Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 388 del 11/01/2011

Cassazione civile sez. un., 11/01/2011, (ud. 26/10/2010, dep. 11/01/2011), n.388

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente di Sezione –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 27625/2009 proposto da:

A.C. AREZZO S.P.A. ((OMISSIS)), in persona del Presidente pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO MESSICO 7, presso

lo studio dell’avvocato TEDESCHINI Federico, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati GIAMMARIA PIERLUIGI, PESCE GIOVANNI,

per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONI – COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO ((OMISSIS)), in

persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA G. PISANELLI 2, presso lo studio dell’avvocato ANGELETTI

Alberto, che lo rappresenta e difende, per delega a margine del

controricorso;

F.I.G.C. – FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO, in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA

58, presso lo studio degli avvocati MEDUGNO LUIGI, MAZZARELLI

LETIZIA, che la rappresentano e difendono unitamente all’avvocato

GALLAVOTTI MARIO, per delega a margine del controricorso;

LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI ((OMISSIS)), in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CIMAROSA 18, presso lo studio dell’avvocato STINCARDINI RUGGERO, che

la rappresenta o difende, per delega in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

SPEZIA CALCIO S.R.L., CAMERA DI CONCILIAZIONE E ARBITRATO PER LO

SPORT PRESSO IL C.O.N.I. – STADIO OLIMPICO – CURVA SUD – GATE 23,

A.C. CESENA S.P.A., U.S. TRIESTINA CALCIO S.R.L.;

– intimati –

avverso la decisione n. 5782/2008 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 25/11/2008;

uditi gli avvocati Giovanni PESCE, Letizia MAZZARELLI, Alberto

ANGELETTI, Luigi MEDUGNO in proprio e per delega dell’avvocato

Ruggero Stincardini;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/10/2010 dal Consigliere Dott. SAVERIO TOFFOLI.

Fatto

MOTIVI

Il Consiglio di Stato con decisione depositata il 25.11.2008, in accoglimento di appello incidentale proposto contro la sentenza del TAR del Lazio di rigetto nel merito, ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado proposto dalla società sportiva A.C. Arezzo s.p.a., con cui questa società aveva impugnato, chiedendo anche il risarcimento del danno, le decisioni intervenute davanti alle corti della giustizia sportiva e culminate con il lodo della Camera arbitrale, che aveva sancito per l’Arezzo la penalizzazione di 6 punti in classifica nel campionato di calcio di serie B, stagione 2006-2007, penalizzazione rivelatasi decisiva per la retrocessione della squadra dalla serie B alla serie C. Al fine di esaminare la questione pregiudiziale di difetto di giurisdizione riproposta dalla F.I.G.C., il Consiglio di Stato preliminarmente ha osservato che la controversia aveva ormai ad oggetto soltanto il risarcimento del danno inerente alle conseguenze della penalizzazione subita: ciò perchè, come era pacifico, gli atti impugnati avevano determinato effetti irreversibili, sicchè la loro legittimità veniva in rilievo solo in via indiretta, al fine di decidere sulla domanda risarcitoria proposta.

Tanto premesso, il giudice amministrativo ha ritenuto più aderente al tenore del testo normativo l’interpretazione del D.L. n. 220 del 2002, conv. in L. n. 280 del 2003 (c.d. “salva calcio”), relativo ai rapporti tra l’ordinamento sportivo e quello statale, secondo cui l’autonomia dell’ordinamento sportivo opera anche per le controversie c.d. disciplinari, nonostante la loro frequente indiretta incidenza patrimoniale. Quanto ai dubbi di costituzionalità formulabili rispetto a tale interpretazione, ha rilevato che essi non erano rilevanti nella controversia in esame, dovendosi ritenere che le norme sulla salvaguardia dell’ordinamento sportivo non precludano lo scrutinio in via incidentale e indiretta nella sede giurisdizionale della legittimità degli atti della giustizia sportiva disciplinare al fine di decidere sulle domande risarcitorie, peraltro non proponibili davanti alla giustizia sportiva.

Ad un’interpretazione costituzionalmente orientata in tal senso non osta il testo dell’art. 2 del D.L. cit., che non fa riferimento alle controversie risarcitorie, e, d’altra parte, il successivo art. 3 prevede che, esauriti i gradi della giustizia sportiva, e ferma restando la giurisdizione del g.o. sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia è devoluta alla giurisdizione esclusiva del g.a., mentre l’art. 1, nel sancire il principio dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, fa salvi “i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo”.

