Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3866 del 17/02/2020

Cassazione civile sez. I, 17/02/2020, (ud. 22/10/2019, dep. 17/02/2020), n.3866

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20970/2015 proposto da:

Fallimento (OMISSIS) s.r.l., in persona del Curatore:

S.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via XX Settembre n. 3,

presso lo studio dell’avvocato Sassani Bruno che lo rappresenta e

difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fcu Trasporti s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Condotti n. 9,

presso l’avvocato Morigi Enrico, che la rappresenta e difende,

giusta procura speciale per Notaio Dott. D.G. di

(OMISSIS);

– resistente –

avverso la sentenza n. 294/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, del

15/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/10/2019 dal cons. Dott. DI MARZIO MAURO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Il Fallimento (OMISSIS) S.r.l. ricorre per cinque mezzi, illustrati da memoria, nei confronti di FCU Trasporti S.r.l., contro la sentenza del 15 gennaio 2015 con cui la Corte d’appello di Roma ha respinto l’appello avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva disatteso la revocatoria ordinaria spiegata dal Fallimento al fine di rendere inopponibili alla procedura dieci contratti di vendita aventi ad oggetto tutti gli automezzi dalla società poi fallita all’altra società convenuta in giudizio.

Ha in breve ritenuto la Corte territoriale che “dall’esame degli atti risulta che sia stata dimostrata soltanto la consistenza del credito vantato dai creditori ammessi al passivo nei confronti del fallito. Non è possibile invece rilevare, nel caso di specie, nè l’elemento della preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al compimento degli atti pregiudizievoli, nè il mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore per effetto di ogni singolo atto di cui si chiede la revoca”.

2. – Non spiega difese la società intimata nessun rilievo potendosi riconoscere ad un “atto di costituzione formale”, datato 19 giugno 2018, dunque successivo alla scadenza del termine per il controricorso, privo di contenuto e depositato allo scopo della partecipazione alla discussione in pubblica udienza, udienza che peraltro non è stata fissata, essendo stato chiamato il ricorso in adunanza camerale, il tutto con conseguente inammissibilità della memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso contiene cinque motivi.

1.1. – Il primo motivo denuncia: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., artt. 2697 e 2901 c.c., ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4”, censurando la sentenza impugnata per avere omesso di considerare che l’anteriorità dei crediti rispetto agli atti di disposizione oggetto della domanda di revoca era incontroversa.

1.2. – Il secondo motivo denuncia: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 2901 c.c., ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4”, censurando la sentenza impugnata per aver omesso di pronunciare in ordine alla domanda di revoca fondata sulla dolosa preordinazione dei menzionati atti dispositivi, ove ritenuto che essi fossero stati compiuti prima del sorgere dei crediti posti a sostegno della domanda medesima.

1.3. – Il terzo motivo denuncia: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., artt. 2901,2727 e 2729 c.c., ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4”, censurando la sentenza impugnata per non aver desunto, alla stregua dei fatti noti acquisiti al giudizio, la sussistenza dei requisiti dell’eventus damni e dell’anteriorità del credito, o in alternativa della dolosa preordinazione degli atti dispositivi, necessari all’accoglimento della domanda.

1.4. – Il quarto motivo denuncia: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., artt. 2901,2727 e 2729 c.c., ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4. Contestuale e correlato omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., n. 5”, censurando nuovamente la sentenza impugnata per aver omesso di considerare la pluralità di elementi di fatto dai quali poteva trarsi la sussistenza dei presupposti della scientia damni e del consilium fraudis per l’accoglimento della domanda.

1.5. – Il quinto motivo denuncia: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116 c.p.c., artt. 2901,2727,2729 c.c., ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4”, censurando la sentenza impugnata per non essersi attenuta alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il pregiudizio alle ragioni creditorie di cui discorre l’art. 2901 c.c. ben può consistere nella semplice maggior incertezza o difficolta di soddisfacimento del credito, incertezza o difficoltà insita nella trasformazione di mobili registrati in denaro.

2. – Il ricorso va accolto.

2.1. – Il primo motivo è fondato.

