Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3866 del 19/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3866 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

ORDINANZA
sul ricorso 21491-2011 proposto da:
COMUNE DI S. GREGORIO DI CATANIA 93006870872, in
persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA DEL CARAVITA 5, presso lo studio dell’avvocato GAETANO
MASSIMO SARDO, rappresentato e difeso dall’avvocato
GIOVANNI FRANCESCO PASSANISI giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente contro
COOPERATIVA EDILIZIA LE QUERCE D’ITALIA a r.1., in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALESSANDRIA 119,
presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO NAVARRA,

Data pubblicazione: 19/02/2014

rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE ALIQUÒ giusta
procura a margine del controricorso;

contraricorrente

avverso la sentenza n. 659/2011 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
15/01/2014 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO;
udito l’Avvocato Aliquò Giuseppe difensore del controricorrente che
si riporta agli scritti.

Svolgimento del processo
I. È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, ai sensi dell’art.
380-bis cod. proc. civ. e datata 30.10.12, regolarmente comunicata al
pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti, sul ricorso
avverso la sentenza della corte di appello di Catania n. 659 del 10.5.11,
notificata il 23.5.11:
«1. — Il Comune di S. Gregorio di Catania ricorre per la cassazione
della sentenza in epigrafe indicata, con la quale, in riforma della
sentenza di primo grado, è stata dichiarata improponibile la domanda
da quello dispiegata nei confronti della Cooperativa Edilizia “Le
Querce d’Italia” a r.1., tendente a conseguirne la condanna al rimborso
di € 800.000, sborsati per una transazione con tale Lidia Ursino (che
aveva nei confronti delle odierne parti agito per il risarcimento danni
da perdita della proprietà a causa di un procedimento di espropriazione
per pubblica utilità), sulla ritenuta operatività di una clausola di
devoluzione ad arbitri di tutte le controversie connesse alla
convenzione tra il Comune e la Cooperativa. Resiste con controricorso
l’intimata.

Ric. 2011 n. 21491 sez. M3 – ud. 15-01-2014
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CATANIA del 29/04/2011, depositata il 10/05/2011;

2. — Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio — ai sensi degli
artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., essendo oltretutto soggetto alla
disciplina dell’art. 360-bis cod. proc. civ. — per essere ivi dichiarato
inammissibile, per quanto appresso indicato.
3. — Il ricorrente sviluppa quattro motivi: con un primo (di “violazione

dell’art. 184 c.p.c. … e dell’art. 345 c.p.c.”), esso lamenta violazione del
giudicato sulla proponibilità della domanda, formatosi — per non avere
le parti sollevato l’eccezione di compromesso — nel precedente giudizio
con la Ursino, nel cui corso esso ricorrente aveva comunque dispiegato
domanda di rivalsa proprio nei confronti della Cooperativa (ed al quale
era seguita la transazione tra costei ed il Comune, per il riparto degli
oneri della quale è oggi causa); con un secondo (di “violazione e falsa
applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 829 n. 8 c.p.c.”), esso si duole
della violazione del giudicato ai fini della prospettabile nullità del lodo
cui la gravata sentenza obbligherebbe le parti; con un terzo (di
“violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione ad
un fatto controverso e decisivo della controversia ed del disposto di
cui all’art. 2055 3° comma c.c.”), esso pare dolersi dell’interpretazione
data dalla corte territoriale al contenuto della clausola di devoluzione
ad arbitri e, in particolare, della sua estensione alla controversia, la
quale invece trova causa nella statuizione della precedente sentenza tra
la Ursino e le odierne parti, che aveva rimesso loro — ferma la
solidarietà nei confronti della detta attrice — la determinazione della
misura delle rispettive responsabilità; con un quarto (di “violazione e
falsa applicazione dell’art. 360 n. 3 in relazione all’art. 112 c.p.c.”), si
duole della condanna al pagamento anche delle spese del primo grado
di lite, pur in carenza di domanda di riforma del capo di
compensazione di quelle.
Ric. 2011 n. 21491 sez. M3 – ud. 15-01-2014
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e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. anche in relazione al disposto

4. — La controricorrente contesta l’ammissibilità del ricorso, sia per
mancata indicazione della sede in cui l’eccezione di giudicato era stata
sollevata, sia per la novità dell’eccezione di giudicato esterno; nel
merito, contesta la sussistenza di qualunque giudicato esterno e
ribadisce la piena operatività della clausola della convenzione in base a