L’atto fonte di danno, in caso di mancato annullamento della sanzione sportiva, è individuabile nella decisione che esaurisce i gradi della giustizia sportiva e nella specie risiedeva nella decisione del Collegio arbitrale istituito presso la Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport. Doveva tenersi presente, però, che nel caso in esame tale decisione aveva la natura giuridica di un vero e proprio lodo arbitrale rituale – benchè in genere le decisioni di tale Collegio siano qualificabili come decisione di ultima istanza della giustizia sportiva -, tenuto presente, da un lato, che le penalizzazioni di classifica non sono arbitrabili ai sensi dell’art. 27.3. dello Statuto federale all’epoca vigente e, dall’altro, in ragione dell’esistenza di un accordo compromissorio di cui si dava atto nelle premesse del lodo.

Tanto premesso, il Consiglio di Stato qualificava come inammissibile il ricorso davanti alla giustizia amministrativa per il fatto che nei confronti di detto lodo non erano state spiegate censure riconducibili ad alcuna delle tipologie di vizi deducibili ex art. 829 c.p.c., rispetto alle pronunce arbitrali.

Contro detta decisione l’A.C. Arezzo s.p.a. propone ricorso per cassazione in riferimento agli artt. 360 e 362 c.p.c..

Resistono con controricorso il CONI, la FIGC, la Lega Nazionale Professionisti. Sono stati intimate anche la Camera di conciliazione a arbitrato per lo sport presso il CONI, la A.C. Cesena s.p.a., la U.S. Triestina Calcio s.r.l. e la Spezia Calcio s.r.l.

Nell’ambito del procedimento camerale introdotto da relazione scritta ex art. 380 bis c.p.c., l’A.C. Arezzo e il CONI hanno depositato memoria.

Il primo motivo di ricorso denuncia violazione dei limiti esterni della giurisdizione per omessa pronuncia sulla domanda risarcitoria formulata dall’Arezzo Calco s.p.a..

Il secondo motivo denuncia sotto altro profilo violazione dei limiti esterni della giurisdizione, in relazione al D.L. n. 220 del 2003, artt. 2 e 3 e della L. n. 1034 del 1971, art. 7, comma 3. Si critica la decisione impugnata per avere ritenuto sussistente una giurisdizione amministrativa solo in via incidentale e indiretta svolte sanzioni disciplinari sportive ai fini della cognizione della medesima giurisdizione sulla domanda risarcitoria, dovendosi ritenere invece che la giurisdizione statale sulla richiesta di risarcimento sussiste in quanto sussiste la giurisdizione statale sulla domanda di annullamento degli atti fonte di danno. Peraltro la giurisdizione amministrativa nella specie derivava anche dal fatto che era impugnata la stessa norma regolamentare in tema di “responsabilità presunta” delle società sportive, alla base dell’irrogazione della sanzione.

Il ricorso è qualificabile come inammissibile per un duplice ordine di ragioni.

Da un punto di vista formale deve osservarsi che nella specie è applicabile ratione temporis l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006. Rileva quindi la mancata formulazione di quesiti di diritto a conclusione dell’esposizione dei due motivi di ricorso. Tale adempimento, richiesto a pena di inammissibilità, deve ritenersi applicabile anche al ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione contro le decisioni dei giudici speciali e, in particolare, del Consiglio di Stato (Cass. S.U. n. 7528/2007, 12645/2008, 19348/2008). Nè le rubriche dei motivi hanno un contenuto idoneo a far loro integrare la funzione del quesito di diritto, come prospettato nella memoria della ricorrente; tanto meno sono ravvisatoli conclusioni dei motivi o del ricorso svolgenti tale funzione.

Da un punto di vista sostanziale deve osservarsi che con la decisione impugnata il giudice amministrativo, dopo avere rilevato che il sostanziale oggetto del contendere era rappresentato solo dalla domanda risarcitoria, in effetti non ha declinato la propria giurisdizione al riguardo, come evidenziato dalla precedente narrativa.

Infine, non può darsi rilievo al radicale mutamento delle doglianze introdotto in sede di memoria, con la quale si sostiene che il giudice amministrativo abbia erroneamente esercitato la sua giurisdizione, in luogo del giudice ordinario, in relazione all’impugnativa del lodo conclusivo di un arbitrato rituale.

Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio vengono regolate in base al criterio legale della soccombenza in favore delle parti controricorrenti.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente rimborsare le spese del giudizio alle parti controricorrenti CONI, FIGC e la Lega Nazionale Professionisti, liquidate per ciascuna di esse in Euro duecento per esborsi ed Euro tremila per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A. secondo legge.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2011

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