Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3883 del 16/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 16/02/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 16/02/2021), n.3883

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9966-2020 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MAIORANA, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROIEZIONE

INTERNAZIONALE DI VERONA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 377/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 06/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE

PARISE.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con sentenza n. 377/2020 pubblicata il 6-2-2020 la Corte D’Appello di Venezia ha respinto l’appello proposto da A.A., cittadino del Ghana, avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia che aveva rigettato la sua domanda avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. La Corte d’appello ha rigettato le censure attinenti al mancato riconoscimento della protezione umanitaria, oggetto dell’unico motivo di appello. La Corte territoriale ha rilevato che il richiedente non aveva censurato le specifiche osservazioni del Tribunale sulla non credibilità della narrazione della sua vicenda personale, comunque irrilevante per non avere mai il cittadino straniero corso alcun pericolo nè per il maleficio a cui asseritamente rischiava di essere sottoposto dai parenti paterni, nè per le altre vicende poco credibili raccontate (tentativo di suo avvelenamento da parte di soggetti travisati). La Corte territoriale ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, non ravvisando alcun profilo di vulnerabilità, avuto anche riguardo alla situazione generale e geo-politica del Ghana, descritta nella sentenza impugnata con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

3. I motivi di ricorso sono così rubricati: 1. “art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3,4,5,6 e 14. Difetto di motivazione e travisamento dei fatti”; 2. “art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La Corte ha errato a non applicare al ricorrente la protezione, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 non potendo essere rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero, qualora ricorrano seri motivi di carattere umanitario, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo paese d’origine o che ivi possa correre gravi rischi. Omessa applicazione dell’art. 10 Cost.. Omesso esame delle fonti informative relativamente alla situazione socio/economica del Paese. Omesso esame delle condizioni personale per l’applicabilità della protezione umanitaria e della necessaria comparazione tra la condizione raggiunta in Italia e quella del Paese di provenienza”. Con il primo motivo il ricorrente lamenta l’assenza di comparazione tra la sua situazione attuale e quella in cui verrebbe a trovarsi in caso di rimpatrio, avendo la Corte territoriale omesso ogni istruttoria in ordine alle condizioni socio-economiche del suo Paese e non avendo considerato dimostrata l’integrazione sociale in Italia, nonostante la produzione di documentazione comprovante la sua capacità lavorativa. Con il secondo motivo deduce che la misura di protezione richiesta si applica ad una platea di soggetti più vasta rispetto a quella indicata dai Giudici di merito, richiama diffusamente la normativa di riferimento e pronunce di questa Corte, ribadisce l’assenza di comparazione nel senso indicato nella pronuncia di questa Corte n. 4455/2018, poichè la condizione di vulnerabilità consegue anche da condizioni di vita inadeguate e non sufficienti per un’esistenza dignitosa. Lamenta il mancato esercizio di poteri istruttori ufficiosi in ordine alla suddetta valutazione comparativa e ribadisce la sua completa integrazione in Italia, dove si trova da ben cinque anni.

4. In via pregiudiziale, va dichiarata l’inammissibilità della costituzione dell’intimato Ministero dell’interno, tardivamente effettuata con un atto denominato “atto di costituzione”, non qualificabile come controricorso, sostanziandosi il relativo contenuto nella mera dichiarazione di costituirsi in giudizio “con il presente atto al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1 c.p.c.”. Risulta, infatti, in tal modo, violato il combinato disposto di cui all’art. 370 c.p.c. e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, in base ai quali il controricorso deve, a pena di inammissibilità, contenere l’esposizione dei motivi di diritto su cui si fonda, costituendone requisito essenziale (v. Cass., 13/3/2006, n. 5400).

Sempre in via pregiudiziale, stante la rilevata inammissibilità della costituzione del Ministero, a cui non è, perciò, consentita la produzione di memoria, occorre dare atto che la intempestiva notificazione del decreto di fissazione dell’udienza camerale e della proposta del relatore a detta parte non ha incidenza sugli obblighi di cui all’art. 380-bis c.p.c., da ritenere assolti per essere stata, invece, rituale e tempestiva la notificazione dei suddetti atti processuali all’indirizzo PEC del difensore di fiducia e domiciliatario del ricorrente.

5. I due motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

5.1. Il ricorrente svolge una serie di deduzioni che, da un lato, si risolvono in generiche critiche che non hanno attinenza specifica al percorso argomentativo della sentenza impugnata e che, dall’altro, sollecitano una rivisitazione del merito.

La Corte d’appello ha affermato che in Ghana i problemi alla tutela dei diritti civili riguardano solo alcune categorie di soggetti tra cui non rientra il ricorrente (pag.7 sentenza impugnata), ha escluso la vulnerabilità oggettiva per la situazione geopolitica del Ghana, ha dato atto di prestazioni lavorative retribuite, ma le ha ritenute da sole inidonee a dimostrare un’effettiva integrazione del richiedente nel tessuto sociale, richiamando i principi affermati dalla pronuncia di questa Corte n. 4455/2018.

A fronte di detta motivazione, da ritenersi adeguata e superiore al “minimo costituzionale” (Cfr. Cass. S.U. n. 8053/2014), il ricorrente si limita a richiamare genericamente le condizioni socio-politiche del Ghana, nonchè, diffusamente, la normativa di riferimento e pronunce di questa Corte, svolgendo deduzioni astratte, prive di concreta attinenza alla sua situazione personale. Si duole della mancata considerazione della sua integrazione sociale, senza nulla precisare sul punto e senza confutare specificamente l’iter motivazionale sopra riassunto, secondo cui, invece, non era stata dimostrata l’effettiva sua integrazione nel territorio nazionale. In mancanza di detta dimostrazione, in base a quanto accertato in fatto dalla Corte di merito e non adeguatamente censurato con il ricorso, difetta, nella specie, finanche il fattore rispetto al quale effettuare il giudizio di comparazione con le condizioni del Paese di origine (Cass. S.U. n. 29459/2019).

6. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, nulla dovendo disporsi circa le spese del giudizio di legittimità, stante l’inammissibilità della costituzione del Ministero.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2021

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