Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 387 del 10/01/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 387 Anno 2014
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: ARIENZO ROSA

SENTENZA

sul ricorso 25303-2008 proposto da:
RAI

ITALIANA

RADIOTELEVISIONE

successore

a

titolo

universale

S.P.A.
della

quale
RAI

RADIOTELEVISIONE ITALIANA – SOCIETA’ PER AZIONI a
seguito

della

per

fusione

incorporazione

di

quest’ultima in RAI HOLDING SOCIETA’ PER AZIONI C.F.
2013
3379

00709370589, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO
VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio degli
avvocati SCOGNAMIGLIO RENATO e SCOGNAMIGLIO CLAUDIO,
che

la

rappresentano

e

difendono

unitamente

Data pubblicazione: 10/01/2014

all’avvocato ESPOSITO RUBENS, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

ARATARI NADIA;
– intimata –

ARATARI NADIA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE DELLE MILIZIE 34, presso lo studio dell’avvocato
PETROCELLI MARCO, che la rappresenta e difende giusta
delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

RAI

RADIOTELEVISIONE

successore

a

titolo

ITALIANA
universale

S.P.A.
della

quale
RAI

RADIOTELEVISIONE ITALIANA – SOCIETA’ PER AZIONI a
seguito

della

fusione

per

incorporazione

di

quest’ultima in RAI HOLDING SOCIETA’ PER AZIONI C.F.
00709370589, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO
VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio degli
avvocati SCOGNAMIGLIO RENATO e SCOGNAMIGLIO CLAUDIO,
che

la

rappresentano

e

difendono

unitamente

er_21t9
all’avvocato ESPOSITO RUBENS, giusta delegai
– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 4838/2007 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 22/10/2007 r.g.n. 1995/2005;

Nonché da:


udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/11/2013 dal Consigliere Dott. ROSA
ARIENZO;
udito

l’Avvocato

PORCELLI

VINCENZO per

delega

SCOGNAMIGLIO RENATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE, che ha concluso per
l’accoglimento ultimo motivo ricorso principale e
rigetto per il resto, inammissibilità o in subordine
assorbimento dell’incidentale.

udito l’Avvocato PETROCELLI MARCO;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 22.10.2007, la Corte di Appello di Roma, in riforma parziale della
pronunzia di primo grado, dichiarava la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato a far data dal 13.11.1992 e condannava la RAI s.p.a
al pagamento, in favore di Aratari Nadia, delle retribuzioni dovute per la qualifica di
truccatrice parrucchiere, classe di retribuzione 8°, a decorrere dal 4.2.2002. Escludeva la

conclusi i primi tre contratti ai sensi dell’art. 1 I. 230/62, era da escludere la
caratterizzazione in termini di specificità del programma per il quale la lavoratrice era stata
assunta senza vincolo di correlazione tra la singola assunzione ed il programma da
realizzare, onde doveva affermarsi l’illegittimità del termine apposto fin dal primo contratto
di lavoro con la conversione a tempo indeterminato del rapporto e riconoscimento del
diritto alle retribuzioni dalla data della notifica della lettera di messa in mora.
Per la cassazione della decisione ricorre la Rai con sei motivi, illustrati nella memoria
depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Resiste, con controricorso, l’Aratari, che propone ricorso incidentale fondato su due motivi,
illustrati ulteriormente in memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va, preliminarmente, disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c.
Con il primo motivo, la Rai s.p.a. denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 1372 c.
c., ritenendo che il contegno della lavoratrice, che aveva atteso vari anni prima di far
valere i propri diritti, doveva essere correttamente valutato come concludente e rilevante ai
fini della estinzione del rapporto tra le parti, in coerenza con il principio di cui all’invocata
norma codicistica.
Con il secondo motivo, lamenta la carenza o contraddittorietà della motivazione in ordine
ad un fatto controverso e decisivo rappresentato dalla rilevanza estintivo – novativa di un
precedente rapporto di lavoro a tempo indeterminato in ipotesi costituitosi tra le parti da
attribuirsi alla sottoscrizione tra la stesse di un ulteriore contratto a tempo determinato.
Assume che si profilava la necessità di esaminare i contratti successivi a quelli stipulati ai

