Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3882 del 19/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 3882 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: CAMPANILE PIETRO

SENTENZA
sul ricorso n. 21162 dell’anno 2006 proposto da:
COMUNE DI POZZUOLI
Elettivamente domiciliato in Roma, via M. Dionigi,
n. 57, nello studio dell’avv. Claudia De Curtis;
rappresentato e difeso, come da procura speciale a
margine del ricorso, dagli avv.ti Giovanni Allodi e
Aldo Starace.
-C…V.:000S041C
contro

ricorrente

Data pubblicazione: 19/02/2014

GRECO VINCENZA

Elettivamente domiciliata in Roma, viale del Vi-

rez; rappresentata e difesa, come da procura speciale a margine del controricorso, dall’avv. Giovanni Russo.

&ke \Ieri 41-1- 53
controricorrente

avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 1516, depositata in data 17 maggio 2005;
udita la relazione all’udienza del 28 maggio 2013
del consigliere Dott. Pietro Campanile;
.

Udite le richieste del Procuratore Generale, in
persona del Sostituto Dott. Pasquale Fimiani, il
quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
l

La Sig.ra Vincenza Greco, con atto di citazione no-

tificato in data 28 aprile 1995, conveniva il giudizio
il Comune di Pozzuoli, e, premesso che con decreto n.
13458 del 5 marzo 1988 il Sindaco dell’ente convenuto
aveva disposto l’espropriazione di un proprio appartamento sito in Pozzuoli alla via Dante Alighieri, n, 25,
da demolire in quanto danneggiato da eventi bradisismici; che alla redazione dello stato di consistenza non
aveva fatto seguito alcuna attività, tanto che il bene

gnola, n. 11, nello studio dell’avv. Gaetano Gutte-

era stato occupato e danneggiato, chiedeva che, previa
declaratoria della totale illegittimità del provvedimento suddetto, il Comune fosse condannato al risarci-

terminata dall’omissione del dovere di vigilanza da
parte dell’ente espropriante.
1.1 – Il Comune, ritualmente costituitosi, premesso che
il provvedimento adottato nell’ambito di un piano di
recupero del centro storico previsto dall’ordinanza n.
338/84 era stato annullato dal TAR della Campania con
sentenza n. 5 del 21 gennaio del 1992, eccepiva di non
esserne mai venuto in possesso, ragion per cui la pretesa era infondata.
1.2 – Con sentenza in data 11 aprile 2003 il Tribunale
di Napoli condannava il Comune convenuto al pagamento
in favore della Greco, a titolo di ristoro dei danni
cagionati dall’occupazione abusiva dell’immobile da
parte di terzi, liquidati in base agli interessi legali
sul valore dell’immobile fino alla data del rilascio,
della somma di lire 24.168.924.
1.3 – Avverso tale decisione proponeva appello il Comune di Pozzuoli, deducendo che il bene era rimasto nella
disponibilità dell’appellata; che l’immobile era inagibile e che il relativo valore andava determinato ai
sensi degli artt. 12 e 13 della 1.n. 2892 del 1885; che

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mento dei danni cagionati dall’occupazione abusiva, de-

la domanda relativa agli ulteriori interessi fino alla
liberazione dell’immobile era stata formulata solo in
comparsa conclusionale e che il Tribunale non aveva

toria della cessazione della materia del contendere.
1.4 – Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di
appello di Napoli ha rigettato il gravame e confermato
la decisione di primo grado, rilevando che la Greco,
portatrice di un interesse meritevole di tutela, aveva
subito un

danno ingiusto risarcibile ai sensi

dell’art. 2043 c.c., derivante dalla privazione del bene, consistendo la colpevolezza dell’ente territoriale
nella violazione dei doveri di custodia del bene; il
dedotto vizio di ultrapetizione veniva escluso in considerazione della natura risarcitoria della domanda,
tale da escludere la valenza di novità delle precisazioni contenute nelle conclusioni.
1.5 – Per la cassazione di tale decisione il Comune di
Pozzuoli propone ricorso, affidato a cinque motivi, illustrati da memoria, cui la Greco resiste con controricorso.
Motivi della decisione

2 – Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 153 del R.D. 4 febbraio
1915, n. 148 (ora art. 54 d.lgs. 18 agosto 2000, n.

