Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3858 del 17/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 17/02/2011, (ud. 15/12/2010, dep. 17/02/2011), n.3858

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Michele – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, PULLI CLEMENTINA, VALENTE NICOLA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.C.A.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 577/2008 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 30/06/2008 R.G.N. 322/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2010 dal Consigliere Dott. GABRIELLA COLETTI DE CESARE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Messina, confermando la decisione di primo grado, ha dichiarato il diritto del dante causa dell’odierno intimato alla trasformazione dell’assegno – pensione di invalidita’ in pensione di vecchiaia, ritenendo maturato il requisito contributivo prescritto per quest’ultima prestazione in base al rilievo che ai contributi effettivi gia’ accreditati andavano sommati i contributi figurativi spettanti per il periodo di godimento del trattamento di invalidita’; ha ritenuto, altresi’, che il ricorrente avesse diritto a conservare l’importo di tale trattamento in applicazione della L. n. 222 del 1984, art. 1, comma 10, ultimo periodo, ai sensi del quale l’importo della pensione di vecchiaia non puo’ essere inferiore a quello della pensione gia’ in godimento.

Per la cassazione di questa sentenza l’INPS ha proposto ricorso basato su due motivi. A.C.A.S., intimato in qualita’ di erede del pensionato A.C. (o C.) S., non ha svolto attivita’ difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Nel primo motivo l’INPS denuncia violazione o falsa applicazione del R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, art. 10 conv. nella L. 6 luglio 1939, n. 1272, e della L. 12 giugno 1984, n. 222, art. 1, commi 6 e 10, nonche’ del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 8 conv. nella L. 11 novembre 1983, n. 638, del R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 60 del R.D.L. n. 636 del 1939, art. 9, della L. n. 218 del 1952, art. 2 e del D.Lgs. n. 503 del 1992, artt. 1, 2, 5 e 6 (tutti in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3). Premesso che l’assicurato e’ titolare di una pensione di invalidita’ acquisita in base alla normativa precedente la L. n. 222 del 1984 (in questi termini, il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado), sostiene che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto equiparabile la detta pensione all’assegno regolamentato dalla L. n. 222 del 1984 quanto alla possibilita’ di fruire della contribuzione figurativa per il periodo del relativo godimento, ai fini della integrazione del requisito contributivo prescritto per la pensione di vecchiaia.

2. Nel secondo motivo, con denuncia di violazione o falsa applicazione della L. n. 22 del 1984, art. 1, comma 10, del D.L. n. 463 del 1983, art. 8, conv. nella L. n. 638 del 1983, nonche’ del R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 60 del R.D.L. n. 636 del 1939, art. 9, della L. n. 218 del 1952, art. 2 e del D.Lgs. n. 503 del 1992, degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, (tutti in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), l’INPS sostiene che sentenza impugnata e’ giuridicamente errata anche nella parte in cui ha ritenuto che il diritto alla trasformazione in pensione di vecchiaia implichi il diritto a conservare (se piu’ favorevole) l’importo del trattamento di invalidita’ in godimento, anche nel caso in cui quest’ultimo sia una pensione di invalidita’ ex R.D.L. n. 636 del 1939.

3. Il ricorso, i cui motivi, all’evidenza tra loro connessi, si trattano congiuntamente, e’ fondato.

4. Osserva la Corte che la sua piu’ recente giurisprudenza esclude, per i titolari di pensione di invalidita’ acquisita nel regime del R.D.L. n. 636 del 1939 – pensione della quale, incontestatamente, e’ titolare l’odierno intimato -, l’applicabilita’ della L. n. 222 del 1984, art. 1, comma 10, (norma, quest’ultima, espressamente riferita all’assegno di invalidita’ di nuova introduzione), sia nella parte in cui detta norma consente di incrementare i contributi effettivamente versati con quelli figurativamente accreditati, sia nella parte in cui stabilisce che la trasformazione dell’assegno in pensione di vecchiaia opera “automaticamente” (ovviamente in presenza dei requisiti di assicurazione e di contribuzione prescritti per la pensione di vecchiaia) in coincidenza con il compimento dell’eta’ stabilita per il diritto a pensione di vecchiaia.

