Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3874 del 16/02/2018
Civile Ord. Sez. 6 Num. 3874 Anno 2018
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FEDELE ILEANA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in persona del
Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura
Generale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Roma, Via dei
Portoghesi, 12, è domiciliato
–
ricorrente
–
contro
Cocco Sandra, rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Orecchioni,
elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Gigliola Mazza
Ricci, sito in Roma, via di Pietralata 320
–
controricorrente
avverso
la sentenza n. 285/2016 della Corte d’Appello di L’Aquila depositata il
17 marzo 2016, notificata in data 24 marzo 2016.
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Data pubblicazione: 16/02/2018
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata dell’Il gennaio 2018 dal Consigliere Ileana Fedele.
Rilevato che:
la Corte di appello di L’Aquila, in accoglimento dell’appello proposto
da Sandra Cocco, ha condannato il Ministero dell’istruzione,
le differenze retributive dovute sulla base del calcolo dell’anzianità di
servizio maturata in costanza dei rapporti di lavoro a termine allo
stesso modo di quella riconosciuta, in relazione ai medesimi periodi,
al corrispondente personale di ruolo e nei limiti della prescrizione
quinquennale con termine a ritroso a far data dal 22 luglio 2015, oltre
interessi legali dal dovuto al saldo;
contro tale decisione il Ministero propone ricorso affidato ad unico
motivo, cui resiste con controricorso la Cocco;
è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis
cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al
decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
il Ministero ha depositato memoria.
Ritenuto che:
il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
la sentenza impugnata si fonda sul principio di non discriminazione
sancito dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo
determinato, allegato alla Direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999 e
recepito nel nostro ordinamento con il d.lgs. 6 settembre 2001, n.
368 (in particolare: art. 6), richiamando i pertinenti precedenti della
Corte di giustizia dell’Unione europea ed escludendo la rilevanza della
specialità del sistema del reclutamento scolastico per giustificare la
diversità del trattamento economico riservato agli assunti a tempo
determinato; nondimeno, nella motivazione si affronta anche la
questione della vigenza e dell’ambito applicativo dell’art. 53 legge 11
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dell’università e della ricerca a corrispondere alla predetta lavoratrice
luglio 1980, n. 312, pervenendo alla conclusione che gli aumenti
periodici ivi previsti non siano riferibili ai soli insegnanti di religione;
con l’unico articolato motivo il Ministero denuncia la violazione e falsa
applicazione dell’art. 53, comma 3, della legge n. 312 del 1980, degli
artt. 142 c.c.n.l. comparto scuola 2002/2005 e 146 c.c.n.l. comparto
rilievo che il trattamento economico previsto dall’art. 53 legge n. 312
del 1980 trova ormai applicazione solo agli insegnanti di religione,
dovendosi escludere in ogni caso le supplenze;
dalla sentenza impugnata emerge che alla lavoratrice è stato
riconosciuto il diritto alle differenze retributive calcolate sulla base
dell’anzianità di servizio complessivamente maturata in costanza dei
rapporti di lavoro a termine “allo stesso modo di quella riconosciuta,
in relazione ai medesimi periodi, al corrispondente personale di ruolo”
(così testualmente, nel dispositivo), in virtù del principio di non
discriminazione di cui alla normativa europea e nazionale in materia,
come pure chiarito nel controricorso (p. 7), dal quale risulta che le
differenze retributive rivendicate non sono state fondate sulla legge
n. 312 del 1980 bensì nelle disposizioni contrattuali, “secondo
cadenze stabilite dal CCNL di comparto, secondo la tabella allegata al
ricorso introduttivo”;
pertanto, nella specie non è stato riconosciuto il diritto agli scatti
biennali previsti dalla legge n. 312 del 1980 bensì il diritto alla
medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti di ruolo;
così chiarita la vicenda processuale in esame, il ricorso, nei termini
proposti rispetto al decisum, non è da accogliere;
come già affermato da questa Corte (Cass. 07/11/2016, n. 22558;
Cass. 23/11/2016, n. 23868; Cass. 29/12/2016, n. 27387; Cass.
05/01/2017, n. 165, alle cui motivazioni ci si riporta integralmente ai
sensi dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., in quanto del tutto
condivise), «La clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo
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scuola 2006/2009, in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., sul
determinato recepito dalla direttiva 99/70/CE, di diretta applicazione,
impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale
del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della
attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i
dipendenti a tempo indeterminato dai CCNL succedutisi nel tempo.
CCNL che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in
ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al
trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo
indeterminato»;
pertanto, la sentenza impugnata è conforme al principio di diritto
affermato da questa Corte, risultando inconferente la doglianza
sviluppata dal Ministero in ordine all’art. 53 della legge n. 312 del
1980, atteso che, per quanto chiarito in premessa, il riferimento a
tale disposizione pure contenuto nella sentenza impugnata deve
ritenersi irrilevante rispetto al
decisum, vale a dire rispetto alla
corretta attribuzione della progressione stipendiale riconosciuta ai
dipendenti di ruolo, adottata in conformità alla domanda proposta
dalla lavoratrice in primo grado e fondata sul principio di non
discriminazione;
pertanto, il ricorso va rigettato;
la novità e la complessità della questione, diversamente risolta dalle
Corti territoriali e dalla Corte di legittimità soltanto dopo il deposito
del ricorso, giustificano la compensazione delle spese del giudizio;
non trova applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato
l’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo
–
introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228,
atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a
debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che
gravano sul processo (cfr. Cass. 14/03/2014, n. 5955; Cass.
29/01/2016, n. 1778).
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Vanno, conseguentemente, disapplicate le disposizioni dei richiamati
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e dichiara integralmente compensate le spese del
giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art. 13, comma
1-quater, del
d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti
per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’Il gennaio 2018
esidente
Curzio)
u
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a