5. — Con un vizio comune ai primi tre motivi, il ricorso non riporta, in
violazione dei principi di cui ai nn. 3 e 6 del primo comma dell’art. 366
cod. proc. civ., le testuali espressioni e l’indicazione della sede
processuale con cui ed in cui le relative questioni sono state
ritualmente sottoposte al giudice di secondo grado: ma tali requisiti
sono indispensabili per consentire a questa Corte di verificare, in via
preliminare, che non si tratti di questioni nuove e cioè proposte per la
prima volta in questa sede, ma poi pure la fondatezza delle relative
doglianze. E ciò a maggior ragione per le eccezioni di giudicato esterno
(sul punto, per tutte, v.: Cass. Sez. Un., 27 gennaio 2004, n. 1416; Cass.
13 dicembre 2006, n. 26627; Cass. 13 marzo 2009, n. 6184), oggetto
del primo e del secondo motivo. Quanto all’interpretazione della
clausola contrattuale, è appena il caso di notare che essa non è
idoneamente trascritta, con ogni opportuno riferimento, in modo
testuale nel ricorso (sull’interpretazione delle clausole contrattuali, per
tutte, v.: Cass. 6 febbraio 2007, n. 2560; Cass. 25 febbraio 2005, n.
4063).
6. — Il quarto motivo, invece, è manifestamente infondato, visto che
automaticamente l’accoglimento dell’appello si estende anche ai capi
dipendenti della sentenza di primo grado e comporta una nuova
regolamentazione delle spese, in considerazione dell’esito complessivo
della lite (per tutte: Cass. 17 aprile 2002, n. 5497; Cass. 4 giugno 2007,
n. 12963; Cass. 22 dicembre 2009, n. 26985).
Ric. 2011 n. 21491 sez. M3 – ud. 15-01-2014
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cui la corte territoriale ha dichiarato improponibile la domanda.

7. — Inammissibili i primi tre motivi ed infondato il quarto, si propone
pertanto il rigetto del ricorso».

Motivi della decisione
II. Non sono state presentate conclusioni scritte, ma il ricorrente ha
depositato memoria ed il difensore della controricorrente è comparso

III. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di
consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto
esposti nella su trascritta relazione e di fame proprie le conclusioni,
non comportandone il superamento gli argomenti sviluppati nella
memoria depositata dal ricorrente.
Infatti, questi ampiamente ripropone il tema della rilevabilità ufficiosa
del giudicato e argomenta nuovamente per la sua sussistenza: ma si
tratta, con tutta evidenza, di questioni diverse da quelle del vizio
formale di redazione del ricorso, posto in luce nella relazione e che il
Collegio reputa sussistente nella specie, in riferimento proprio alla
deduzione del giudicato esterno formatosi in un momento in cui
poteva ancora essere rilevato dal giudice del merito: al riguardo, basti
un richiamo — in convinta adesione all’orientamento ermeneutico
sotteso — alla giurisprudenza già indicata nella relazione, come pure alla
successiva Cass., ord. 18 ottobre 2011, n. 21560, nonché agli argomenti
a contrario desumibili da Cass. Sez. Un. 16 giugno 2006, n. 13916.
Affinché essa possa esercitare il suo ufficioso potere di rilevare la
portata del giudicato esterno, in definitiva, è preliminare che la Corte
sia stata ritualmente adita con un ricorso che abbia fornito non solo
generiche indicazioni sugli elementi da cui ricavarlo, ma pure la precisa
e testuale individuazione delle sedi processuali in cui esso è stato
addotto e delle espressioni con cui tanto è stato fatto, ove il medesimo
fosse stato deducibile nelle fasi di merito: e tanto ai sensi dei nn. 3 e 6
Ric. 2011 n. 21491 sez. M3 – ud. 15-01-2014
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in camera di consiglio per essere ascoltato.

dell’art. 360 cod. proc. civ., per consentire alla Corte di legittimità di
acquisire esclusivamente dalla lettura del ricorso ogni elemento
necessario all’inquadramento della vicenda ed al successivo esame dei
motivi e, quando eccezionalmente consentito, degli atti di causa.
In difetto di questi elementi formali, quanto alla cui carenza lo stesso

che essere dichiarato inammissibile.
IV. Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ., il ricorso
va pertanto rigettato ed il soccombente ricorrente condannato alle
spese del giudizio di legittimità.

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il Comune di S. Gregorio di
Catania, in pers. del leg. rappr.nte p.t., al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità in favore della Cooperativa Edilizia “Le Querce
d’Italia” a r.1., liquidate in € 10.400,00, di cui € 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione
civile, addì 15 gennaio 2014. Il Presidente

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ricorrente non deduce adeguati argomenti contrari, il ricorso non può

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