Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3882 del 16/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 16/02/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 16/02/2021), n.3882

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9463-2020 proposto da:

T.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ALESSANDRO DI PALMA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1735/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 29/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE

PARISE.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con sentenza n. 1735/2019 pubblicata il 29-11-2019 la Corte D’Appello di Brescia ha respinto l’appello proposto da T.M., cittadino del Senegal, avverso l’ordinanza del Tribunale di Brescia che aveva rigettato la sua domanda avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, all’esito del rigetto, da parte della competente Commissione Territoriale, della correlata domanda amministrativa. La Corte d’appello ha ritenuto verosimili le vicende personali narrate dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito dal suo Paese perchè era entrato in contrasto, per ragioni legate alla proprietà dei suoi genitori, con il suo fratellastro, il quale aveva minacciato di morte il richiedente, dopo aver saputo che era stato dallo stesso denunciato per l’incendio appiccato al suo alloggio. La Corte territoriale ha rilevato che le circostanze allegate non integravano atti persecutori, ma una questione privata e il richiedente non aveva, per sua stessa ammissione, chiesto la protezione della Polizia. La Corte territoriale ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento di ogni forma di protezione, non ravvisando alcun profilo di vulnerabilità, avuto anche riguardo alla situazione generale e geo-politica del Senegal, descritta nella sentenza impugnata con indicazione delle fonti di conoscenza, essendo quello Stato tra i più progrediti dell’Africa.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

3. I motivi di ricorso sono così rubricati: 1. “Errores in iudicando. Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6”; 2. “Errores in iudicando. Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5,6,7,8 e 14. Status di rifugiato e protezione sussidiaria (art. 360 c.p.c., n. 3)”; 3. “Errores in iudicando. Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (art. 360 c.p.c., n. 3)”; 4. “Errores in iudicando. Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e art. 27, comma 1 bis. Omessa istruttoria ex officio (art. 360 c.p.c., n. 3)”; 5. “Errores in procedendo. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5)”. Con i motivi primo, terzo e quinto, il ricorrente, nel dolersi del diniego della protezione umanitaria, deduce che il suo rientro in Senegal interromperebbe il percorso di vita ormai migliorativo e stabile intrapreso in Italia, che nel suo Paese sussiste una situazione di violenza, insicurezza e violazione di diritti umani e che egli è soggetto vulnerabile. Afferma che la Corte territoriale ha errato nel ritenere non credibile la vicenda narrata (quinto motivo) e non ha considerato le violenze dallo stesso subite, la diffusa insicurezza del suo Paese, la sua integrazione socio-culturale e la prestazione di attività lavorativa, documentata. Con i motivi secondo e quarto, il ricorrente, nel dolersi del mancato riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, deduce che la Corte d’appello non ha tenuto conto della vicenda persecutoria personale dettagliatamente narrata in sede di audizione e dell’attuale peggioramento del quadro socio-politico del Paese di origine, nonchè rileva che l’istruttoria giudiziale era stata superficiale ed inadeguata, senza valutazione delle Coi più aggiornate, (sito viaggiare sicuri e rapporto Amnesty 2016-2017 e 2017-2018 che allega al ricorso), da cui risulta una forte instabilità determinata da emergenza terrorismo per azioni sovversive e criminali di gruppi armati o tribali o fazioni politiche nel Maghreb islamico, nonchè emergenza umanitaria, sanitaria ed ambientale, oltre a gravissimi disagi alimentari, situazioni che assume rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione internazionale o quantomeno di quella umanitaria. Richiama giurisprudenza di merito (Trib. Salerno e Trib. Venezia del 2017) a sostegno dell’accertamento di conflitto armato nel Casamance.

4. In via pregiudiziale, va dichiarata l’inammissibilità della costituzione dell’intimato Ministero dell’interno, tardivamente effettuata con un atto denominato “atto di costituzione”, non qualificabile come controricorso, sostanziandosi il relativo contenuto nella mera dichiarazione di costituirsi in giudizio “con il presente atto al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1 c.p.c.”. Risulta, infatti, in tal modo, violato il combinato disposto di cui all’art. 370 c.p.c. e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, in base ai quali il controricorso deve, a pena di inammissibilità, contenere l’esposizione dei motivi di diritto su cui si fonda, costituendone requisito essenziale (v. Cass., 13/3/2006, n. 5400). Anche nell’ambito del procedimento camerale di cui all’art. 380 bis.1 c.p.c. (introdotto dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis convertito con modificazioni dalla L. n. 196 del 2016), alla parte contro cui è diretto il ricorso, che abbia depositato – come nel caso di specie – un atto non qualificabile come controricorso, in quanto privo dei requisiti essenziali previsti dagli artt. 370 e 366 c.p.c., nel periodo che va dalla scadenza del termine per il deposito del controricorso alla data fissata per la discussione del ricorso per cassazione è preclusa, pertanto, qualsiasi attività processuale, sia essa diretta alla costituzione in giudizio o alla produzione di documenti e memorie ai sensi degli artt. 372 e 378 c.p.c. (cfr. Cass., 18/04/2019, n. 10813; Cass., 25/09/2012, n. 16261; Cass., 09/03/2011, n. 5586).

