Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3859 del 08/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 08/02/2022, (ud. 05/07/2021, dep. 08/02/2022), n.3859

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 9745/2015 proposto da:

D.S.C., rappresentato e difeso dagli avv.to Pasquale

Bottiglione elettivamente domiciliato in Taranto via Umbria 182,

domicilio in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

Contro

Equitalia Sud s.p.a., rappresentata e difesa dall’avv. Gianfranco

Chiarelli elettivamente domiciliata in Roma viale Africa n. 40

presso lo studio dell’avv. Federica Sordini;

– Controricorrente –

e

Agenzia della Entrate, in persona del Direttore p.t., rappresentata e

difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, dom.ta ex lege in Roma,

alla via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale della

Puglia sezione di Taranto n. 2661/29/14 depositata il 17/12/2014.

Udita la relazione del Consigliere Dott. Catello Pandolfi nella

camera di consiglio del 5 luglio 2021.

 

Fatto

RILEVATO

che:

D.S.C. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia-sezione distaccata di Taranto n. 26029/14 depositata il 17/12/2014.

La vicenda trae origine dalla notifica delle cartelle di pagamento n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS), che sarebbero state notificate il 11.12.2007 e il 21.08.06.

Gli atti venivano opposto innanzi alla CTP di Taranto che rigettava il ricorso del contribuente. Il successivo appello non aveva esito diverso.

Il contribuente impugna la suindicata decisione deducendo: a) omessa motivazione della sentenza gravata, b) la mancata allegazione degli atti presupposti c) l’erronea dichiarazione di inammissibilità della querela di fatto proposta in corso di causa. Resisteva Equitalia Sud s.p.a. con controricorso.

Si costituiva l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorso, sia pure con una formulazione a “grappolo”, cioè con l’enunciazione, in avviluppata successione di più motivi di censura, senza l’ausilio di una loro ordinata articolazione; può tuttavia riassumersi nei termini seguenti.

Deduce in primo luogo, il ricorrente, nullità della sentenza per omessa motivazione (in altro rigo definisce la pronuncia “pressoché priva di motivazione”).

In particolare, assume di non aver mai ricevuto le due cartelle opposte, ma di aver ricevuto, “nello stesso giorno” in cui sarebbero state notificate le due cartelle di pagamento qui opposte, “altre” cinque cartelle “già indicate nel ricorso”, cioè atti diversi da quelli per cui è causa.

Si legge più avanti (quinta pagina ultime righe del ricorso) che, delle cartelle impugnate, era venuto a conoscenza “solo in seguito ad interrogazione effettuate presso Equitalia, con risposta scritta esibita contestualmente al ricorso introduttivo del giudizio”. Con tale affermazione intende confermare che egli aveva sempre lamentato, coerentemente, la mancata ricezione delle due cartelle di pagamento in parola, avendone, invece, ricevuto altre in un’unica busta, e che tale circostanza trovava riscontro in quanto da lui dichiarato “nel verbale d’udienza di trattazione del giudizio di primo grado”. Ciò per rimarcare la uniformità delle sue enunciazione e contestare che egli si fosse espresso in termini difformi nel corso dei due gradi di merito. In particolare, contesta il passaggio della sentenza laddove si afferma “né in primo grado né in appello è stato mai contestato la ricezione delle due raccomandate del 21.8.06 e dell”11.12.2007…”.

Ora, con riferimento a quanto prospettato e per verificare le circostanze dedotte, sarebbe stato necessario che il collegio disponesse sia della “risposta scritta” che Equitalia avrebbe rilasciato al ricorrente, sia del “verbale di udienza di trattazione del giudizio di primo grado”, pure da lui richiamato.

Tali documenti avrebbero dovuto essere incorporati, almeno in stralcio, nel ricorso per cassazione, al fine di consentire al Collegio, che in tal modo ne è impedito, di verificare, in base alla sua sola lettura, le deduzioni e le circostanze enunciate dalla parte.

Pertanto, il ricorrente non si è conformato, in violazione del principio di autosufficienza, al costante indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, secondo cui ” Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., impone che esso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo…” (Cass. n. 31082 del 28/12/2017). Il ricorso per cassazione deve cioè assumere connotati di autonomia, nel senso che il giudice di legittimità deve essere posto nella condizione di valutare la fondatezza dei motivi, senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte.

Non è perciò superabile il contrasto tra la ricostruzione dei fatti esposta nella motivazione della sentenza d’appello e quella del contribuente, in merito alla ricezione delle due raccomandate impugnate, esclusa dal ricorrente ed affermata dalla CTR come mai contestata dal primo.

Nel prosieguo del ricorso, continua ad emergere un contrasto tra la ricostruzione enunciata dal contribuente e quanto si legge nella sentenza impugnata. Infatti, in questa si legge che “nel giudizio di primo grado il contribuente ha eccepito di aver ricevuto, nelle date su indicate (21.08.06 e 11.12.2007), buste (al plurale) raccomandate contenenti n. 5 cartelle di pagamento, diverse da quelle impugnate, delle quali mai aveva avuto notifica..”.

