Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3867 del 17/02/2020

Cassazione civile sez. I, 17/02/2020, (ud. 12/11/2019, dep. 17/02/2020), n.3867

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FIDANZIA AndreA – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1018/2015 proposto da:

Curatela Fallimento (OMISSIS) Snc in Liquidazione, E Soci

illimitatamente responsabili, in persona del curatore fallimentare

C.R., elettivamente domiciliato in Roma, Via Labicana 58,

presso lo studio dell’avvocato Pannella Paolo, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Barrasso Rocco, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.L., P.D., domiciliati in Roma, Piazza

Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentati e difesi dagli avvocati Luigi Tedeschi, Raffaele

Marenghi, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 196/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 26/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/11/2019 da Dott. DI MARZIO MAURO;

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. ZENO IMMACOLATA, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Il Fallimento di (OMISSIS) S.n.c. in liquidazione e dei soci illimitatamente responsabili B.L. e P.D. ricorre per un unico motivo, nei confronti di (OMISSIS) S.n.c. in liquidazione nonchè dei predetti soci, contro la sentenza del 26 novembre 2014 con cui la Corte d’appello di Napoli ha accolto il reclamo proposto dal B. e dal P. avverso la sentenza con cui il Tribunale di Benevento aveva dichiarato il fallimento in estensione di (OMISSIS) S.n.c. (OMISSIS) in liquidazione, quale partecipe della società di fatto esistente con (OMISSIS) S.r.l., già dichiarata fallita dal Tribunale di Ariano Irpino, nonchè di essi B.- P..

Secondo la Corte territoriale non sarebbe possibile estendere, ai sensi della L. Fall., art. 147, comma 5, il fallimento iniziale di una società di capitali ad una società di fatto, sia essa formata solo da società di capitali o anche da società di persone e persone fisiche, stante la natura eccezionale della norma, che non ne consentirebbe un’applicazione analogica.

2. – B.L. e P.D. resistono con controricorso illustrato da memoria.

3. – Il Procuratore Generale ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo di censura della sentenza impugnata il Fallimento ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 147, comma 5, in relazione all’art. 2361 c.c., comma 2, lamentando l’erroneità della lettura del dato normativo offerta dalla Corte territoriale, laddove aveva escluso la possibilità, a seguito della dichiarazione di fallimento di una società di capitali, di dichiarare il fallimento in estensione di una società di fatto costituita da società di capitali o da società di persone e persone fisiche.

2. – I controricorrenti hanno formulato eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza degli elementi prescritti dall’art. 366 c.p.c., n. 1, sostenendo che il Fallimento ricorrente non sarebbe legittimato ad impugnare la sentenza e non ne avrebbe neppure interesse.

2.1. – L’eccezione è destituita di fondamento.

2.1.1. – Non ricorre la violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 1 il quale stabilisce che il ricorso deve contenere l’indicazione delle parti, dal momento che la parte ricorrente è perfettamente identificata nel ricorso come Fallimento di (OMISSIS) S.n.c. in liquidazione e dei soci illimitatamente responsabili B.L. e P.D..

2.1.2. – Nè ha pregio l’assunto secondo cui la Curatela non sarebbe legittimata ad impugnare la decisione di revoca del fallimento, giacchè il ricorso per cassazione contro la sentenza di revoca del fallimento, ovviamente su iniziativa di ciascuna delle parti del giudizio di revoca, è espressamente contemplato dalla L. Fall., art. 18, terz’ultimo comma. Quanto all’interesse, esso non ha neppur bisogno di essere sottolineato, giacchè dall’accoglimento del ricorso discende la sorte della procedura.

3. – Il ricorso è fondato.

Questa Corte si è già misurata, in più di un’occasione, con il significato da attribuire alla L. Fall., art. 147, comma 5, affermando che la norma trova applicazione non solo quando, dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale, risulti che l’impresa è, in realtà, riferibile ad una società di fatto tra il fallito ed uno o più soci occulti, ma, in virtù di sua interpretazione estensiva, anche laddove il socio già fallito sia una società, anche di capitali, che partecipi, con altre società o persone fisiche, ad una società di persone, cd. supersocietà di fatto (Cass. 20 maggio 2016, n. 10507; v. pure Cass. 13 giugno 2016, n. 12120; Cass. 21 gennaio 2016, n. 1095).

Tale lettura ha quindi ricevuto l’avallo della Corte costituzionale, la quale ha evidenziato che questa Corte ha “espressamente escluso che possa “ammettersi che la società di capitali, la quale abbia svolto attività di impresa operando in società di fatto con altri, possa in seguito sottrarsi alle eventuali conseguenze negative derivanti dal suo agire (ivi compreso il fallimento per ripercussione nel caso in cui sia accertata l’insolvenza della società di fatto)” (sentenza 20 maggio 2016 n. 10507). Ha condivisibilmente osservato, infatti, come al riferimento all’imprenditore individuale vada, ratione temporis, attribuita “valenza meramente indicativa dello stato dell’arte dell’epoca in cui la norma è stata concepita, che non può essere di ostacolo ad una sua interpretazione estensiva che, tenuto conto del mutato contesto nel quale essa deve attualmente trovare applicazione, ne adegui la portata in senso evolutivo, includendovi fattispecie non ancora prospettabili alla data della sua emanazione”. Ed ha sottolineato come, a contrario, “un’interpretazione della L. Fall., art. 147, comma 5, che conducesse all’affermazione dell’applicabilità della norma al solo caso (di fallimento dell’imprenditore individuale) in essa espressamente considerato, risulterebbe in contrasto col principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost.” (sentenza n. 10507 del 2016 e, sulla stessa linea, sentenza 13 giugno 2016, n. 12120)”.

Ha dunque errato la Corte di Napoli nel ritenere che la L. Fall., art. 147, comma 5 non consenta di dichiarare il fallimento in estensione ad una società di fatto di cui fosse partecipe una società di capitali già dichiarata fallita.

4. – Il ricorso è accolto, la sentenza impugnata è cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, che si atterrà a quanto dianzi indicato e provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2020

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