Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3861 del 16/02/2018


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 3861 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: CORTESI FRANCESCO

SENTENZA
-P

,r

sul ricorso iscritto al n. 18023/2013 R.G. proposto da
CASTALDO MICHELE, CAMPOLO STEFANO, D’ALISE ANTONIO,
ERCOLANO MARIA, LA MONTAGNA LUIGI, RUOTOLO GENNARO,
SILVENI MARIA, RUOTOLO VITTORIO, PONTICELLO DOMENICO,
CALABRÒ VINCENZO, MINICHINO SALVATORE, VISONE CARMINE e
PUZIO RAFFAELE, rappresentati e difesi dall’Avv. Maria ANDRETTA,
presso la quale sono elettivamente domiciliati a Roma in via A.
Gramsci n. 36
– ricorrenti contro
CACCAVALE ANTONIO

intimato –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 2965/2012,
depositata il 17.9.2012, non notificata.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 15.1.2018 dal
Consigliere dott. Francesco CORTESI;

(

Data pubblicazione: 16/02/2018

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Gianfranco SERVELLO che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avv. Riccardo PAPARELLA per la parte intimata.

FATTI DI CAUSA

1. Riassumendo il giudizio già promosso innanzi al Tribunale di

ricorrenti, proprietari di alcune unità immobiliari site all’interno dei
fabbricati contrassegnati con le lettere “A” e “B” di un complesso
edilizio in Castelnuovo costruito da Antonio Caccavale, chiesero al
Tribunale di Noia che fosse accertata la destinazione condominiale
a parcheggio di alcuni spazi interni ai detti fabbricati, in ossequio a
quanto prescritto dall’art. 41 sexies della I. n. 1150 del 1942, e
perciò la nullità dei rispettivi contratti d’acquisto nella parte in cui
non era loro attribuito il diritto reale d’uso del posto auto, oltre al
risarcimento del danno a carico del costruttore.
Costituitosi il Caccavale – il quale chiese il rigetto della
domanda e, per l’ipotesi di suo accoglimento, spiegò
riconvenzionale onde vedere accertato il proprio diritto al
corrispettivo per la costituzione del diritto d’uso- il tribunale accolse
la domanda.
2. Adìta con gravame del Caccavale, resistenti gli originari
attori vittoriosi, la Corte d’Appello di Napoli riformò integralmente
la sentenza.
I giudici d’appello rilevarono anzitutto il difetto di valida
costituzione in giudizio di Vincenzo Calabrò, la cui firma in calce
all’atto introduttivo risultava apposta dal diverso attore Michele
Castaldo “per delega”, senza che tuttavia fosse specificato di che
delega o procura si trattasse, e senza alcuna produzione al
riguardo.
Nel merito, osservarono poi:

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Napoli, poi dichiaratosi incompetente per territorio, gli odierni

- quanto al fabbricato “A”, che la relativa licenza edilizia non
prevedeva alcuna riserva di destinazione di aree a parcheggio, la
cui individuazione doveva intendersi riservata alla P.A., di guisa che
non poteva consentirsi al giudice di attribuire ai singoli acquirenti
delle unità immobiliari il relativo diritto d’uso sulla proprietà del
venditore;
– quanto al fabbricato “B”, che era fondata l’eccezione di

