Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3873 del 08/02/2019

Cassazione civile sez. I, 08/02/2019, (ud. 19/12/2018, dep. 08/02/2019), n.3873

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9598/2018 proposto da:

S.S., in qualità di madre del minore D.E.,

domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile

della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato

Colantonio Renzo, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

So.Al., in qualità di curatore del minore

D.E., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato Giammarco Matilde, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

contro

D.R., Pubblico Ministero presso la Procura della

Repubblica di L’Aquila, Servizio Sociale Cooperativa Sociale

Orizzonte, Settore Politiche Sociali del Comune di Pescara, Casa

Famiglia Il Nido del Focolare, Sindaco del Comune di Pescara;

– intimati –

avverso la sentenza n. 6/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, del

06/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/12/2018 dal cons. TRICOMI LAURA.

Fatto

RITENUTO

Che:

La Corte di appello dell’Aquila, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto il gravame proposto da S.S. avverso la dichiarazione dello stato di adottabilità del figlio minore D.E. (nato il (OMISSIS)), bambino afflitto da gravissimi problemi di salute conseguenti all’ipossia alla nascita, che ne hanno causato la cecità, l’incapacità a parlare, l’incapacità a deambulare e la possibilità di interagire con il mondo esterno solo attraverso il tatto e l’udito, oltre che la soggezione a frequenti crisi epilettiche e respiratorie che ne rendono necessario – all’evidenziarsi – il ricovero in ospedale.

La Corte di appello ha confermato la dichiarazione di adottabilità, avendo ritenuto che la S. – che si era opposta alla dichiarazione di adottabilità chiedendo, tra l’altro, di essere ospitata assieme al bambino presso la stessa struttura di accoglienza – era affetta da problemi psicologici, oltre che in condizioni di indigenza e priva di lavoro, aveva mostrato carenti capacità genitoriali, posto che “l’unica soluzione che è stato in grado di formulare ha finalità esclusivamente assistenziali, essendo diretta a risolvere i propri personali problemi di sopravvivenza, piuttosto che essere prospettata come una fase della vita, in vista di un ritorno del piccolo nell’ambiente domestico” (fol. 4 della sent. imp.); ha tuttavia autorizzato la prosecuzione degli incontri tra la madre ed il figlio fino al momento dell’affidamento del minore ad una famiglia adottiva, sulla considerazione che tale possibilità si prospettava come problematica.

La S. ricorre con due mezzi, ai quali replica con controricorso il curatore speciale del minore. Il padre del minore D.R. è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1 e 8 e succ. mod., dell’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dell’art. 3 della Convenzione di New York, oltre che la contraddittorietà della motivazione. La ricorrente, rammentando il diritto del minore a crescere nella propria famiglia, sostiene che – nel caso di specie – non sussisteva lo stato abbandonico propedeutico alla dichiarazione di adottabilità perchè, nonostante le condizioni di indigenza della madre, non si era mai realizzato l’abbandono morale del minore e ravvisa una contraddittorietà nella statuizione laddove, dopo avere riferito dei problemi psicologici non risolti della stessa, viene tuttavia consentita la prosecuzione degli incontri madre/figlio.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per omesso esame di un fatto decisivo: si duole che la Corte di appello abbia ravvisato lo stato di abbandono con esclusivo riferimento alle sue precarie condizioni economiche sulla base della relazione della cooperativa Orizzonte, senza espletare la perizia psicologica per accertare le sue reali capacità genitoriali.

3. I due motivi possono essere trattati congiuntamente per evidente connessione, in quanto, sotto diversi profili, sostanzialmente lamentano la insussistenza dei presupposti per la dichiarazione di adottabilità e la incompletezza dell’accertamento in merito allo stato di abbandono del minore.

4. Sono fondati e vanno accolti.

5. Giova rammentare che, secondo un principio consolidato che si intende confermare, “Per la dichiarazione dello stato di adottabilità che determina la rescissione del legame familiare come prezzo inevitabile per evitare un danno maggiore ed irreversibile per il minore e che preclude qualsiasi possibile raffronto tra il tenore di vita consentito nell’ambito della famiglia naturale e quello che il minore potrebbe trovare in una famiglia adottiva – non è sufficiente l’inadeguatezza dell’apporto economico, affettivo o materiale dei genitori, e la loro limitatezza culturale, ma è necessaria la prova certa che le cure prestate dalla famiglia non superino la soglia di un’assistenza minima e si traducano nella mancanza delle cure più elementari.” (Cass. n. 8360 del 26/07/1993).

In proposito è stato ulteriormente precisato, alla luce del rinnovato quadro normativo conseguente alla riforma attuata con la L. 28 marzo 2001, n. 149, che il sacrificio dell’esigenza prioritaria del minore di crescere nella famiglia di origine è possibile solo in presenza di una situazione di carenza di cure materiali e morali, da parte dei genitori e degli stretti congiunti – ed a prescindere dalla imputabilità a costoro di detta situazione -, tale da pregiudicare in modo grave e non transeunte lo sviluppo e l’equilibrio psicofisico del minore stesso, focalizzando l’attenzione sul particolare rigore che deve accompagnare la valutazione della situazione di abbandono del minore quale presupposto per la dichiarazione dello stato di adottabilità dello stesso, e rimarcando, quanto ai criteri da utilizzare, che “siffatta valutazione non può discendere da un mero apprezzamento circa la inidoneità dei genitori (o congiunti) del minore cui non si accompagni l’ulteriore, positivo accertamento che tale inidoneità abbia provocato, o possa provocare, danni gravi ed irreversibili alla equilibrata crescita dell’interessato, dovendo, invece, la valutazione di cui si tratta necessariamente basarsi su di una reale, obiettiva situazione esistente in atto, nella quale soltanto vanno individuate, e rigorosamente accertate e provate, le gravi ragioni che, impedendo al nucleo familiare di origine di garantire una normale crescita, ed adeguati riferimenti educativi, al minore, ne giustifichino la sottrazione allo stesso nucleo.” (Cass. 8877 del 14/04/2006).

