Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3877 del 17/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 17/02/2011, (ud. 17/12/2010, dep. 17/02/2011), n.3877

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

S.M. (OMISSIS) SAMOVA SAS DI SANTI MORENO E C,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MARIANNA DIONIGI 57, presso lo

studio dell’avvocato ANTONINI Claudio, rappresentati e difesi

dall’avvocato MENSI MICHELE, giusta mandato in calce alla citazione

di 1^ grado;

– ricorrenti –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati MARITATO LELIO, ANTONINO SGROI, LUIGI CALIULO, giusta

mandato speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 204/2009 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del

10/02/09, depositata il 13/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. MASSIMO FEDELI.

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380-bis.

La Corte d’appello di Firenze, confermando la sentenza di primo grado, riteneva inammissibile l’opposizione a cartella esattoriale proposta nei confronti dell’Inps da S.M. e dalla s.a.s.

SAMOVA in ragione del mancato rispetto del termine di quaranta giorni per l’opposizione a cartella esattoriale previsto dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5.

Il M. e la suindicata societa’ ricorrono per cassazione.

L’Inps resiste con controricorso.

Il ricorso, che denuncia falsa applicazione di norma di diritto e, specificamente, del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, sostiene, che decorso il termine in questione, attribuisce alla cartella efficacia esecutiva, ma preclude l’impugnazione nel merito dell’accertamento a cui la cartella si riferisce.

L’impugnazione e’ qualificabile come manifestamente infondata in riferimento all’ormai consolidatosi orientamento di questa Corte, secondo cui “In tema di riscossione mediante iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, il termine per proporre opposizione alla pretesa contributiva, fissato dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24 in quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento onde consentire l’instaurazione di un vero e proprio processo di cognizione per l’accertamento della fondatezza della pretesa dell’ente, deve ritenersi perentorio, perche’ diretto a rendere non piu’ contestabile il credito contributivo, in caso di omessa tempestiva impugnazione, ed a consentirne una rapida riscossione. Ne deriva che l’estinzione del giudizio di opposizione alla cartella esattoriale determina l’incontestabilita’ della pretesa contributiva e ne preclude il riesame del merito in un diverso giudizio.” (Cass. 17978/2008, 2825/2009,14692/2007, 4506/2007).

Deve peraltro ricordarsi che la Corte costituzionale con l’ordinanza n. 111 del 2007 ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimita’ costituzionale della disposizione in questione in riferimento all’art. 111 cost., comma 2, rilevando che, “da un lato, non e’ irragionevole la scelta del legislatore di consentire ad un creditore, attesa la sua natura pubblicistica e l’affidabilita’ derivante dal procedimento che ne governa l’attivita’, di formare unilateralmente un titolo esecutivo, e, dall’altro lato, e’ rispettosa del diritto di difesa e dei principi del giusto processo la possibilita’, concessa al preteso debitore, di promuovere, entro un termine perentorio ma adeguato, un giudizio ordinario di cognizione nel quale far efficacemente valere le proprie ragioni, sia grazie alla possibilita’ di ottenere la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo e/o dell’esecuzione, sia grazie alla ripartizione dell’onere della prova in base alla posizione sostanziale (e non gia’ formale) assunta dalle parti nel giudizio di opposizione”.

Il ricorso deve quindi essere rigettato. Le spese del giudizio vengono regolate facendo applicazione del criterio legale della soccombenza (art. 91 c.p.c.).

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del giudizio determinate in Euro 20,00 per esborsi ed Euro 2000,00 per onorari, oltre accessori secondo legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 17 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2011

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