza del comportamento imputabile – consistito nella ricarica del terreno – non essendo possibile una comparazione tra concause imputabili e concause naturali (è richiamata Cass., sez. 3, sent. n. 4 del 2010).

L’applicazione astratta del principio di diritto enucleato in riferimento a fattispecie di responsabilità medica, non giustifica la conclusione raggiunta dalla Corte d’appello. Nel caso di specie, infatti, la questione non era se il crollo del muro fosse stato causato dalla ricarica del terreno, ma se il sovraccarico del muro, incontestato seppure di incerta consistenza, avesse agito come concausa del crollo, ed in quale misura. La risposta della Corte d’appello è astratta poichè non tiene conto della precarietà dei luoghi (pendio, terreno franoso, consistenza del muro) su cui si è inserita l’attività umana, sicchè non era predicabile in automatico l’ininfluenza della concausa umana, sulla scorta del principio giurisprudenziale richiamato.

Si riscontra qui un evidente salto logico nel ragionamento della Corte territoriale, che si accompagna ad un deficit nell’accertamento in concreto dell’efficienza causale del fattore umano, anche alla luce della mancanza di prova di preventive e puntuali verifiche circa la capacità del muro di sopportare il sovraccarico, il cui onere incombeva sui comproprietari autori dei lavori.

5.4. – La motivazione della Corte d’appello risulta, pertanto, complessivamente insufficiente a giustificare l’esclusione di qualsiasi incidenza causale, sul crollo del muro in comproprietà, della ricarica di terreno.

6. – All’accoglimento del terzo motivo del ricorso, nel quale rimangono assorbiti i rimanenti, segue la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio, per un nuovo esame della controversia, al giudice designato in dispositivo il quale provvederà anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Trieste, in diversa sezione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 29 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2017

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