In diretta connessione con tale principio è stato rimarcato anche che il particolare rigore richiesto nella valutazione dello stato di adottabilità non può fondarsi di per sè su anomalie non gravi del carattere e della personalità dei genitori, comprese eventuali condizioni patologiche di natura mentale, che non compromettano la capacità di allevare ed educare i figli senza danni irreversibili per il relativo sviluppo ed equilibrio psichico (Cass. n. 18563 del 29/10/2012).

Inoltre la natura personalissima dei diritti coinvolti e il principio secondo cui l’adozione ultrafamiliare costituisce l’extrema ratio richiedono che si proceda anche alla valutazione di figure vicariali dei parenti più stretti, che abbiano rapporti significativi con il bambino e si siano resi disponibili alla sua cura ed educazione (Cass. n. 3915 del 16/02/2018).

Sulla scorta di tali premesse pertanto il giudice di merito deve operare un giudizio prognostico avvalendosi di dati oggettivi, quali possono essere le osservazioni dei servizi sociali che hanno monitorato l’ambito familiare e, eventualmente, il parere di un consulente tecnico (Cass. n.3915 del 16/2/2018), ed il giudizio che deve essere teso, in primo luogo, “a verificare l’effettiva ed attuale possibilità di recupero delle capacità e competenze genitoriali, con riferimento sia alle condizioni di lavoro, reddituali ed abitative, senza però che esse assumano valenza discriminatoria, sia a quelle psichiche, da valutarsi, se del caso, mediante specifica indagine peritale, estendendo detta verifica anche al nucleo familiare, di cui occorre accertare la concreta possibilità di supportare i genitori e di sviluppare rapporti con il minore, avvalendosi dell’intervento dei servizi territoriali.” (Cass. 7559 del 27/03/2018).

6. La decisione impugnata non ha dato applicazione a detti principi e la motivazione risulta viziata.

Invero, la circostanza che non siano stati addotti fatti nuovi è priva di rilievo, trattandosi di giudizio impugnatorio nel quale andava, invece, verificato – alla stregua dei principi prima enunciati – se i fatti accertati dal Tribunale per i minorenni erano idonei o meno a dichiarare lo stato di adottabilità.

Pertanto la Corte di appello avrebbe dovuto procedere ad un’analisi in fatto ed in diritto dello stato di abbandono, tenendo conto anche delle gravi condizioni di salute del minore – tali da indurre, sia sul plano della cura e dell’ assistenza, che su quello economico, una maggiore difficoltà nell’espletamento dei compiti genitoriali – correlandole ai problemi psicologici della S. e procedendo, eventualmente, a CTU per accertare l’idoneità genitoriale e per verificare la possibilità ed i tempi di terapie e percorsi di sostegno conformati sulle specificità del caso. Compete, infatti, al giudice del merito, prioritariamente, tentare un intervento di sostegno diretto a rimuovere situazioni di difficoltà o disagio familiare e, solo quando, a seguito del fallimento del tentativo, risulti impossibile prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità del minore di vivere in uno stabile contesto familiare, è legittima la dichiarazione dello stato di adottabilità (Cass. n. 22589 del 27/09/2017).

Nella fattispecie in esame, tali tentativi non risultano, secondo la sentenza impugnata, essere stati effettuati, e ciò nonostante non siano state evidenziate, rispetto alle gravi condizioni di salute del minore, condotte negligenti, abbandoniche o negazioniste da parte della madre, ma una inidoneità ad affrontarle da sola che avrebbero dovuto indurre ad una valutazione più penetrante circa la possibilità individuare un adeguato sostegno alla genitorialità, verificandone l’andamento e ad un giudizio meno severo circa la mancanza di un autonomo progetto di vita, stante la particolare gravità delle condizioni del minore, ancora più difficili da affrontare da parte di una madre, orami sola, posto che il padre ha rinunciato ad agire, e con problemi psicologici. Al contrario, il giudizio negativo circa la capacità genitoriale della madre si fonda, erroneamente, sostanzialmente sulle condizioni di indigenza della stessa, mentre non è assistito da elementi certi in merito alla esatta natura ed alla rilevanza dei problemi psicologici della stessa, nonchè in ordine alla possibilità di una terapia anche assistenziale di sostegno, adeguatamente monitorata.

7. I motivi sono pertanto fondati.

8. In conclusione il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va cassata e la controversia va rinviata alla Corte di appello dell’Aquila in diversa composizione per il riesame alla luce dei principi espressi e per la statuizione sulle spese.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello dell’Aquila in diversa composizione per provvedere anche sulle spese;

Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2019

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