Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 386 del 10/01/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 386 Anno 2014
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 3713-2012 proposto da:
ESTRUSIONE ITALIA S.P.A. C.F. 01439340595, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA A. CARONCINI 27, presso lo
studio dell’avvocato SENSI FLAMINI°, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
3298

T

contro

SACCHETTI DANIELA C.F. SCCDNL70C631832T, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA EMILIO DE’ CAVALIERI 11,
presso lo studio dell’avvocato FONTANELLI ALDO, che la

Data pubblicazione: 10/01/2014

rappresenta e difende unitamente all’avvocato VALLE
ANGELO, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 9301/2010 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 08/07/2011 R.G.N. 6421/2008;

udienza del 19/11/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
MANNA;
uditi gli Avvocati FONTANELLI ALDO e VALLE ANGELO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

R.G. n. 3713/12
Ud. 19.11.13
Estrusione Italia S.p.A. c. Sacchetti

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 14822/07 questa S.C. cassava – con rinvio alla Corte d’appello di
Roma – la sentenza n. 116/2003 con cui il Tribunale di Latina (pronunciando quale

giudice di secondo grado) aveva, in riforma della sentenza di prime cure emessa dal
Pretore della stessa sede, condannato Estrusione Italia S.p.A. al pagamento, in
favore di Daniela Sacchetti, di curo 50.000,00 a titolo di danno alla vita sessuale e
di euro 25.000,00 a titolo di danno morale, oltre interessi dalla data dell’infortunio
patito il 10.2.92 dal coniuge (Claudio Casale) della danneggiata, da calcolarsi sulla
metà dei predetti importi.
L’annullamento era stato disposto perché il Tribunale aveva fondato la propria
decisione su documenti depositati in appello dalla difesa di Daniela Sacchetti, senza
pronunciarsi sull’eccezione di tardività della loro produzione sollevata da
Estrusione Italia S.p.A.
Con sentenza depositata in data 8.7.11 la Corte d’appello di Roma, pronunciando
in sede di rinvio, rigettava l’eccezione di tardività della produzione dei documenti
predetti e nel merito confermava la liquidazione dei danni contenuta nella
summenzionata sentenza n. 116/2003 del Tribunale di Latina, richiamandone le
motivazioni.
Estrusione Italia S.p.A. ricorre per la cassazione della sentenza della Corte
territoriale affidandosi a tre motivi.
Daniela Sacchetti resiste con controricorso.
Nelle more la difesa di Estrusione Italia S.p.A. ha depositato la sopravvenuta
sentenza dichiarativa di fallimento della società medesima.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. – Si premetta l’irrilevanza, nella presente sede, della sopravvenuta
dichiarazione di fallimento della società ricorrente poiché nel giudizio di
cassazione, dominato dall’impulso d’ufficio, il sopravvenuto fallimento del
ricorrente non determina l’interruzione del processo (cfr., ex aliis, Cass. 17.7.13 n.
17450; Cass. 31.5.12 n. 8685; Cass. 5.7.11 n. 14786; Cass. S.U. 14.11.03 n. 17295).

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Ud. 19.11.13
Estrusione Italia S.p.A. c. Sacchetti

2.1. – Con il primo motivo si lamenta violazione degli artt. 324 e 394 c.p.c. e vizio
di motivazione nella parte in cui l’impugnata sentenza ha ritenuto che i documenti
fossero stati già ritualmente depositati in prime cure unitamente al ricorso

introduttivo di lite, mentre – ad avviso della società ricorrente – nel precedente
giudizio di legittimità era stato pacificamente e irretrattabilmente accertato il
contrario, tanto che l’annullamento era stato disposto proprio affinché il giudice del
rinvio pronunciasse sull’eccezione di tardività della produzione sollevata ex art. 437
co. 2° c.p.c. da Estrusione Italia S.p.A.
Doglianza sostanzialmente analoga viene fatta valere anche con il secondo motivo
di ricorso, sotto forma di violazione degli artt. 414 e 437 co. 2° c.p.c. e di vizio di
motivazione, non potendo la Corte territoriale ammettere tale produzione nemmeno
per l’asserita indispensabilità ai fini del decidere, proprio perché essa era avvenuta
solo dopo la proposizione dell’atto di gravame – in occasione della costituzione di
nuovo difensore (avvenuta soltanto il 14.2.02) – e senza che la difesa di Daniela
Sacchetti avesse in alcun modo giustificato la propria precedente inerzia.
Con il terzo motivo di ricorso ci si duole di violazione dell’art. 116 c.p.c. e di
vizio di motivazione per avere l’impugnata sentenza accolto la domanda risarcitoria
in base a documenti insufficienti a comprovarla, atteso che proprio alla luce della
CTU prodotta (CTU che era stata espletata nel giudizio civile tra l’infortunato e la
società datrice di lavoro) non esisteva un danno alla vita sessuale stricto sensu,
essendosi ipotizzata una mera impossibilità di procreare (aspermia), in realtà
destinata a regredire nel tempo; inoltre la Sacchetti non aveva dimostrato di volere
altri figli né aveva provato la permanenza della patologia riportata dal marito, dal
quale — per altro — era separata da anni. Infine, del pari era rimasto sfornito di prova
il danno morale, per di più liquidato in maniera arbitraria in assenza di idonei
parametri.

