Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3880 del 16/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 16/02/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 16/02/2021), n.3880

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26655-2019 proposto da:

P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZZA DEI MARTIRI

BELFIORE, 4, presso lo studio dell’avvocato LUCREZIA RICCIO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI DI COSTANZO;

– ricorrente –

contro

A.B.;

– intimata –

avverso il decreto n. R.G. 1630/2018 della CORTE D’APPELLO di sto

dalla legge NAPOLI, depositato il 15/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE

PARISE.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con provvedimento pubblicato l’8-7-2019 il Tribunale di Napoli, accogliendo parzialmente la domanda di P.S., a modifica di quanto previsto nella sentenza di divorzio n. 11687/2010 dello stesso Tribunale, riduceva a Euro1.500 mensili l’assegno già fissato in Euro 1.600 a carico del P., quale contributo al mantenimento del figlio S., nonchè ad Euro 100 mensili l’assegno divorzile, già fissato in Euro200 mensili, a favore di A.B..

2. La Corte d’appello di Napoli, con decreto pubblicato il 15.2.2019, ha rigettato il reclamo proposto da P.S. avverso il suddetto provvedimento del Tribunale di Napoli.

2. Avverso detto decreto P.S. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. A.B. è rimasta intimata.

3. Con il primo motivo il ricorrente denuncia “violazione e/o errata applicazione dell’art. 342 c.p.c.. Vizio di ultra petizione ovvero violazione dell’effetto devolutivo dell’appello”. Dopo aver richiamato pronunce di questa Corte sull’interpretazione dell’art. 342 c.p.c. e i principi in tema di effetto devolutivo dell’appello, deduce il ricorrente che con la sentenza di primo grado era stato accertato che il suo reddito da lavoro si era significativamente ridotto, siffatto capo del decreto non era stato oggetto di gravame in appello ed era passato in giudicato. Deduce che la Corte territoriale ha riformato la decisione del Tribunale sul punto, ritenendo inattendibili le dichiarazioni dei redditi del ricorrente e affermando che non vi fosse prova della riduzione della sua capacità reddituale. Ad avviso del ricorrente, la Corte d’appello ha pronunciato su questioni non devolute, riformando un capo della decisione passato in cosa giudicata e incorrendo in grave violazione di legge.

3.1. Con il secondo motivo denuncia “Omessa, insufficiente, errata e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”. Deduce il ricorrente che erroneamente la Corte territoriale non ha attribuito rilevanza alla circostanza che le tre unità immobiliari di proprietà del P. fossero state da egli acquistate in epoca anteriore al divorzio e quindi non costituissero circostanza sopravvenuta idonea a compensare la riduzione della capacità reddituale. Ad avviso del ricorrente la Corte d’appello non ha motivato in maniera esaustiva e dettagliata circa la ritenuta irrilevanza del suddetto grave errore di fatto e di diritto compiuto dal Tribunale, mentre avrebbe dovuto tenersi conto solo della contrazione del reddito del ricorrente, unica circostanza sopravvenuta e nuova.

4. In via preliminare, occorre dare atto che la notificazione del decreto di fissazione dell’udienza camerale e della proposta del relatore all’indirizzo PEC del difensore di fiducia dell’odierno ricorrente è idonea, pur in mancanza di tempestiva comunicazione al domiciliatario, a dare per assolti gli obblighi di cui all’art. 380-bis c.p.c., dovendo ritenersi che all’eventuale elezione di domicilio in Roma, ex art. 366 c.p.c., comma 2, non consegua un diritto a ricevere le comunicazioni esclusivamente in quel luogo (arg. ex Cass. n. 20625/2017), consentendo l’art. 366 c.p.c., cit., le notificazioni in via alternativa al domicilio eletto e all’indirizzo PEC (Cass. n. 5457/2014; Cass.n. 12876/2018).

5. Il primo motivo è manifestamente infondato.

5.1. La giurisprudenza più recente di Corte ha chiarito, esprimendo un orientamento a cui il Collegio intende dare continuità, che, ai finì della selezione delle questioni, di fatto o di diritto, suscettibili di devoluzione e, quindi, di giudicato interno se non censurate in appello, la locuzione giurisprudenziale “minima unità suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno” individua la sequenza logica costituita dal fatto, dalla norma e dall’effetto giuridico, ossia la statuizione che affermi l’esistenza di un fatto sussumibile sotto una norma che ad esso ricolleghi un dato effetto giuridico. Ne consegue che, sebbene ciascun elemento di detta sequenza possa essere oggetto di singolo motivo di appello, nondimeno l’impugnazione motivata anche in ordine ad uno solo di essi riapre la cognizione sull’intera statuizione (Cass. n. 2217/2016 e Cass. n. 24783/2018; Cass. n. 10760/2019).

5.2. Alla stregua di detti principi, la significativa riduzione dei redditi da lavoro del ricorrente, sulla quale egli assume essersi formato il giudicato, è un fatto, non un autonomo capo di decisione, e non è in alcun modo configurabile come minima unità suscettibile di passare in giudicato nel senso precisato, sicchè non ricorre il vizio di ultrapetizione, nè la violazione dell’art. 342 c.p.c. per giudicato interno.

6. Il secondo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.

6.1. Sotto un primo profilo, occorre rilevare che il ricorrente svolge la censura sub specie di vizio motivazionale formulandola, inammissibilmente, secondo il paradigma previgente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ossia anteriore alla novella del 2012 (cfr. Cass. S.U. n. 8053/2014 e successive conformi).

Sotto ulteriore duplice profilo, non solo la motivazione del decreto impugnato è adeguata e superiore al “minimo costituzionale” (cfr. Cass. S.U. n. 8053/2014 citata e successive conformi), ma la doglianza non si confronta con la suddetta motivazione. La Corte di merito, affrontando specificamente la questione della titolarità degli immobili in capo all’ex marito e della sopravvenienza di rendite locatizie, nonchè ritenendo motivatamente inattendibili le sue dichiarazioni dei redditi (pag.2 decreto), ha affermato di aver considerato le rendite locatizie e gli immobili acquistati dall’odierno ricorrente perchè inseriti nelle sue dichiarazioni dei redditi successive al divorzio. Dette affermazioni non sono specificamente censurate, svolgendo il ricorrente deduzioni non attinenti al suddetto percorso argomentativo, e dolendosi, in buona sostanza e inammissibilmente, dell’errata valutazione delle risultanze probatorie.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, nulla dovendosi disporre in ordine alle spese di lite, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimata.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2021

 

 

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