Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3874 del 14/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 14/02/2017, (ud. 27/10/2016, dep.14/02/2017),  n. 3874

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14047-2012 proposto da:

C.V. (OMISSIS), CA.VA. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, CORSO TRIESTE 87, presso lo studio

dell’avvocato BRUNO BELLI, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato TULLIO ORATI;

– ricorrenti –

contro

D.A., D.M., nella qualità di eredi del Sig.

D.U., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.FERRARI 11,

presso lo studio dell’avvocato DINO VALENZA, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MASSIMO VALENZA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2585/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 08/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/10/2016 dal Consigliere Dott. ORICCHIO ANTONIO;

udito l’Avvocato BELLI Bruno, difensore dei ricorrenti che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato VALENZA Massimo, difensore dei resistenti che si è

riportato alle difese in atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO ROSARIO GIOVANNI che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso e per la rimessione al giudice di merito per valutare se in

entrambe le note scritture private sia ravvisabile un patto

commissorio vietato.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

Ca.Ro. e V.E., rispettivamente vedova e figlia di V.T. convenivano in giudizio nel 1986 D.U. esponendo di essere, la prima piena proprietaria ed usufruttuaria e la seconda nuda proprietaria, rispettivamente di due fondi riuniti, di mq. 2.100, con sovrastante fabbricato, e di mq. 2940, in atti specificamente individuati, ubicati in (OMISSIS).

Le attrici chiedevano la condanna del convenuto, che li aveva occupati, al rilascio di detti fondi, oltre che al risarcimento dei danni.

Costituitosi in giudizio il D. eccepiva di aver acquistato i medesimi fondi, con scritture private del (OMISSIS), da B.C., quale procuratore dei coniugi V. – Ca. pagando il prezzo d Lire 5milioni e di aver – da allora -sempre posseduto i fondi uti dominus.

Chiedeva, quindi, il convenuto il rigetto – della domanda attorea ed, in via riconvenzionale, il riconoscimento della sua proprietà in virtù delle succitata – scritture ovvero per intervenuta usucapione.

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 27061/2003, disattesa ogni altra istanza, condannava il D. al rilascio dei terreni, compensando integralmente le spese del giudizio.

Avverso la suddetta decisione, di cui chiedevano la riforma, D.A. e M. (quali eredi di D.U.) interponevano appello, resistito da C.V. e Va., quali eredi di V.E., a sua volta erede di Ca.Ro.. L’adita Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 2585/2011, rigettava l’originaria domanda attrice, dichiarava gli appellanti proprietari del fondo e condannava gli appellati a rifondere, in solido, le spese del doppio grado del giudizio.

Per la cassazione della succitata decisione della Corte territoriale Ricorrono i C. con atto affidato a due ordini di motivi. Resistono con controricorso i D..

Nell’approssimarsi dell’udienza hanno depositato memorie, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., sia le parti ricorrenti che quelle controricorrenti.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di “violazione e falsa applicazione degli artt. 1321 c.c. e 1325 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, nonchè l’omessa motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Col motivo sostanzialmente si denuncia che, erroneamente, la Corte distrettuale avrebbe qualificato come contratto definitivo di vendita la prima scrittura privata inter partes nel mentre si trattava di preliminare per cui non vi sarebbe stato alcun effetto traslativo alla scadenza del termine fissato per il pagamento.

Il motivo è infondato.

La doglianza si risolve nella censura dell’interpretazione della natura (definitiva o preliminare) del contratto di cui alla prima scrittura.

La censura ha, quindi, ad oggetto un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità se non per violazione dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., che non è stata in alcun modo denunciata (Cass. civ., Sent. n. 23142/2014).

Il motivo non può, quindi, essere accolto.

2. – Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 2744 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Col motivo si denuncia che: a) l’omesso versamento da parte del B. della somma di Lire 6.500.000, mai eccepita dal D., non avrebbe potuto inficiare la circostanza che il termine del (OMISSIS) era venuto a scadere e, quindi, il preliminare di cui alla prima scrittura non era più valido; b) erroneamente era stata ritenuta in ogni caso l’ipotesi di nullità ex art. 2744 c.c. e che il rapporto fosse stato regolato con la scrittura del (OMISSIS).

Il motivo è infondato.

Per quel che riguarda la natura del contratto di cui alla prima scrittura, vanno qui ribadite le considerazioni già formulate in sede di esame del primo motivo con la conseguenza che vano disattesi i rilievi che postulano la natura di preliminare del predetto contratto.

Per di più ha pure ad oggetto un accertamento di fatto la verifica circa la mancata corresponsione delle somme dovute dal B..

La sentenza impugnata, nel ritenere comunque acquistato dal D. il diritto di proprietà del terreno in oggetto sulla base delle scritture intercorse con il B. nella sua qualità, ha formulato – con riguardo alla prima scrittura del (OMISSIS) – due ipotesi: quella di avvenuto trasferimento per mancato pagamento del prezzo ove si fosse ritenuta valida la medesima scrittura; quella, ancora, di avvenuto trasferimento per effetto della seconda scrittura del (OMISSIS) nel caso in cui si fosse ritenuta la nullità per violazione del divieto di patto commissorio della anzidetta prima scrittura inter partes.

La gravata sentenza ha, quindi, correttamente ritenuto che la prima scrittura avrebbe potuto comunque integrare l’ipotesi del patto commissorio, avendo verificato che “tendeva a garantire il prestito di Lire 5milioni da parte del D. al B. n.q. e la restituzione dopo un anno della somma di Lire 6.500.000.

Appare, poi, infondata la censura con la quale il ricorrente ha sostenuto che, in assenza di ipoteca o di pegno a garanzia del credito del D., non fosse applicabile l’art. 2744 c.c., dovendo qui riaffermarsi che il principio secondo cui la vendita con patto di riscatto o di retrovendita, pur non integrando direttamente un patto commissorio, può rappresentare un mezzo per sottrarsi all’applicazione del relativo divieto ogni qualvolta il versamento del prezzo da parte del compratore non si configuri come corrispettivo dovuto per l’acquisto della proprietà, ma come erogazione di mutuo, rispetto al quale il trasferimento del bene risponda alla sola finalità di costituire una posizione di garanzia provvisoria, capace di evolversi in maniera diversa a seconda che il debitore adempia o meno l’obbligo di restituire le somme ricevute (Cass. Sent. n. 8957/2014 e n. 2725/2007).

Ne consegue che, ricorrendo in tal caso la nullità della prima scrittura, avrebbe assunto rilevanza il regolamento compiuto con quella successiva, che aveva previsto la vendita del terreno e dell’autocarro, senza termini o condizioni: in sostanza, secondo l’interpretazione riservata al Giudice del merito, si trattava di un contratto che aveva previsto pattuizioni del tutto autonome rispetto a quelle del contratto precedente.

Il motivo qui in esame è, pertanto, infondato e va respinto.

3. – Alla stregua di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto il ricorso deve essere rigettato.

4. – Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio, determinate in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2017

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