Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3862 del 08/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 08/02/2022, (ud. 05/07/2021, dep. 08/02/2022), n.3862

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 17949/2015 proposto da:

B.P., rappresentato e difeso dagli avv.ti Tonio Di

Iacovo e Andrea Russo elettivamente domiciliato in Roma viale Castro

Pretorio 122 (presso lo studio Pirola-Pennuto-Zei& associati);

– ricorrente –

Contro

Agenzia della Entrate;

– intimata –

Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale della

Emilia Romagna n. 77/07/2015 depositata il 16/01/2015.

Udita la relazione del Consigliere Dott. Catello Pandolfi nella

camera di consiglio del 5 luglio 2021.

 

Fatto

RILEVATO

che:

B.P. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria dell’Emilia-Romagna n. 77/07/15 depositata il 16 gennaio 2015.

La vicenda trae origine dalla notifica dell’avviso al B. dell’accertamento (OMISSIS), con cui l’Ufficio contestava un maggior reddito ricostruito in via sintetica, per l’anno 2008, malgrado – sostiene il ricorrente – si fosse avvalso del c.d. scudo fiscale, ai sensi del D.L. n. 78 del 2009, art. 13 bis (convertito dalla L. n. 102 del 2009), per effetto del quale erano preclusi accertamenti fiscali per effetto del D.L. n. 350 del 2001, art. 14, comma 1, lett. a). Pertanto, il contribuente opponeva l’atto innanzi alla CTP di Rimini che rigettava il ricorso.

La decisione veniva confermata dal giudice regionale con la decisione che il contribuente ha impugnato deducendo un unico motivo. Deposita memoria.

Non ha resistito l’Agenzia delle Entrate che ha solo presentato atto di costituzione al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente deduce un unico motivo di ricorso per violazione della L. n. 409 del 2001, art. 13-bis, nonché dell’art. 12 preleggi, comma 1, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che la CTR abbia ritenuto che “l’adesione allo scudo fiscale non preclude, per il periodo anteriore al rimpatrio e alla regolarizzazione, l’attività di accertamento tributarlo di tipo sintetico” benché il D.L. n. 350 del 2001, art. 14, comma 1, lett. a) richiamato dal D.L. n. 78 del 209, art. 13-bis, comma 4, “precluda ogni tipologia di accertamento tributario per i periodi per i quali non sia ancora decorso il termine per l’azione di accertamento, nel limite dell’ammontare delle somme rimpatriate”.

La censura è infondata.

La questione che il contribuente pone è dunque quella di interpretare il significato da attribuire all’espressione contenuta nel D.L. n. 350 del 2001, art. 14 richiamato dal D.L. n. 78 del 2009, art. 13-bis che prevede l’effetto preclusivo “limitatamente” agli imponibili rappresentati dalle somme oggetto di rimpatrio.

Lo stesso avverbio usato dal legislatore palesa l’intento di circoscrivere la portata della previsione onde evitare possa ritenersi che la disposizione abbia introdotto una generalizzata esenzione soggettiva ai contribuenti che si fossero avvalsi dell’istituto e per il solo fatto d’averlo utilizzato.

E’ anche da ritenere che, per opporre la preclusione è necessario sussista, oltre che una equivalenza quantitativa tra il reddito successivamente accertato e le attività rimpatriate, anche una riconducibilità, anche solo astratta, degli imponibili accertati alle somme o alle attività costituite o detenute all’estero oggetto di rimpatrio. In tal senso è anche la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 43/E del 10 ottobre 2009.

Depone, per l’affermazione del suindicato principio, la considerazione che, diversamente opinando, resterebbero intangibili, per effetto dello “scudo”, anche importi accertati non riconducibili neanche astrattamente a quelli rimpatriati.

Ulteriore supporto ermeneutico, nel senso indicato, discende dalla relazione al disegno di legge di conversione del D.L. n. 78 del 2009, laddove precisa che nessun effetto preclusivo si realizza per gli importi accertati, eccedenti quelli indicati nella dichiarazione riservata o comunque non riconducibili ai capitali rimpatriati.

Ritiene, pertanto, il Collegio vada ribadito il principio, affermato da questa Corte, secondo il quale “In tema di esercizio del potere d’imposizione sui capitali c.d. “scudati”, l’effetto preclusivo del generale potere di accertamento tributario, previsto al D.L. n. 350 del 2001, art. 14, comma 1, lett. a), ha natura di misura eccezionale; (…) la limitazione normativa dell’inibizione dell’accertamento(…)richiede la dimostrazione di una concreta correlazione oggettiva (…) tra il reddito accertato e la provenienza delle somme o dei beni rimpatriati..” Pertanto, “l’art. 14 (…) deve essere interpretato (…) nel senso che il rimpatrio dei capitali “scudati” preclude (…) ogni accertamento tributario, limitatamente alle imposte dirette ed agli imponibili che il contribuente dimostri (..) correlati con le somme costituite all’estero” (Sez. 5, 30/12/2019, n. 34577).

Il ricorrente sostiene, per contro, che il dettato normativo vada inteso nel senso che all’Ufficio sia precluso “ogni accertamento tributario” in presenza dei presupposti di cui al D.L. n. 78 del 2009, art. 13-bis e cioè: a) la detenzione entro il 31.12.2008 di attività patrimoniali all’estero, in ambito UE; b) l’effettività del rimpatrio di quella attività e della regolarizzazione mediante il pagamento dell’imposta straordinaria; c)l’assenza di contestazioni di violazioni di obblighi dichiarativi circa le attività detenute all’estero ai seni del D.L. n. 350 del 2001, art.14.

In tal modo, deduce la parte, che la preclusione possa essere opposta all’Ufficio anche in caso di imponibili successivamente accertati, non riconducibili ai capitali rimpatriati. Ed, invece, correttamente la CTR ha ritenuto che “l’adesione allo scudo fiscale non preclude, per il periodo anteriore al rimpatrio e alla regolarizzazione, l’attività di accertamento tributario (nella specie) di tipo sintetico, che accerta il reddito sulla base della spese effettive e presunte che il contribuente ha sostenuto nell’anno d’imposta. Infatti, è evidente che le somme occultate all’estero non potevano essere state utilizzate per sostenere le spese…poiché l’impiego di capitali e l’accantonamento degli stessi sono concetti ed attività tra loro logicamente antitetici…”.

Condivisibile, quindi, la conclusione del Giudice regionale, che le spese effettuate nel periodo dato non potevano che essere state sostenute mediante redditi ulteriori, rispetto a quelli successivamente rimpatriati e che tra le disponibilità ulteriori accertate e quelle “scudate”, non vi fosse alcun collegamento. Ed anzi il ricorrente non solo non ne dimostra il contrario, ma ne esclude la necessità.

Il ricorso va, pertanto, rigettato. Nulla va definito sulle spese non avendo svolta l’Agenzia delle Entrate attività defensionale.

Ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente del c.d. doppio contributo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Dà atto che ricorrono ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello fissato per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2022

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