Il principio di non contestazione, oggi sancito dall’art. 115 c.p.c., ma preesistente ad esso (p. es. Cass. 5 marzo 2009, n. 5356), comporta che la mancata contestazione specifica di circostanze di fatto rilevanti produca al riguardo un effetto di relevatio ab onere probandi. Spetta in particolare al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (Cass. 7 febbraio 2019, n. 3680).

Orbene detta valutazione, nella specie, la Corte territoriale ha omesso di effettuare, quantunque il giudizio sul punto le fosse stato espressamente devoluto con apposito motivo d’appello, come la stessa Corte ha rammentato, a pagina 4 della sentenza, nel riferire che “parte appellata deduce la circostanza della mancata contestazione di quanto da essa affermato circa l’esposizione debitoria della fallita”.

Orbene, versandosi in ipotesi di denuncia di un error in procedendo, rispetto al quale la Corte di cassazione è giudice del fatto processuale, è agevole osservare che il Fallimento ricorrente, nel proporre appello avverso la sentenza del Tribunale che aveva rigettato la domanda di revoca in ragione della mancata produzione dello stato passivo, ha rappresentato di averlo invece ritualmente prodotto, richiamando altresì il bilancio di esercizio del 2005, dal quale emergeva una situazione debitoria a quella data, ossia in epoca antecedente al primo atto oggetto della domanda di revoca, risalente al 3 novembre 2006, di oltre tre milioni e trecentomila Euro.

A fronte di ciò, non solo FCU Trasporti S.r.l. non ha negato la sussistenza, e la collocazione temporale, di detta esposizione debitoria, ma ha invece osservato essere fisiologico “avere debiti con le banche”.

Va da sè che la Corte d’appello ha errato nell’affermare che non vi fosse prova “della preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al compimento degli atti pregiudizievoli”, in violazione dell’art. 115 c.p.c., in forza del quale “il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero nonchè i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita”. Il che travolge l’intera motivazione svolta dalla Corte d’appello, alla pagina 7, primi tre capoversi, della sentenza, laddove si afferma che l’entità del debito emergente dal bilancio 2005 non dimostrerebbe l’anteriorità del credito rispetto agli atti di disposizione.

2.2. – E’ fondato anche il quinto motivo.

Come si è detto, la Corte territoriale ha affermato che il Fallimento non avrebbe dato prova del “mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore per effetto di ogni singolo atto di cui si chiede la revoca”.

In ciò la Corte territoriale sembra aver voluto operare nel solco della costante affermazione di questa Corte, secondo cui il presupposto oggettivo dell’azione revocatoria ordinaria (cd. eventus damni), ricorre non solo nel caso in cui l’atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando lo stesso atto determini una variazione quantitativa o anche soltanto qualitativa del patrimonio che comporti una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito, con la conseguenza che grava sul creditore l’onere di dimostrare tali modificazioni quantitative o qualitative della garanzia patrimoniale, mentre è onere del debitore, che voglia sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore (da ultimo Cass. 18 giugno 2019, n. 16221).

Nello svolgere tale ragionamento, però, il giudice di merito ha totalmente omesso di verificare la compatibilità della sua affermazione con l’ulteriore principio secondo cui la sostituzione di un immobile con il denaro derivante dalla compravendita comporta di per sè una rilevante modifica qualitativa della garanzia patrimoniale, in considerazione della maggiore facilità di cessione del denaro (Cass. 9 febbraio 2012, n. 1896).

Nel caso in esame, il Fallimento ha posto a fondamento della domanda la cessione, dalla società poi fallita a FCU Trasporti S.r.l. -società peraltro amministrata dai figli del già amministratore di (OMISSIS) S.r.l. – dell’intero parco automezzi della prima in favore della seconda, di modo che la società poi fallita è rimasta in sostanza svuotata di ogni mobile registrato.

Occorreva dunque che la Corte territoriale verificasse se il principio in questione dovesse parimenti applicarsi al caso dell’alienazione di mobili registrati, quali i veicoli in discorso.

2.3. – Gli altri motivi sono assorbiti: il secondo e terzo in ragione dei motivi accolti, il quarto perchè la Corte d’appello non si è espressa, almeno in modo comprensibile, sulla scientia damni.

3. – La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, la quale si atterrà a quanto dianzi indicatole provvederà anche alla liquidazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il primo e quinto motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2020

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