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sussistenza dei requisiti del mutuo consenso a fini risolutori e rilevava che, essendo stati

sensi dell’ art. 1, co. 2, lett. e) della legge 230/62, non potendosi ritenere assorbente la
rilevata nullità del termine apposto a questi ultimi.
Con il terzo, si duole della violazione o falsa applicazione dell’art. 1, co. 2, lett e), I. 230/62
anche in relazione all’art. 2697 c. c., osservando che non è evincibile dal chiaro tenore
delle disposizioni di legge alcuna proposizione che consenta di accreditare la tesi della
necessaria esistenza di un vincolo di necessità diretta, nel senso dell’assunzione per
specifici spettacoli o specifici programmi radiofonici o televisivi in connessione con la
qualificazione soggettiva del personale assunto con riferimento ad una temporanea
necessità.
Con il quarto, la ricorrente ascrive alla decisione impugnata carenza o contraddittorietà di
motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito dagli
elementi relativi alla specificità dei singoli programmi, sostenendo che non poteva
attribuirsi rilevanza alla ,JOY mera circostanza, valorizzata dalla Corte del merito, della
esistenza di più edizioni degli stessi programmi.
Il quinto motivo attiene alla deduzione di carenza o contraddittorietà di motivazione in
ordine ad un fatto controverso e decisivo, costituito dagli elementi attinenti al profilo
soggettivo del giudizio di specificità. In particolare, la Rai assume che doveva costituire
oggetto di approfondita valutazione la specifica professionalità pregressa della Aratari ai
fini della formazione del giudizio di specificità e che il giudizio negativo espresso al
riguardo dal giudice del merito era contraddetto dal curriculum riferito alle precedenti
esperienze professionali della apredetta.
Con il sesto motivo, la ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 1, co 2,
I. 230/62, in relazione all’art. 1 del d. Igs 368/2001, come modificato dall’art. 21 della legge
133/08, assumendo che, con riferimento ad una fattispecie di contratti a tempo
determinato stipulati ex art. 1 co 2 lett e) I. 230/62 dichiarati invalidi, con conseguente
conversione del rapporto a tempo indeterminato per violazione della suddetta disciplina,
debba, in applicazione dell’art. 21, comma 1 bis, della legge 133/08, aversi riguardo alla
conseguenza sanzionatoria indennitaria da esso disposta per l’ipotesi di illegittimità del
termine, in luogo della conseguenza della conversione a tempo indeterminato, anche con
riferimento ai contratti stipulati nel vigore dell’art. 1, co., 2 lett e), I. 230/62.

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Il primo motivo del ricorso incidentale attiene alla deduzione di omesso esame di punti
decisivi della controversia, ai sensi dell’ art. 360 n. 5 c.p.c., per avere la Corte del merito
mancato di considerare la circostanza decisiva consistente nell’impiego della ricorrente, in
tre dei cinque contratti a termine, in programmi diversi da quelli indicati nelle lettere di
assunzione
Con il secondo motivo, l’Aratari lamenta l’omesso esame di punti decisivi della

di verificare se non ricorresse nella fattispecie l’ipotesi di elusione della legge 230/62
mediante le reiterate assunzioni a rotazione dei parrucchieri truccatori, dirette
fraudolentemente a privarli delle garanzie connesse alla stabilità del posto di lavoro.
Il ricorso principale è infondato.
Il primo ed il secondo motivo, che attengono alla medesima questione della valenza
estintiva da attribuirsi al contegno delle parti sia pure nella diversa articolazione
impugnatoria di censura in diritto e di doglianza relativa a vizio motivazionale, possono
trattarsi congiuntamente, dovendo al riguardo rilevarsi come questa Corte abbia più volte
affermato che “nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un
unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto dell’illegittima apposizione
al contratto di un termine finale ormai scaduto, affinché possa configurarsi una risoluzione
del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata — sulla base del lasso di
tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonché del
comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative — una chiara e
certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto
lavorativo. E’ stato anche precisato che la valutazione del significato e della portata del
complesso di tali elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono
censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto” (v. Cass. 1011-2008 n. 26935, Cass. 28-9-2007 n. 20390, Cass. 17-12-2004 n. 23554, Cass. 11-122001 n. 15621). Tali principi vanno enunciati anche in questa sede, rilevando, inoltre che,
come pure è stato evidenziato, “grava sul datore di lavoro, che eccepisca la risoluzione
per mutuo consenso, l’onere di provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi la volontà
chiara e certa delle parti di volere porre definitivamente fine ad ogni rapporto di lavoro” (v.
Cass. 2-12-2002 n. 17070).

