Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3880 del 18/02/2010

Cassazione civile sez. un., 18/02/2010, (ud. 19/01/2010, dep. 18/02/2010), n.3880

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Primo Presidente f.f. –

Dott. PREDEN Roberto – Presidente di Sezione –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20301/2009 proposto da:

B.V. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

APPIO CLAUDIO 289, presso lo studio dell’avvocato GERMANI GIANCARLO,

che lo rappresenta e difende, per delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE, CONSIGLIO

DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI PARMA;

– intimati –

avverso la decisione n. 27/2009 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE,

depositata il 04/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2010 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;

udito l’Avvocato Vitaliano BACCHI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PIVETTI Marco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’avv. B. propone ricorso avverso la decisione con la quale il CNF, in parziale riforma della decisione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Parma, lo ha condannato alla sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dall’attività professionale per la durata di mesi tre.

Il ricorso è svolto in quattro motivi. Non si difendono gli intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Infondato è il primo motivo con il quale il ricorrente censura la violazione di norme che disciplinano il rito penale, nonchè del diritto alla difesa dell’incolpato, con riferimento all’avvenuta audizione, da parte del Consiglio dell’Ordine nella fase precedente all’apertura del procedimento disciplinare, del soggetto che aveva proposto esposto contro il professionista.

A conferma della decisione impugnata, occorre pronunciare il principio secondo cui: in tema di procedimento disciplinare a carico di avvocato innanzi al Consiglio dell’Ordine, non comporta violazione del diritto di difesa dell’incolpato la circostanza che, nella fase anteriore all’apertura del procedimento stesso, il Consiglio proceda, in assenza dell’incolpato, all’audizione del soggetto che ha prodotto un esposto a suo carico, al fine di chiarire e confermare il contenuto dell’esposto stesso, quando (come s’è verificato nella specie) l’esponente venga poi risentito nel corso del procedimento disciplinare nella piena garanzia del diritto di difesa dell’incolpato.

2. – Il secondo motivo censura la decisione del CNF laddove risulta affermato che il professionista è stato sottoposto a sanzione per avere consumato con la propria cliente una relazione sentimentale che avrebbe dovuto, invece, indurlo ad astenersi da un’opera professionale che lo vedeva coinvolto ad altri livelli. Sostiene il ricorrente che l’art. 35 del codice deontologico forense impone all’avvocato di astenersi dallo stabilire con l’assistito rapporti di natura economica, patrimoniale o commerciale ma non di natura sentimentale, individuando, dunque, nella pronunzia un eccesso di potere disciplinare.

Il terzo motivo – concernente il capo d’incolpazione relativo alla richiesta di compensi sproporzionati rispetto alle prestazioni effettuate – censura la decisione nei punti in cui ha affermato: che la parcella oggetto di addebito viola il principio d’inderogabilità dei massimi tariffari e la norma che ne prevede la superabilità solo previo parere del competente Consiglio dell’Ordine; che il professionista non ha prodotto elementi che potessero dar prova dello spessore del suo intervento; che il Tribunale (sebbene con sentenza non definitiva) ha respinto la domanda dell’incolpato tesa al pagamento della parcella contestata.

Il quarto motivo censura il provvedimento impugnato per “eccesso di potere disciplinare costituito dall’illegittima ed inammissibile considerazione della condotta dell’incolpato nell’opera di convincimento dell’amante, madre della giovane anoressica, circa la scelta fra l’internamento manicomiale voluto dal padre naturale e l’autonoma costituzione da parte della figlia di una didattica computazionale per la spontanea riorganizzazione della esperienza alimentare, in alternativa al ricovero in casa di cura per malattie mentali”. Secondo il ricorrente la pronunzia sarebbe anche dalla “insufficiente cognizione scientifica della didattica computazionale… e della sua priorità rispetto ogni altro metodo nella riattivazione della funzione logica utile all’apprendimento del calcolo tabulare alimentare”. Il motivo contiene la trascrizione di messaggi e lettere scritte dalla figlia della cliente al professionista, nonchè alcune considerazioni concernenti il merito della controversia.

Riguardo a questi tre motivi in trattazione occorre ribadire il principio, costituente ormai patrimonio consolidato della giurisprudenza di questa Corte, in ragione del quale: “Poichè le decisioni del Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare sono impugnabili dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di cassazione (ai sensi del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 56, comma 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 gennaio 1934, n. 36) soltanto per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, l’accertamento del fatto, l’apprezzamento della sua rilevanza rispetto alle imputazioni, la scelta della sanzione opportuna e, in generale, la valutazione delle risultanze processuali non possono essere oggetto di controllo in sede di legittimità, salvo che si tra-ducano in palese sviamento di potere (ossia nell’uso del potere disciplinare per un fine diverso da quello per il quale è stato conferito e denotato dal carattere dell’irragionevolezza), atteso che l’apprezzamento della rilevanza dei fatti rispetto alle incolpazioni appartiene alla esclusiva competenza dell’organo disciplinare” (Cass. sez. un. 23 marzo 2007, n. 7103; 28 settembre 2007, n. 20360).

Il principio comporta che devono essere dichiarate inammissibili le censure con le quali il ricorrente esplicitamente censura il vizio di motivazione del provvedimento impugnato. Per il resto, occorre rilevare che il provvedimento stesso non contiene nè violazioni di legge (le quali, peraltro, non sono neppure specificamente censurate nel ricorso), nè manifestazioni di palese sviamento di potere o di irragionevolezza, posto che l’organo disciplinare ha esercitato legittimamente e ragionevolmente la funzione disciplinare, attraverso una complessa serie di coerenti argomentazioni che concludono per la scorrettezza deontologica denotata dal coinvolgimento del professionista nella sfera privata della cliente ed in particolare nei rapporti con una minorenne.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto. La Corte è esonerata dal provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, in considerazione della mancata difesa dell’intimato Consiglio dell’Ordine.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2010

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