5. Sotto il primo profilo, va richiamata la sentenza n. 18580 del 2008 (seguita da Cass. n. 5646 del 2009, n. 9175 del 2010 e numerose altre conformi), la quale, superando motivatamente l’orientamento espresso nella sentenza n. 2875 del 2008 (posta dalla Corte territoriale a fondamento della propria decisione) ha affermato il seguente principio di diritto “La trasformazione della pensione di invalidita’ in pensione di vecchiaia al compimento dell’eta’ pensionabile e’ possibile ove di tale ultima pensione sussistano i requisiti propri anagrafico e contributivo, non potendo essere utilizzato, ai fini di incrementare l’anzianita’ contributiva, il periodo di godimento della pensione di invalidita’. Infatti, deve escludersi la possibilita’ di applicare alla pensione di invalidita’ la diversa regola prevista dalla L. n. 222 del 1984, art. 1, comma 10 in riferimento all’assegno di invalidita’ – secondo cui i periodi di godimento di detto assegno nei quali non sia stata prestata attivita’ lavorativa si considerano utili ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia – giacche’ ostano a siffatta operazione ermeneutica la mancanza di ogni previsione, nella normativa sulla pensione di invalidita’, della utilizzazione del periodo di godimento ai fini dell’incremento dell’anzianita’ contributiva, il carattere eccezionale delle previsioni che nell’ordinamento previdenziale attribuiscono il medesimo incremento in mancanza di prestazione di attivita’ lavorativa e di versamento di contributi, nonche’ le differenze esistenti tra la disciplina sulla pensione di invalidita’ e quella sull’assegno di invalidita’, la’ dove quest’ultimo, segnatamente, e’ sottoposto a condizioni piu’ rigorose, anche e soprattutto rispetto al trattamento dei superstiti”.

6. Sotto il secondo profilo si e’ osservato che la mancanza di un’apposita previsione di legge che espressamente contempli l’”automatica” conversione in pensione di vecchiaia della pensione di invalidita’ al compimento dell’eta’ pensionabile deve interpretarsi non gia’ come una omissione del legislatore, bensi’ come (intenzionale) riconoscimento all’assicurato – libero di valutare i vantaggi (e i possibili danni) economici che potrebbero derivargli dalla sostituzione della prestazione di cui e’ titolare (ben piu’ favorevole dell’assegno, segnatamente per il suo carattere sostanzialmente definitivo e reversibile ai superstiti) – della facolta’ di richiedere la conversione in parola; in altri termini, nel riconoscergli uno specifico diritto di opzione, che non puo’ che essere conseguente a una sua domanda in tal senso. Dal che la conseguenza che la trasformazione in pensione di vecchiaia della pensione di invalidita’ e’ subordinata a una specifica domanda del suo titolare ed opera dal primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda medesima (cfr. Cass. n. 622 del 2005, n. 855 del 2006, n. 4392 del 2007, n. 2879 del 2008 n. 11699 del 2008, n. 24772 del 2009, n. 6434 del 2010).

7. Tale essendo la lettura che e’ stata data della L. n. 222 del 1984, art. 1, comma 10 e che il Collegio pienamente condivide, non puo’ che concludersi nel senso che la richiesta di conservare l’eventuale piu’ favorevole importo economico della prestazione di cui e’ titolare; per il che la pensione di vecchiaia, conseguita come effetto della trasformazione, puo’ essere di importo inferiore a quello della prestazione precedentemente goduta. La previsione di irriducibilita’ dell’importo dell’assegno di invalidita’ e’, invero, intimamente connessa a quella di conversione “automatica” della prestazione in parola e non ha quindi ragion d’essere nel caso di una trasformazione del titolo rimessa alla facolta’ dell’assicurato e dunque da costui liberamente scelta e voluta.

8. In conclusione, va enunciato il seguente principio di diritto: “La trasformazione della pensione di invalidita’ acquisita nel regime del R.D.L. n. 636 del 1939 in pensione di vecchiaia e’ consentita solo se sussistono i requisiti assicurativi e contributivi propri di quest’ultima prestazione (non potendo essere utilizzati, figurativamente, i periodi di fruizione della pensione di invalidita’ senza svolgimento di attivita’ lavorativa) ed opera come effetto di una specifica opzione dell’assicurato, conseguendone che il diritto alla conversione decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della relativa domanda amministrativa e non da titolo alla conservazione (se piu’ favorevole) del trattamento economico in godimento”.

9. A questo principio non si e’ attenuta la sentenza impugnata che, pertanto, deve essere cassata, mentre la causa va rinviata alla stessa Corte d’appello di Messina, in diversa composizione, per i necessari accertamenti di fatto ed anche per provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione, anche per provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, il 15 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2011

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