3.1. – I primi due motivi (da esaminarsi congiuntamente perché intimamente
connessi fra loro) vanno disattesi.
Da un’attenta lettura della summenzionata sentenza n. 14822/07 emerge che
questa S.C. non ha affatto accertato la reale tardività della produzione dei
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Estrusione Italia S.p.A. c. Sacchetti

documenti asserita dall’odierna ricorrente, ma si è limitata a cassare la sentenza n.
116/2003 del Tribunale di Latina per omessa pronuncia sull’eccezione di tardività
sollevata da Estrusione Italia S.p.A.
Dunque, nulla vietava al giudice di rinvio, alla stregua dell’art. 394 c.p.c., di

accertare autonomamente se i documenti de quibus erano stati effettivamente già
prodotti in prime cure e, poi, semplicemente ridepositati nel corso del giudizio
d’appello, come espressamente affermato dall’impugnata sentenza.
Essa ha altresì evidenziato che i documenti in discorso sono stati depositati in
ottemperanza all’ordinanza emessa il 28.11.01 dal Tribunale di Latina, che aveva
rilevato la mancanza del fascicolo della appellante negli atti già formalmente
depositati dalla Sacchetti (del che aveva già dato atto anche la citata sentenza n.
14822/07 di questa S.C.).
E infatti, proprio in calce all’atto con cui il nuovo difensore di Daniela Sacchetti si
era costituito in appello (uno stralcio del quale è stato riprodotto nel ricorso per
cassazione in oggetto) si legge la seguente annotazione di cancelleria: “Fascicolo
relativo al 1 0 grado ricostruito”.
Deve concludersi che, non facendo il ricorso questione alcuna di erronea
ricostruzione del fascicolo di parte, si tratta di documenti già depositati in primo
grado (come affermato dalla Corte territoriale).
Ciò supera ogni altra censura sollevata dall’odierna ricorrente in ordine a pretese
violazioni dell’art. 437 co. 20 c.p.c. o a vizi di motivazione circa l’indispensabilità
dei documenti ai fini del decidere.

3.2. — Il terzo motivo di ricorso è infondato.
Premesso che il danno morale e quello sessuale e alla vita di relazione rientrano
pur sempre nell’ampia ed omnicomprensiva categoria del danno non patrimoniale,
che non è possibile suddividere in ulteriori sottocategorie, se non con valenza
meramente descrittiva, si tenga presente che la loro esistenza può presumersi anche
in base a mere massime di esperienza (cfr. Cass. S.U. 11.11.08 n. 26972), in
particolare se basate sui rapporti personali fra coniugi (regolati dall’art. 143 c.c.),
come nel caso di specie, salva restando la possibilità di prova contraria.
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Estrusione Italia S.p.A. c. Sacchetti

Le obiezioni svolte circa una pretesa separazione fra l’odierna controricorrente e il
marito e/o quelle concernenti la scelta di non avere (altri) figli implicano
accertamenti di fatto, estranei al giudizio di legittimità.

che avvenire in via equitativa, non esistendo parametri legislativi a riguardo.
Ciò detto, non risponde al vero che l’impugnata sentenza abbia proceduto ad una
loro liquidazione arbitraria: i giudici del rinvio hanno espressamente fornito una
motivazione per relationem a quella già espressa dalla citata sentenza n. 116/2003
del Tribunale di Latina, motivazione consentita — v. art. 118 disp. att. c.p.c. nel testo
novellato ex lege n. 69/2009 – se riferita ad altra pronuncia agevolmente reperibile
dalle parti (cfr., ex aliis, Cass. 12.2.13 n. 3340; Cass. 22.5.12 n. 8053).
Nel caso di specie il riferimento è avvenuto ad una sentenza perfettamente
conosciuta da entrambe le parti e, segnatamente, proprio da Estrusione Italia S.p.A.,
che l’aveva specificamente impugnata mediante ricorso per cassazione anche
riguardo alla prova del danno e alla sua liquidazione (come risulta dalla lettura della
citata sentenza n. 14822/07 di questa S.C.).
Per il resto, le doglianze mosse dalla società ricorrente in sostanza si limitano a
sollecitare soltanto un nuovo apprezzamento in punto di fatto del materiale di causa.

4.1. – In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la
soccombenza.
P.Q.M.

La Corte
rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del giudizio di
legittimità, liquidate in euro 100,00 per esborsi e in euro 3.500,00 per compensi
professionali, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, in data 19.11.13.

In ordine, poi, alla liquidazione dei danni per cui è causa, si noti che essa non può

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