grado, essendo emerso dall’istruttoria esperita che le unità
immobiliari erano state tutte alienate fra il 1968 ed il 1973, ma che
a partire dal 1969- e fino all’instaurazione del giudizio, avvenuta
nel 1994- i locali destinati a parcheggio erano stati ceduti in
godimento dal proprietario a terzi, che tuttora li avevano in
detenzione.
3. La sentenza è impugnata dagli appellati soccombenti con
ricorso per cassazione affidato a sette motivi; in prossimità
dell’udienza, Massimo, Ciro e Domenico Caccavale, eredi di Antonio
Caccavale nel frattempo deceduto, hanno depositato atto di
costituzione.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti denunziano violazione degli
artt. 83, 156, 221 e ss. cod. proc. civ., nonché nullità della
sentenza ed insufficienza della motivazione, in relazione alla
ritenuta invalidità della costituzione in giudizio di Vincenzo Calabrò.
Osservano al riguardo che il Caccavale non aveva formulato
specifiche contestazioni alla validità della costituzione, limitandosi a
chiedere l’accertamento della “legittimazione sostanziale e
processuale” di tutti gli attori; la corte d’appello, pertanto, avrebbe
violato il principio di diritto secondo cui la sottoscrizione con firma
illeggibile della procura alle liti non determina nullità della stessa
ove non siano svolte specifiche contestazioni in punto
3

prescrizione del diritto per non uso sollevata dal Caccavale in primo

all’individuazione del conferente, il nominativo di quest’ultimo sia
comunque evincibile dal contesto dell’atto, o l’atto sia idoneo a
fornire la certezza giuridica della riferibilità a soggetto individuato.
1.1. Il motivo è infondato.
La corte d’appello ha rilevato che nel caso di specie la firma
posta in calce al mandato alle liti allegato all’atto introduttivo del
giudizio di primo grado in corrispondenza del nominativo del

Castaldo, che si dichiarava delegato dal primo; si verte, pertanto,
in una fattispecie di rappresentanza ex art. 77 cod. proc. civ. checome correttamente rilevato nella sentenza impugnata- avrebbe
imposto il rilascio di procura in forma scritta.
Nel caso di specie, conseguentemente, la statuizione della corte
d’appello appare corretta, poiché muove dal rilievo di un difetto di
rappresentanza che determina invalidità della costituzione ed è,
come tale, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del
giudizio; né, peraltro, potrebbe in questa sede procedersi alla
relativa regolarizzazione ex art. 372 cod. proc. civ., poiché a fronte
dell’avversa eccezione l’obbligo della parte di regolarizzare l’atto
sorgeva immediatamente (cfr. Cass. Sez. Un., 4.3.2016, n. 4248).
2. Con il secondo motivo i ricorrenti- denunziando violazione di
legge, nullità della sentenza e vizio di motivazione- censurano la
sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto, una volta
accertata la violazione della norma urbanistica da parte della
licenza relativa al fabbricato “A”, ove non erano state previste le
aree di parcheggio di cui all’art. 41 sexies I. n. 1150 del 1942, che
il giudice non potesse individuare tali aree assegnandole in uso ai
singoli proprietari di unità immobiliari, reputando tale attività
riservata alla discrezionalità dell’amministrazione.
I ricorrenti richiamano alcuni precedenti di questa corte che ha
attribuito al giudice tale potere nel caso in cui i singoli proprietari
abbiano proposto azione per il riconoscimento del diritto reale
d’uso.
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Calabrò corrispondeva, in realtà, a quella del diverso attore Michele

Il motivo può essere trattato congiuntamente al terzo, con il
quale i ricorrenti denunziano violazione di legge, nullità della
sentenza e vizio di motivazione dolendosi della mancata
declaratoria di nullità dei contratti di trasferimento delle unità
immobiliari, nonostante l’accertamento della loro contrarietà a
norma imperativa.
2.1. Le censure sono infondate.