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provveduto in merito alla propria richiesta di declara-

267) delle ordinanze ministeriali nn. 135 e nn. 338
del 1984, nonché vizio di omessa o insufficiente
motivazione su un fatto controverso e decisivo per

360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., sostenendosi
la carenza di legittimazione passiva del Comune,
per aver il Sindaco, nel dichiarare l’inagibilità
dell’immobile della Greco, agito – sulla base della
norma e dei provvedimenti richiamati – in qualità
di Ufficiale di Governo.
3 – La censura è inammissibile sotto vari profili.
In primo luogo va rilevato che il ricorrente fa riferimento, per altro in maniera del tutto generica,
richiamando semplicemente “gli atti di causa” in
totale violazione del principio di autosufficienza
del ricorso, a una dichiarazione per la tutela della pubblica e privata incolumità, laddove nella
sentenza impugnata è chiaramente indicata la soggezione del bene appartenente all’intimata a procedura espropriativa, culminata nell’emissione di decreto di esproprio n. 134598 del 5 marzo 1988.
In tal caso, mentre appare evidente la diretta responsabilità del Comune nella vicenda ablativa, non
è dato di intravedere il coinvolgimento – tramite
il Sindaco Ufficiale di Governo – della Presidenza

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il giudizio ai sensi, rispettivamente, dell’art.

del Consiglio – Protezione Civile (la vicenda, in
effetti, risulta speculare alle ipotesi in cui si è
esclusa la responsabilità del Comune per aver agito

Ufficiale di Governo: Cass., 11 gennaio 1999, n.
183; Cass., 12 aprile 2006, n. 8519; Cass., 8 giugno 2009, n. 14218; appare viceversa sovrapponibile
al caso di cui alla decisione n. 14085 del 17 giugno 2009, con la quale venne fra l’altro rigettato
il ricorso proposto in via incidentale dal Comune
di Pozzuoli).
Deve per altro rilevarsi che la questione, come
emerge dalla sentenza impugnata (pag. 4), era stata
sollevata dal Comune in primo grado all’atto della
propria costituzione: essendo stata rigettata dal
Tribunale con la condanna dello stesso Comune, non
era stata riproposta in sede di appello. Soccorre
in proposito il principio secondo cui il difetto di
legittimazione attiva o passiva, da valutarsi in
base allo schema normativo astratto al quale si riconduce il diritto fatto valere in giudizio, è questione che, pur risultando decisiva per l’esistenza
della titolarità di tale diritto, è rilevabile anche in sede di legittimità alla duplice condizione
che non si sia formata sulla sua esistenza cosa

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il Sindaco, requisendo alloggi da demolire, quale

giudicata interna (per essere stato il punto ad essa relativo oggetto di discussione e poi di decisione rimasta priva di impugnazione) e che la que-

prospettati davanti alla Corte di cassazione e,
dunque, nel rispetto dei limiti entro i quali deve
svolgersi l’attività deduttiva della parti negli
atti introduttivi del giudizio di cassazione
(Cass., 11 novembre 2011, n. 23568; v. anche Cass.,
17 luglio 2007, n. 15946).
3 – Con il secondo mezzo si denuncia violazione e
falsa applicazione degli artt. 2043, 2697, 1142 e
1143 c.c., della citata ordinanza n. 338 del 5 settembre 1984, nonché vizio di omessa, insufficiente
e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell’art.
360, primo comma, n. 5, c.p.c.: l’annullamento degli atti relativi alla procedura espropriativa,
compreso il decreto di esproprio, da parte del
T.A.R. della Campania in data 21 gennaio 1992, e
la mancata apprensione materiale del bene da parte
del Comune (in forza della normativa speciale introdotta dall’ordinanza ministeriale n. 388 del
1984) comportavano che il bene era rimasto nella
proprietà e nella disponibilità della Greco, la