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controversia, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., rilevando che la Corte del merito ha omesso

Nella specie la Corte d’Appello, riformando sul punto la sentenza del Tribunale di Roma,
ha osservato, con motivazione immune da vizi logico giuridici, che non vi era stato alcun
comportamento della lavoratrice che potesse far presumere una sua acquiescenza alla
risoluzione del rapporto e che il solo decorrere del tempo tra la cessazione di quest’ultimo
ed il tentativo di conciliazione non poteva essere in alcun modo interpretato come volontà
di accettazione della risoluzione per mutuo consenso.

osservato da questa Corte, che la novazione oggettiva si configura come un contratto
estintivo e costitutivo di obbligazioni, caratterizzato dalla volontà di far sorgere un nuovo
rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente con nuove ed autonome
situazioni giuridiche e che di tale contratto sono elementi essenziali, oltre ai soggetti e alla
causa, l'”animus novandi”, consistente nella inequivoca, comune intenzione di entrambe le
parti di estinguere l’originaria obbligazione, sostituendola con una nuova, e Imaliquid novi”,
inteso come mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione o del titolo del rapporto.
L’esistenza di tali specifici elementi deve essere in concreto verificata dal giudice del
merito, con un accertamento di fatto che si sottrae al sindacato di legittimità solamente se
è conforme alle disposizioni contenute negli artt. 1230, commi primo e secondo, e 1231
cod. civ., e se risulta congruamente motivato (v. tra le tante, da ultimo, Cass. 11.10.2012,
n. 17328). Nel caso di specie la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del
suddetto principio escludendo che, in presenza di contratti di lavoro a termine illegittimi, la
successiva stipulazione di un contratto in ipotesi legittimo estingua il rapporto di lavoro
venutosi a creare a seguito della accertata illegittimità del termine apposto ai precedenti
contratti a termine, in assenza di elementi che permettano di ritenere che le parti, con
consapevolezza della conversione del precedente rapporto, abbiano inteso costituire un
nuovo rapporto di lavoro.
Con il terzo motivo, la R.A.I. deduce la violazione o falsa applicazione della L. n. 230 del
1962, art. 1, comma 2, lett. e) anche in relazione all’art. 2697 c.c.. Sostiene l’azienda
ricorrente che del tutto erroneamente sarebbe stato applicato nella fattispecie l’indirizzo
giurisprudenziale, richiamato nella sentenza impugnata, per il quale la specificità degli
spettacoli o dei programmi radiofonici e televisivi, richiesta dalla citata norma per la
legittimità dell’apposizione del termine, non implica la straordinarietà od occasionalità del
programma, dovendo quest’ultimo essere individuato, determinato e nominato (data la sua
appartenenza ad una species di un certo genus) e sempre per il quale deve sussistere

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Con riguardo al secondo aspetto, deve rilevarsi, in conformità a quanto reiteratamente

una stretta correlazione tra programma e produzione complessiva dell’azienda (della quale
il primo deve rappresentare un momento episodico), con la precisazione che l’apporto
lavorativo del personale assunto a termine deve presentare un vincolo, seppur
complementare o strumentale, di diretta correlazione allo spettacolo o programma per il
quale avviene la specifica assunzione. Secondo l’azienda ricorrente lo stesso
orientamento giurisprudenziale summenzionato dovrebbe essere oggetto di rimeditazione.

