Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3867 del 19/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3867 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

ORDINANZA
sul ricorso 23612-2011 proposto da:
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA 00754150100, in
persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta
e difende ope legis;
– ricorrente contro
DE SESSA FABIO MASSIMO;
– intimato avverso la sentenza n. 356/2011 della CORTE D’APPELLO di
GENOVA del 23/03/2011, depositata il 02/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
15/01/2014 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO.

Data pubblicazione: 19/02/2014

Svolgimento del processo
I. È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, ai sensi dell’art.
380-bis cod. proc. civ. e datata 30.10.12, regolarmente comunicata al
pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti, sul ricorso
avverso la sentenza della corte di appello di Genova n. 356 del 2.4.11:

sentenza in epigrafe indicata, con la quale è stato liquidato anche nei
suoi confronti il quantum della condanna di essa ricorrente, in solido col
Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, dopo la pronunzia,
nel corso del medesimo processo, di sentenza non definitiva di
accertamento della sussistenza del diritto di Fabio Massimo De Sessa al
pagamento della giusta remunerazione per il periodo di frequentazione
di scuole universitarie di specializzazione di medicina, per
inadempimento agli obblighi derivanti allo Stato dalle direttive n.
75/362/CEE e 82/76/CEE. L’intimato non deposita controricorso.
2. — Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio — ai sensi degli
artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., essendo oltretutto soggetto alla
disciplina dell’art. 360-bis cod. proc. civ. — per essere ivi dichiarato
inammissibile, per quanto appresso indicato.
3. — La ricorrente sviluppa un unitario motivo (rubricato “violazione
artt. 278, 279, 340, 361 c.p.c.; art. 129, 129 bis att. c.p.c.; 360 n. 3, 4
c.p.c.”), deducendo essere stata la sentenza n. 694/08 della corte di
appello di Genova, con cui appunto in via non definitiva si era statuito
sull’an debeatur e su cui si fonda la ora gravata sentenza sul quantum,
cassata con sentenza n. 10814 del 2011 di questa Suprema Corte.
4. — Risulta dagli atti che effettivamente, con sentenza 17 maggio 2011,
n. 10814, questa Corte, investita di ricorso avverso la sentenza non
definitiva del 6.11.07 — 7.6.08 della stessa corte territoriale, con cui si
era affermato il diritto del De Sessa anche nei confronti dell’Università
Ric. 2011 n. 23612 sez. M3 – ud. 15-01-2014
-2-

«1. — L’ Università degli Studi di Genova ricorre per la cassazione della

degli Studi, ha, decidendo nel merito, rigettato la domanda del primo
nei confronti della seconda.
5. — La fattispecie si sussume agevolmente entro la previsione della
consolidata giurisprudenza di legittimità, in base alla quale la cassazione
della sentenza non definitiva comporta l’inammissibilità del ricorso per

dell’intero giudizio, che — beninteso, ove logicamente connessa a quella
non definitiva o da essa dipendente — resta caducata in quanto in
situazione di dipendenza ai sensi dell’art. 336, comma secondo, cod.
proc. civ., rispetto alla precedente decisione non definitiva annullata.
Infatti, in tale ipotesi viene ad interrompersi — in dipendenza della
cassazione della prima — il nesso di consequenzialità logica e necessaria
tra la sentenza non definitiva e quella definitiva, posto dall’art. 279 cod.
proc. civ., ma condizionato alla mancata riforma della prima decisione
(Cass. 15 novembre 2006, n. 24354; per il caso di cassazione di
precedente statuizione di inammissibilità dell’appello avverso la prima:
Cass. 3 gennaio 2011, n. 34); pertanto, è specificamente dichiarato
inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza
definitiva sul quantum, dopo che quella non definitiva sull’an sia stata
cassata con rinvio, non diversamente dall’ipotesi in cui la stessa sia
stata cassata senza rinvio (Cass. 29 gennaio 2004, n. 1679), a meno che
— ma non è questo il caso nella fattispecie in esame — non sia
impugnata una statuizione della sentenza definitiva (ad esempio, di
natura meramente processuale: Cass. 7 febbraio 2001, n. 1720) del
tutto autonoma da quelle della non definitiva già cassata.
6. — Per l’evidente automatica già intervenuta caducazione del
provvedimento oggi impugnato, del ricorso nei suoi confronti
dispiegato deve proporsi la declaratoria di inammissibilità».

Motivi della decisione
Ric. 2011 n. 23612 sez. M3 – ud. 15-01-2014
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cassazione proposto contro la successiva sentenza di definizione

II. Non sono state presentate conclusioni scritte, né le parti hanno
depositato memoria o chiesto di essere ascoltate in camera di consiglio.
III. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di
consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto
esposti nella su trascritta relazione e di farne proprie le conclusioni,

alcuna critica osservazione.
IV. Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ., il ricorso
va dichiarato inammissibile; non vi è luogo a provvedere sulle spese del
giudizio di legittimità, non avendo in questa sede parte intimata svolto
alcuna attività.

P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione
civile, addì 15 gennaio 2014.

Il Presidente

avverso le quali del resto nessuna delle parti ha ritualmente mosso

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