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stione emerga sulla base dei fatti legittimamente

quale, pertanto, non poteva lamentare alcun concreto pregiudizio.
3.1 – Con la terza censura, sempre a sostegno della

mano le risultanze della consulenza tecnica
d’ufficio,

dalla

quale

sarebbe

emerso

che

l’immobile versava in stato di degrado ancor prima
dell’emanazione del decreto di espropriazione.
3.2 – I motivi che precedono, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.
Deve

in

proposito

rilevarsi

che

la

tesi

dell’insussistenza del pregiudizio si fonda sulla
ritenuta irrilevanza degli effetti prodotti dal decreto di occupazione, ancorché successivamente annullato: le Sezioni unite di questa Corte hanno
chiarito di recente che in tema di occupazione temporanea e d’urgenza di un immobile espropriando,
l’onere del beneficiario dell’occupazione di provare la persistenza del godimento sul bene da parte
del proprietario, al fine di escludere il diritto
all’indennità di occupazione, deve riguardare tutte
le prerogative che a questo derivino dal possesso
del bene, atteso che nel caso di godimento solo
“pro parte”, ovvero limitato ad alcune attività
soltanto, il diritto all’indennità non può essere

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dedotta assenza di un danno risarcibile, si richia-

escluso, dovendosi valutare, piuttosto, in quale
misura il godimento parziale o limitato incida sulla determinazione dell’indennità medesima (Cass., 7

sato che dopo l’adozione e l’esecuzione del provvedimento di occupazione d’urgenza, la permanenza nel
godimento del fondo del proprietario o di altri
soggetti che vantino diritti di natura reale o personale sul fondo stesso deve ascriversi a mera tolleranza della P.A., dovendosi presumere, sulla base
del verbale di consistenza e di immissione in possesso, salva prova contraria, che il beneficiario
del provvedimento di occupazione si sia effettivamente impossessato dell’immobile e che il proprietario e gli eventuali altri aventi diritto al godimento del fondo siano consapevoli dell’avvenuto loro spossessamento (Cass., 9 ottobre 2012, n. 17192).
3.3 – Con riferimento, poi, alla fattispecie in
esame, deve osservarsi che l’argomento dell’ente
ricorrente, secondo cui l’annullamento del piano di
recupero, comportando, con efficacia retroattiva,
la caducazione del decreto di esproprio, con conseguente insussistenza di qualsiasi pregiudizio, per
non avere la Greco mai perduto la titolarità del
bene, né la sua disponibilità, attinge significati-

9

agosto 2009, n. 18077). E’ stato di recente preci-

vi profili di inammissibilità, in quanto non viene
in alcun modo censurata la complessa “ratio decidendi” della decisione impugnata, che, movendo dai

cisione n. 500 del 1999, ha nella specie ravvisato
la lesione dell’interesse oppositivo della Greco in
relazione alla illegittimità dell’atto (piano di
recupero e, quindi, decreto di esproprio), incontrovertibile proprio in virtù dalla decisione amministrativa invocata nel ricorso, ed ha ritenuto,
quindi, che ricorressero gli estremi dell’illecito
aquiliano di cui all’art. 2043 c.c., in relazione
alla violazione, da parte della P.A., delle regole
di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione (cfr„ in proposito, Cass., 10 gennaio
2003, n. 157; Cass., 10 febbraio 2005, n. 2705).
Né risulta adeguatamente criticata l’affermazione
della corte territoriale – rilevante anche ai fini
della determinazione della durata del pregiudizio secondo cui, prescindendo dall’instaurazione di un
rapporto di fatto dell’espropriante con il bene,
“la liquidazione dei danni prescinde da tale dato
fattuale e va effettuata tenendo conto
dell’interesse oppositivo e dell’occupazione abusiva dell’immobile ad opera di terzi”. Sotto