consolidato (tra le tante Cass. n. 8385 del 11/04/2006) per cui “Con riferimento alla
fattispecie disciplinata dall’art. I lett. E), della legge 18 aprile 1962, n. 230, che – nel testo
sostituito dalla legge 23 maggio 1977, n. 266 – permette l’assunzione a termine di
personale per specifici spettacoli o programmi radiofonici o televisivi, il prescritto requisito
della specificità non ne implica la straordinarietà o la occasionalità, ma richiede che lo
spettacolo o il programma siano destinati a sopperire ad una temporanea necessità, siano
caratterizzati dall’appartenenza ad una “species” di un certo “genus”, siano individuati,
determinati e nominati e tali da rendere essenziale l’apporto di un peculiare contributo
professionale, tecnico o artistico, che non possa essere assicurato dai dipendenti assunti
in pianta stabile; la prova relativa alla sussistenza del requisito della specificità consente di
ritenere assolto, da parte del datore di lavoro, l’onere probatorio in ordine alla ricorrenza
delle condizioni previste per la stipulazione di un contratto di lavoro a tempo determinato”.
La censura formulata con il quarto motivo è generica e infondata, non essendo precisato
per quali programmi era necessaria l’opera specifica della lavoratrice e non risultando
indicato il carattere di decisività della valutazione asseritamente omessa, a fronte di
puntuali argomentazioni svolte dalla Corte del merito con riguardo alla continuità ed
invariabilità della prestazione lavorativa connessa a programmi realizzati per svariati anni
consecutivi e rappresentanti momento fisso dalla produzione televisiva RAI.
Anche il quinto motivo sconta il vizio della genericità del rilievo e dell’inconferenza dello
stesso, in ragione dell’osservazione che la semplice qualificazione tecnica, asseritamente
evidenziabile nel curriculum della lavoratrice, non implica di per sé anche il cd. vincolo di
necessità diretta che consenta di ritenere che l’apporto lavorativo della Aratari fosse
particolarmente adatto e funzionale ad ogni specifico programma o spettacolo per il quale
era stata effettuata la singola assunzione. La valutazione della questione in tali termini
espressa dalla Corte territoriale si presente immune da censura e priva di salti logici

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Il motivo è infondato, non essendovi ragione per cui la Corte si discosti dall’orientamento

sicchè la censura non si rivela capace di scalfire l’impianto motivazionale idoneo a
sorreggere la decisione.
E’, infine, inammissibile il sesto motivo, in cui, in relazione all’ammontare del risarcimento
danni, si invoca lo “ius superveniens” rappresentato dall’art. 21 della legge n. A33 del
2008, che ha modificato l’art. 4 del d. Igs. n. 368 del 2001, attraverso l’introduzione della
disposizione transitoria di cui all’art. 4 — bis , concernente l’indennizzo per le ipotesi di

Osserva la Corte che il motivo è inconferente, sia perché le disposizioni normative
ritenute violate dalla Corte di merito sono, nella fattispecie, quelle di cui alla citata legge n.
230 del 1962 e non quelle del decreto legislativo n. 368 del 2001, sia perché l’art. 4 bis di
tale decreto, così come introdotto dall’art. 21, comma 1 bis, del decreto del 25 giugno
2008 n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge del 6 agosto 2008 n. 433, è stato
dichiarato incostituzionale dal Giudice delle leggi con la sentenza n. 214 del 2009.
In memoria si invoca, poi, il disposto dell’art. 32 della legge 183/2010 sempre in tema di
risarcimento danni in caso di illegittima apposizione del termine al contratto di lavoro.
Va premesso, in via di principio, che costituisce condizione necessaria per poter applicare
nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva,
una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia in qualche modo
pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione della natura del
controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8
maggio 2006 n. 10547, Cass. 27-2-2004 n. 4070). Tale condizione non sussiste nella
fattispecie, benché, con sentenza della Corte Costituzionale n. 303/2011 siano state
dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 32, commi 5, 6 e 7,
della legge 4 novembre 2010, n. 183 sollevate, con riferimento agli artt. 3, 4, 11, 24, 101,
102, 111 e 117, primo comma, della Costituzione. Ed invero, il motivo dedotto in relazione
alla quantificazione del risarcimento è da ritenere, per quanto sopra detto, inammissibile, il
che preclude ogni esame della ulteriore questione.
Alla stregua delle esposte considerazioni, il ricorso principale deve essere
complessivamente respinto e la sua reiezione rende superfluo l’esame del ricorso
incidentalmente e condizionatamente proposto dall’Aratari.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della società e si liquidano come
da dispositivo.

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violazione delle norme zilin materia di apposizione e proroga del termine.

P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito l’incidentale e
• condanna la RAI s.p.a. al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in euro
100,00 per esborsi ed in euro 3000,00 per compensi professionali, oltre accessori come
per legge.

Così deciso in Roma il 26.11.2013

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