Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3861 del 08/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 08/02/2022, (ud. 05/07/2021, dep. 08/02/2022), n.3861

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 17946/2015 proposto da:

B.P., rappresentato e difeso dagli avv.ti Tonio Di

Iacovo e Andrea Russo elettivamente domiciliato in Roma viale Castro

Pretorio 122 (presso lo studio Pirola-Pennuto-Zei & associati);

– ricorrente –

Contro

Agenzia della Entrate;

– intimata –

Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale della

Emilia-Romagna n. 161/07/2015 depositata il 22/01/2015.

Udita la relazione del Consigliere Dott. Catello Pandolfi nella

camera di consiglio del 5 luglio 2021.

 

Fatto

RILEVATO

che:

B.P. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna n. 161/07/15, depositata il 22 Gennaio 2015. La vicenda trae origine dalla notifica, da parte della Direzione provinciale di Rimini dell’Agenzia delle Entrate, della cartella di pagamento (OMISSIS), relative a due avvisi di accertamento di maggiorì imposte, relativi, ciascuno, agli anni 2006 e 2007.

La cartella è stata opposta innanzi alla CTP di Rimini che respingeva il ricorso del contribuente. Il successivo appello dell’Ufficio veniva, invece, accolto. Il B. impugna la decisione del Giudice regionale deducendo cinque motivi. Deposita memoria.

L’Agenzia non ha resistito con controricorso, depositando atto di costituzione al solo fine di partecipare all’eventuale discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione della L. n. 890 del 1982, art. 8, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

In particolare, censura che la CTR abbia ritenuto rituale la notifica degli avvisi di accertamento, cui si riferisce la cartella impugnata, malgrado l’operatore postale, inserita nella cassetta postale l’avviso di giacenza, avesse provveduto a spedire le “seconde” raccomandate, ma senza avviso di ricevimento.

Lo stesso vizio il ricorrente deduce, anche sotto il profilo dell’errore processuale, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

I due motivi possono essere trattati congiuntamente, per connessione, ed essere ritenuti infondati.

Infatti, la giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che “In tema di notifica diretta degli atti impositivi, eseguita a mezzo posta dall’Amministrazione senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario(come nella specie), in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario, la notificazione si intende eseguita decorsi dieci giorni dalla data del rilascio dell’avviso di giacenza e di deposito presso l’Ufficio Postale (o dalla data di spedizione dell’avviso di giacenza, nel caso in cui l’agente postale, sebbene non tenuto, vi abbia provveduto), trovando applicazione in detto procedimento semplificato, posto a tutela delle preminenti ragioni del fisco, il regolamento sul servizio postale ordinario che non prevede la comunicazione di avvenuta notifica..” (Sez. 5, 28/05/2020, n. 10131).

Nessun vizio e’, pertanto, ascrivibile alla sentenza impugnata per aver ritenuto, il giudice regionale, rituale le notifiche.

Con il terzo, il quarto e il quinto motivo, la parte si duole, con diverse angolazioni, che la CTR non avesse ritenuto provata la manomissione della cassetta postale con sottrazione del contenuto, ad opera d’ignoti, causa per la quale, senza sua colpa, non era venuto a conoscenza degli avvisi di accertamento. Circostanza non contestata dall’Ufficio per cui il giudicante avrebbe dovuto, pertanto, ritenerla provata ex art. 115 c.p.c. Producendo, comunque, il B., una dichiarazione scritta di un vicino di casa che confermava l’accaduto.

Tali motivi possono essere, anch’essi, trattati congiuntamente perché si basano, tutti, sulla medesima doglianza circa la mancata corretta applicazione da parte della CTR del principio di non contestazione.

La doglianza è infondata.

Il ricorrente, invoca, tale principio per sostenere che la manomissione della cassetta postale e la sottrazione del contenuto, non potevano che essere ritenute provate, con la conseguenza che la procedura notificatoria non si sarebbe perfezionata.

Per contro, l’Agenzia non poteva contestare il fatto dedotto in senso storico, non avendo alcun elemento per farlo, sia in senso affermativo che negativo, trattandosi di un accadimento ignoto all’Ente, sul se e sul quando.

Non si verte, dunque, nell’ambito dell’art. 115 c.p.c. che afferisce alla valutazione di fatti storici sui quali le parti sono in condizione, l’una di affermarli, l’altra di contestarli. Questa Corte ha chiarito, e va qui ribadito, che “I fatti addotti da una parte possono considerarsi pacifici, rimanendo così essa esonerata dalla relativa prova, soltanto quando siano stati esplicitamente ammessi dall’altra parte, ovvero questa, pur senza contestarli, abbia impostato la propria difesa su elementi e argomenti incompatibili con il loro disconoscimento. (Sez. 2 -, 07/05/2018 n. 10864, n. 10864).

Nel caso in esame, l’Ufficio non ha esplicitamente ammesso le circostanze indicate dal ricorrente, né ha dedotto difese logicamente incompatibili con il loro disconoscimento. E infatti, di fronte alla dichiarazione a firma P.L., vicino di casa del contribuente e da quest’ultimo prodotta in appello, l’Ufficio, non potendo valutare il documento in nessun senso quanto al contenuto, si è limitato a valutarlo dal punto di vista degli eventuali effetti sulla procedura di notifica. Ritenendo che, anche se l’evento riferito si fosse verificato, non poteva inficiare la legittimità degli atti impositivi, e quindi la legittimità della pretesa, in quanto la procedura notificatoria si era ritualmente perfezionata. Si sarebbe trattato, in altri termini, di un evento, comunque, esterno ad essa.

Peraltro, producendo, la parte, in giudizio il citato documento, a prescindere dalla confutazione o meno delle circostanze in esso riferite, il documento stesso diviene acquisito al processo ed è oggetto di libera valutazione del giudicante. Come questa Corte ha già affermato, nel senso che: “l’onere di contestazione riguarda le allegazioni delle parti e non i documenti prodotti, né la loro valenza probatoria la cui valutazione, in relazione ai fatti contestati, è riservata al giudice” (Sez. 3, 21/06/2016, n. 12748).

Correttamente il Giudice d’appello ha, quindi, ritenuto di poterlo valutare nella sua valenza probatoria, nei termini espressi in motivazione. Ne’ quella valutazione è suscettibile di riconsiderazione in sede di legittimità.

Pertanto, il ricorso va rigettato. Nulla deve essere definito sulle spese non avendo l’Agenzia della Entrate svolto alcuna attività defensionale. Ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente del c.d. doppio contributo.

PQM

Rigetta il ricorso.

Si dà atto che ricorrono i presupposti D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello fissato per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2022

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