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principi affermati da questa Corte con la nota de-

quest’ultimo profilo, rilevato che “l’immobile della Greco è stato abusivamente occupato da tale Ricci Lucia (ed è stato rilasciato il 20 novembre

al riguardo siano stati avanzati rilievi, che alla
P.A., in virtù dell’acquisizione della disponibilità giuridica del bene derivante dal decreto di
esproprio, “spetta il compito di vigilanza al fine
di evitare intromissione di terzi nell’immobile”.
Anche tale “ratio decidendi” non risulta scalfita
dalle deduzioni del ricorrente, non essendo con
essa contrastante la documentazione richiamata dal
Comune nel secondo motivo del ricorso in esame.
3.4 – Il riferimento, poi, alla stato di degrado
dell’immobile, quale desumibile dalla consulenza
tecnica d’ufficio, oltre a riguardare una questione
che non risulta sottoposta al giudice del merito,
non incide sulla liquidazione del pregiudizio operata dal giudice del merito, e rapportata, in relazione al concreto periodo di privazione

(recte, li-

mitazione) del diritto di proprietà, al saggio legale degli interessi sul valore legale del bene.
4 – Il quarto motivo, con il quale si deduce violazione degli artt. 112 c.p.c., 2043 e 2697 c.c.,
nonché vizio motivazionale, per non aver la Corte

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2001″, la Corte di appello ha richiamato, senza che

.k

,

d’appello accolto la censura inerente alla tardività della domanda risarcitoria, proposta in primo
grado solo in comparsa conclusionale, in merito al

ne del pregiudizio (id est: fino alla liberazione
effettiva dell’immobile) è in parte inammissibile
ed in parte infondato. Da un lato, infatti, esso
appare del tutto carente sotto il profilo
dell’autosufficienza del ricorso (non essendosi riportato il tenore della domanda originariamente
formulata dalla Greco), dall’altro impinge contro
il principio secondo cui non incorre nel vizio di
ultrapetizione il giudice che, anche senza una specifica domanda della parte, le attribuisca il risarcimento dei danni non patrimoniali di cui essa
risulti aver sofferto in conseguenza del fatto illecito costituente reato posto a fondamento della
sua domanda di risarcimento di danni, la quale salva espressa specificazione – deve ritenersi comprensiva di tutti i danni (Cass., 8 maggio 2007, n.
10441).
5 – La quinta censura, relativa alla violazione
dell’art. 5 bis, comma 7 bis della l. n. 359 del
1992, nonché a vizio motivazionale, oltre ad essere
superata dalla intervenuta declaratoria di illegit-

periodo da considerarsi ai fini della determinazio-

timità costituzionalità di tale norma con le note
decisioni nn. 348 e 349 del 2007 della Corte costituzionale, si fonda su erronee valutazioni attri-

via indicare in quali termini e con quale atto processuale siano stati avanzati rilievi critici, davanti al giudice del merito, in merito alle conclusioni peritali: con orientamento costante questa
Corte ha affermato che non incorre nel vizio di carenza di motivazione la sentenza che recepisca “per
relationem” le conclusioni e i passi salienti di
una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di
cui dichiari di condividere il merito; pertanto,
per infirmare, sotto il profilo dell’insufficienza
argomentativa, tale motivazione è necessario che la
parte alleghi le critiche mosse alla consulenza
tecnica d’ufficio già dinanzi al giudice “a quo”,
la loro rilevanza ai fini della decisione e l’omesso esame in sede di decisione. Al contrario, una
mera disamina, corredata da notazioni

critiche,

dei

vari passaggi dell’elaborato peritale richiamato in
sentenza, si risolve nella mera prospettazione di
un sindacato di merito, inammissibile in sede di
legittimità

(Cass., 4 maggio 2009, n. 10222; Cass., 6

settembre 2007, n. 18688).

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buite al consulente tecnico d’ufficio, senza tutta-

6 – In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali, che si liquidano come in dispo-

P. Q. M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il Comune
ricorrenti al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, liquidate in 2.700,00, di cui 2.500,00 per compensi,
oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, il 28 maggio 2013.
Il Presidente
-3) Ap

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