5. I motivi primo, terzo e quinto motivo, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

5.1. Il ricorrente censura la statuizione di diniego della protezione umanitaria svolgendo una generica critica al percorso argomentativo di cui alla sentenza impugnata, senza confrontarsi specificamente con la motivazione.

La Corte d’appello ha affermato che la vicenda privata narrata (minacce di morte ricevute dal fratellastro che aveva denunciato per l’incendio), pur verosimile, non si configura come persecuzione, nè integra un fattore di vulnerabilità, rimarcando che il richiedente non ha chiesto protezione delle Autorità del suo Paese, che può ottenere, dato che il Senegal è uno Stato tra i più progrediti dell’Africa.

Il ricorrente si duole del giudizio di non credibilità, invece la narrazione è stata ritenuta credibile, ma irrilevante. La situazione generale e astratta del Paese di origine, ai fini dell’umanitaria, non rileva, se manca qualsiasi individualizzazione (Cass. S.U. n. 29459/2019), come nella specie.

La Corte di merito ha esaminato anche il fattore di integrazione in Italia ed ha effettuato la comparazione con la situazione in cui il richiedente si troverebbe in caso di rimpatrio, rimarcando, da un lato, l’insussistenza di effettivo suo radicamento nel territorio nazionale, dato che l’attività di lavoro svolta era a tempo determinato e con stipendio assai esiguo, e, dall’altro, l’esistenza di suoi legami familiari (moglie e figli) in Senegal, dove aveva lavorato come muratore e aiutante di camionisti.

Il ricorrente, anche in ordine a tali assunti, non prende specifica posizione, ma si limita a svolgere deduzioni generiche e astratte, prive di attinenza alla sua situazione personale.

6. I motivi secondo e quarto, concernenti il diniego del rifugio e della protezione sussidiaria, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

6.1. Quanto alla rilevanza della vicenda personale, va ribadito quanto già esposto nei paragrafi che precedono, ossia che il ricorrente non censura la ratio decidendi del diniego di rifugio e della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) ma si limita a richiamare diffusamente la normativa di riferimento senza criticare specificamente le ragioni del rigetto esplicitate nella sentenza impugnata (le minacce subite dal fratellastro non integrano persecuzione e il ricorrente può ottenere protezione dal suo Paese, ma non l’ha chiesta).

6.2. Quanto alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità, il ricorrente ha l’onere di allegare la situazione di rilevanza per la concessione della protezione di cui trattasi e, se detto onere non è adempiuto, il giudice non è tenuto all’accertamento d’ufficio D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8 (Cass. 11312/2019; Cass. 19224/2020). Nel caso concreto, non risulta dalla sentenza, nè è detto nel ricorso, che il ricorrente abbia allegato, in appello, una situazione di violenza indiscriminata, al di là della vicenda privata narrata, risolvibile con ricorso alla giustizia ordinaria, secondo quanto accertato dai Giudici di merito. Peraltro anche nel ricorso l’unico riferimento alla violenza indiscriminata si rinviene nell’illustrazione dell'”emergenza terrorismo”, con richiamo di informazioni che si assumono tratte dal sito viaggiare sicuri del Ministero degli Esteri e rapporti di Amnesty International 2017/2018, ma che, in base al contenuto esposto in ricorso, sono riferite al Maghreb islamico, e non alla regione del Casamance, da cui proviene il ricorrente.

Sotto ulteriore profilo, va osservato che l’istruttoria in ordine alla situazione del Senegal è stata in ogni caso espletata dalla Corte di merito, con indicazione della fonte di conoscenza (pag. n. 5 e 6 sentenza), sicchè è insussistente la denunciata violazione dell’obbligo di cui al citato art. 8.

Inoltre il ricorrente si duole dell’asserita inadeguatezza dell’attività istruttoria ufficiosa, così censurando, inammissibilmente, un accertamento di merito adeguatamente motivato (Cass. n. 30105/2018), e, ancora una volta, senza specificamente confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata, secondo la quale il Senegal è il Paese tra i più progrediti dell’Africa e il conflitto nella regione del Casamance è cessato dal 2014.

7. In conclusione, il ricorso va rigettato, nulla dovendo disporsi circa le spese del giudizio di legittimità, stante l’inammissibilità della costituzione del Ministero.

8. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2021

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