insegnamento della giurisprudenza di legittimità (per tutte v. Cass.
13.1.2010, n. 378) secondo cui l’art. 41 sexies della I. n. 1150 del
1942, introdotto dall’art. 18 della I. n. 765 del 1967, che stabilisce
la riserva nelle nuove costruzioni di appositi spazi per parcheggi,
opera come norma di relazione nei rapporti privatistici e come
norma di azione nel rapporto pubblicistico con la P.A., non potendo
quest’ultima autorizzare nuove costruzioni che non siano corredate
di dette aree, giacché l’osservanza della norma costituisce
condizione di legittimità della concessione edilizia, e spettando
esclusivamente alla stessa RA. l’accertamento della conformità
degli spazi alla misura proporzionale stabilita dalla legge e della
idoneità a parcheggio delle aree, con la conseguenza che il
trasferimento del vincolo di destinazione su aree diverse da quelle
originarie può avvenire soltanto mediante il rilascio di una
concessione in variante.
Non sono pertinenti, al riguardo, i richiami giurisprudenziali
operati dai ricorrenti, che si riferiscono alla diversa ipotesi in cui il
riferimento all’area destinata a parcheggio manchi nei singoli atti di
trasferimento delle unità immobiliari site nelle nuove costruzioni.
Non sussistendo i presupposti per l’affermazione della
sussistenza del diritto d’uso nel fabbricato, resta così assorbito il
motivo volto alla declaratoria di nullità in parte qua dei contratti di
trasferimento delle relative unità immobiliari.
3. Con il quarto, il quinto ed il sesto motivo, denunziando
violazione di legge, nullità della sentenza e vizio di motivazione, i
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La corte d’appello si è infatti uniformata al consolidato

ricorrenti si dolgono del rigetto della loro domanda di declaratoria
di intervenuta prescrizione del diritto reale d’uso inerente al
fabbricato “B”.
Assumono, in particolare: che il diritto in questione non viene
meno per non uso, trattandosi di diritto irrinunciabile e
permanente; che, in ogni caso, la corte d’appello avrebbe errato
nell’individuare il

dies a quo del relativo termine, poiché essi

1978, con conseguente efficacia interruttiva dell’atto introduttivo
del giudizio di primo grado, non potendo ridondare in loro danno la
situazione facente capo ai precedenti proprietari; che, comunque,
dall’istruttoria esperita erano emerse circostanze che
comprovavano la concreta destinazione delle aree a parcheggio.
3.1. I motivi sono tutti privi di pregio.
Il primo di essi è manifestamente infondato, costituendo jus
receptum la soggezione a prescrizione del diritto d’uso sulle aree a
parcheggio, in quanto non rientrante tra i diritti indisponibili ex art.
2934, comma 2, cod. civ. (così fra le numerose altre Cass.
21.11.2016, n. 23669).
Il relativo termine ventennale- venendo così alla seconda
censura- decorre dall’acquisto dell’immobile; nella presente
fattispecie rileva tuttavia la circostanza del primo acquistopacificamente avvenuto prima del ventennio anteriore all’avvio
della lite davanti al tribunale- poiché la sentenza impugnata ha
dato atto che il costruttore, nell’eccepire la prescrizione, aveva
dedotto e provato che fin da data anteriore, e continuativamente, i
locali destinati a parcheggio erano stati destinati ad uso diverso,
idoneo a determinare il compiersi della prescrizione.
Quanto alla terza censura, infine, essa è inammissibile,
consistendo in un sindacato sulla valutazione dei dati istruttori da
parte del giudice del merito, non consentita nella presente sede di
legittimità.

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avevano tutti acquistato dai loro danti causa in anni successivi al

4.

Il settimo motivo, con il quale i ricorrenti denunziano

violazione dell’art. 2053 cod. civ. e vizio di motivazione in relazione
al rigetto della loro domanda risarcitoria conseguente alla lesione
del diritto reale, è assorbito dalla decisione sui motivi che
precedono.
5. In definitiva, il ricorso è meritevole di rigetto; le spese vanno
,,, `) Oetnr)
conseguentemente poste a carico dei ricorrenti nella misura

comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002.

P.Q.M.
Iv

94.1:)

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La Corte rigetta il ricorso e pone a carico dei ricorrenti fe—s-p e s e , che
liquida in C 5.000,00 per compensi ed C 200,00 per esborsi, oltre
spese generali nella misura del 15% sui compensi ed accessori di
legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei
ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis,
dello stesso articolo 13.

liquidata in dispositivo; sussistono i presupposti di cui all’art. 13

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