Il contribuente, invece, ha fatto, bensì, riferimento alla ricezione di “altre cartelle (ma) in un unico plico”, e quindi, parrebbe, in un’unica busta. Ancora una volta, quale sia stata la versione resa nel ricorso introduttivo dalla parte, non è dato appurarla, dal momento che egli non ha inserito, nel ricorso in esame almeno stralci del testo di quello di primo grado, come suo onere, in base al principio surrichiamato.

Il ricorrente lamenta poi (pag. 6 del ricorso) poi la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39 per aver il giudice regionale dichiarata l’inammissibilità della querela di falso incidentale e per aver omesso di motivarne adeguatamente le ragioni.

Ora, la sentenza impugnata ha ritenuto l’inammissibilità della querela sul presupposto, già ricordato, che “né in primo grado, né in grado d’appello è stata mai contestata la ricezione delle due raccomandate del 21/8/06 e dell’11/12/2007, ma esclusivamente il loro contenuto, la querela di falso, attenendo esclusivamente al contenuto estrinseco degli avvisi di ricevimento, non può trovare ingresso nel presente giudizio..”. In sostanza la querela è stata ritenuta inammissibile per la assorbente ragione che essa non presentava le condizioni di cui all’art. 221 c.p.c., in quanto “non è in discussione la ricezione delle raccomandate e, quindi, né la sottoscrizione del consegnatario, né quella dell’agente postale, né la data della consegna, ma solo il loro contenuto”. Il ricorrente, invece, afferma che “non è vera la circostanza…secondo la quale la parte abbia ammesso di aver ricevuto gli avvisi e ne contesta solo il contenuto dacché risulta in atti tutto il contrario” ed inoltre ha ribadito che “ove il ricorrente ha posto l’attenzione sugli avvisi, ha accertato che si trattava di falso per l’irriconoscibilità del soggetto firmatario”. Si tratta di una versione del tutto opposta a quella esposta nella sentenza, nel senso che oggetto e scopo della querela sarebbe stato – a dire del D.S. – proprio quello di appurare “l’irriconoscibilità della sottoscrizione del consegnatario”. Non può, per inciso, non rilevarsi la poca chiarezza laddove la parte denuncia “la falsità per irriconoscibilità” della firma del consegnatario dell’avviso, poiché “l’irriconoscibilità” non è sinonimo di “falsità”, ma, dal contesto, è da ritenere che il termine sia usato in tal senso.

Ciò posto, è evidente che la parte avrebbe dovuto inserire nel corpo del ricorso il testo della formulazione della querela di falso, per consentire al Collegio di conoscerne i termini e verificare la difformità – come sostiene – tra il documento da lui redatto e l’opposto tenore della sentenza, sul punto.

Pertanto, emerge, ancora, la violazione del principio di autosufficienza, con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso.

Il ricorrente ha, inoltre, sollevato questione di costituzionalità per contrasto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 3, n. 3 con gli artt. 3,24 e 111 Cost., per non aver previsto, il richiamato articolo, che “la querela di falso possa essere presentata dinanzi al giudice tributario affinché ne valuti la rilevanza e ne rimetta le parti davanti al Tribunale ordinario..”.

Al riguardo e’, infatti, da ritenere che la questione sollevata difetti di rilevanza nel giudizio in corso, posto che il principio che il ricorrente mira ad affermare, ha già trovato applicazione nel presente giudizio, in quanto il Giudice regionale ha, appunto, vagliato l’istanza sotto il profilo della ammissibilità e rilevanza, con giudizio negativo, ritenendo che non vi fossero le condizioni per sospendere il giudizio. Del resto, la CTR ha operato coerentemente alla costante giurisprudenza di questa Corte in tema di presentazione della querela di falso al giudice tributario. (Cass. 30/11/2017 n. 28671; ma anche n. 8046/2013; N. 18139/2009).

Circa, infine, la mancata produzione in originale o in copia degli atti presupposti delle due cartelle emesse, la doglianza e’, per un verso, inammissibile in quanto rubricata, incomprensibilmente, come violazione dell’art. 110 Cost. e, per l’altro, infondata in quanto la parte non lamenta che le cartelle di pagamento non indicassero gli estremi degli atti presupposti e che fossero, perciò, affette da deficit motivazionale. Ne’ ha dimostrato quale effettivo pregiudizio al diritto di difesa avesse subito dalla loro mancata allegazione, come sarebbe stati necessario per farne discendere la nullità delle cartelle stesse. (sul punto, ex multis, Cass., 11/07/2018, n. 18224).

Pertanto, il ricorso è da ritenere inammissibile. Alla soccombenza segue la condanna alle spese. Ricorrono i presupposti per il versamento del c.d. doppio contributo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che liquida in Euro 4.200,00 per ciascuna delle parti costituite nonché Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Dà atto che sussistono i presupposti, D.P.R. n. 115 del 2003, ex art. 13, comma 1-quater, per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello fissato per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2022

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA