Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3855 del 17/02/2020

Cassazione civile sez. II, 17/02/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 17/02/2020), n.3855

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22907/2015 proposto da:

G.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA

109, presso lo studio dell’avvocato BIAGIO BERTOLONE, rappresentato

e difeso dall’avvocato GIUSEPPE SCAVONE;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GUIDO

D’AREZZO, 2, presso lo studio dell’avvocato ANDREA DI PORTO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONINO GIUSEPPE RAVI’;

– controricorrente –

e contro

M.M.;

– intimato –

nonchè

sul ricorso proposto da:

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GUIDO

D’AREZZ0,2, presso lo studio dell’avvocato ANDREA DI PORTO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONINO GIUSEPPE RAVI’;

– ricorrente incidentale –

contro

G.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA

109, presso lo studio dell’avvocato BIAGIO BERTOLONE, rappresentato

e difeso dall’avvocato GIUSEPPE SCAVONE;

– controricorrente –

e contro

M.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 562/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 30/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/11/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

G.S. ha presentato ricorso, articolato in quattro motivi, avverso la sentenza n. 562/2015 della Corte di appello di Catania, depositata in data 30 marzo 2015.

Resiste con controricorso il Condominio (OMISSIS), che propone altresì ricorso incidentale in quattro motivi.

G.S. ha notificato controricorso per resistere al ricorso incidentale.

E’ rimasto intimato, senza svolgere attività difensive, M.M..

Con citazione notificata in data 16/22 luglio 2004, il Condominio (OMISSIS), convenne dinanzi al Tribunale di Catania M.M., titolare dell’omonima impresa edile, l’ingegnere G.S. e l’amministratore T.E., chiedendone la condanna alla restituzione delle somme percepite ed al risarcimento dei danni conseguenti alla negligente e difettosa esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria approvati con Delib. Assembleare 20 luglio 1999. Il Condominio attore espose che l’assemblea, dopo avere approvato il computo metrico delle opere, aveva conferito mandato all’amministratore T.E. ed al consiglio dei condomini di assegnare con trattativa privata il contratto di appalto alle migliori condizioni globali per il committente, ed aveva nominato direttore dei lavori l’ingegner G.S.. Il Condominio dedusse, quindi, che l’amministratore non si era attenuto alle direttive dell’assemblea nella scelta dell’impresa e nella stipula del contratto; che l’appaltatore M.M. non aveva svolto le opere risultanti dalla contabilità approvata dal direttore dei lavori, e che comunque le stesse presentavano vizi perchè non realizzate a regola d’arte.

Con sentenza del 23 febbraio 2010, il Tribunale di Catania, condannò in solido l’appaltatore M.M. e il direttore dei lavori G.S. al pagamento della somma di Euro 23.647,05, oltre interessi, nonchè il solo M.M. al pagamento dell’ulteriore somma di Euro 52.882,46, oltre interessi, ponendo a carico dei medesimi il pagamento delle spese processuali e di CTU; fu invece rigettata la domanda proposta nei confronti di T.E. (il quale, peraltro aveva chiamato in garanzia la propria assicuratrice Unipol s.p.a.).

Con appello del 13/15 luglio 2010, G.S. impugnò in via principale la decisione di primo grado, chiedendo il rigetto delle avverse pretese e l’accoglimento della propria riconvenzionale risarcitoria, mentre il Condominio avanzò gravame incidentale per ottenere gli ulteriori danni domandati, correlati al ritardo nella consegna delle opere ed alle sanzioni comminate dall’A.U.S.L. (OMISSIS), nonchè la rivalutazione delle somme dovute a titolo restitutorio e risarcitorio.

Con sentenza del 30 marzo 2015 la Corte d’appello di Catania ha rigettato l’appello proposto da G.S. e, in parziale accoglimento dell’appello incidentale proposto dal Condominio, ha condannato G.S. e M.M., in solido, all’ulteriore pagamento, in favore del Condominio, della rivalutazione monetaria sulla somma di Euro 23.647,05 dalla data dei singoli pagamenti in favore di M.M. sino alla decisione; la sentenza di secondo grado ha poi condannato M.M. al pagamento in favore del Condominio della rivalutazione sulla somma di Euro 52.882,46 dalla data di deposito della relazione di CTU del giudizio di primo grado sino alla data della decisione; ha, infine, confermato la statuizione del giudice di primo grado in ordine alle spese di lite, ed invece condannato G.S. e M.M., in solido, al rimborso in favore del Condominio di un quarto delle spese processuali del giudizio di appello.

La trattazione del ricorso è stata fissata in Camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e art. 380 bis.1 c.p.c..

Il Condominio (OMISSIS), ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c., in data 6 novembre 2019.

Va disattesa l’eccezione, formulata dal Condominio nella memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c., di inammissibilità per intempestività del controricorso di G.S. volto a resistere al ricorso incidentale, notificato telematicamente il 16 dicembre 2015. Il momento perfezionativo della notifica del ricorso incidentale del Condominio coincideva, invero, con il giorno 4 novembre 2015, data della ricezione dell’atto da parte del destinatario. Ai fini della verifica del rispetto del termine di notifica del controricorso, di cui all’art. 370 c.p.c., comma 1, richiamato dell’art. 371 c.p.c., comma 3, deve quindi individuarsi nel giorno di martedì 24 novembre 2015 la scadenza del termine per il deposito del ricorso, dies a quo dell’ulteriore termine di venti giorni per la notifica del controricorso, che veniva perciò a scadere lunedì 14 dicembre 2015. Risulta tuttavia che G.S. avesse richiesto la notifica del controricorso al Condominio (OMISSIS) nel domicilio eletto già il 30 novembre 2015, data di affidamento dell’atto all’ufficiale giudiziario, sicchè il controricorso era tempestivo.

I. Il primo motivo del ricorso principale di G.S. deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 61 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., avendo la Corte d’appello erroneamente ritenuto provati i fatti posti a fondamento della domanda avanzata dal Condominio quanto alla responsabilità del ricorrente, genericamente allegati come ipotesi di inadempimento. La sentenza impugnata, a dire del ricorrente principale, avrebbe omesso di valutare che, con la redazione dello stato finale dell’opera e l’accettazione della contabilità, comprensiva della liquidazione delle somme dovute alla impresa appaltatrice da parte del condominio committente, il direttore dei lavori aveva concluso la sua prestazione professionale e che, di conseguenza, spettava al condominio dimostrare la responsabilità per inadempimento del direttore dei lavori.

Il secondo motivo di ricorso di G.S., che si sviluppa da pagina 12 a pagina 36, deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 61 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4 e dell’art. 2697 c.c., nonchè l’omesso esame circa un fatto decisivo della controversia e la “violazione del dovere di accertare il quadro invalidante, per avere la Corte d’appello trascurato di esaminare analiticamente le osservazioni critiche del CTP tali da portare a conclusioni diverse da quelle contestate nella CTU”. La censura contiene l’elenco dei passaggi inerenti alla realizzazione dei ponteggi, agli schermi di protezione, al risanamento di strutture in cemento armato, alla demolizione degli intonaci, al trattamento della facciata, alle pavimentazioni ed alle fasce di marmo, alle lastre di marmo ed alla bisellatura, e per ciascuno di tali aspetti contrappone alle considerazioni svolte nella sentenza della Corte d’appello di Catania quelle invece contenute nella consulenza tecnica di parte.

IL I primi due motivi di ricorso di G.S. possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e si rivelano entrambi infondati.

Il primo motivo, in particolare, è strutturato come ipotesi di violazione e falsa applicazione di norma di diritto, ed in particolare della norma processuale che illustra il ruolo del consulente tecnico di ufficio (art. 61 c.p.c.) e del precetto sull’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., ma poi, nella sostanza, esprime critiche sulla valutazione delle concrete risultanze istruttorie operata dai giudici del merito.

A proposito dei primi tre motivi dell’appello G., la Corte di Catania ha evidenziato come gli stessi si esaurissero in rilievi generici avverso le conclusioni del CTU, peraltro richiamando la relazione peritale suppletiva del 6 dicembre 2011. La sentenza impugnata ha poi esaminato la questione della errata contabilizzazione del ponteggio (pagina 5), degli schermi di protezione (pagina 7), del risanamento delle strutture in cemento armato (pagina 9), della demolizione degli intonaci (pagina 12), della facciata (pagina 16), della pavimentazione e delle fasce di marmo (pagina 18), dei tempi di consegna (pagina 20). Di seguito, a pagina 24 di sentenza, la Corte d’appello ha spiegato il fondamento giuridico della responsabilità contrattuale del direttore dei lavori per conto del committente.

E’ del resto conforme al costante orientamento di questa Corte la considerazione secondo cui, in tema di responsabilità conseguente a vizi o difformità dell’opera appaltata, il direttore dei lavori per conto del committente, essendo chiamato a svolgere la sua attività in situazioni involgenti l’impiego di peculiari competenze tecniche, deve utilizzare le proprie risorse intellettive ed operative per assicurare, relativamente all’opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente-preponente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della “diligentia quam in concreto” (Cass. Sez. 2, 03/05/2016, n. 8700; Cass. Sez. 2, 24/04/2008, n. 10728; Cass. Sez. 2, 27/02/2006, n. 4366; Cass. Sez. 2, 20/07/2005, n. 15255).

Nè ove, come nella specie, il committente contesti l’entità del corrispettivo da versare all’appaltatore, costituisce definitiva prova delle opere eseguite la contabilità redatta dal direttore dei lavori, a meno che non risulti che essa sia stata accettata senza riserve dal committente, oppure che il direttore dei lavori per conto del committente abbia redatto la relativa contabilità come rappresentante del suo cliente e non come soggetto legato a costui da un contratto di prestazione d’opera professionale, che gli fa assumere la rappresentanza del committente limitatamente alla materia tecnica (cfr. Cass. Sez. 2, 11/05/2007, n. 10860).

D’altro canto, secondo la generale regola illustrata da Cass. Sez. U, 30/10/2001, n. 13533, in tema di responsabilità contrattuale del direttore dei lavori per conto del committente, conseguente a vizi o difformità dell’opera appaltata, il medesimo committente deve soltanto provare il contratto ed allegare l’inadempimento del professionista, restando proprio a carico dell’obbligato (a differenza di quanto suppone il primo motivo del ricorso principale) la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente.

Quanto, in particolare, al secondo motivo del ricorso principale, per la ipotizzata violazione dell’art. 61 c.p.c. e art. 2697 c.c., valgono le considerazioni già compiute a proposito della prima censura.

Non sussiste neppure la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, visto che la sentenza della Corte di Catania contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione.

Circa il riferimento al parametro dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’interpretazione di questa Corte ha chiarito come la riformulazione di tale norma, operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, abbia introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053). Costituisce, allora, un “fatto”, agli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non una “questione” o un “punto”, ma un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante. E’ quindi inammissibile l’invocazione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, per sostenere l’inattendibilità delle conclusioni del CTU quanto a sette voci dei lavori edili per cui è causa. Il secondo motivo del ricorso di G.S. è altrimenti volto a devolvere alla Corte di Cassazione le critiche mosse alle risultanze della consulenza d’ufficio (critiche che comunque si sostanziano in semplici allegazioni difensive a contenuto tecnico), pur non essendosi la Corte d’Appello di Catania limitata acriticamente a far proprie le conclusioni della relazione peritale, visto che nella sentenza impugnata sono spiegate le ragioni del convincimento raggiunto dai giudici e dell’adesione alle conclusioni prospettate punto per punto dall’ausiliare.

Spetta, del resto, al giudice di merito esaminare e valutare le nozioni tecniche o scientifiche introdotte nel processo mediante la CTU, e dare conto dei motivi di consenso, come di quelli di eventuale dissenso, in ordine alla congruità dei risultati della consulenza e delle ragioni che li sorreggono. Tale valutazione è compiutamente esplicitata nella sentenza della Corte d’Appello e non può essere sindacata in sede di legittimità invocando dalla Corte di Cassazione, come auspica il ricorrente, un accesso diretto agli atti e una loro delibazione, in maniera da pervenire ad una nuova validazione e legittimazione inferenziale dell’adesione prestata dal giudice di merito ai risultati dell’espletata consulenza tecnica d’ufficio.

III. Deve ora passarsi all’esame del primo motivo del ricorso incidentale proposto dal Condominio (OMISSIS), con cui si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., per l’omessa pronuncia sulla domanda di accertamento della responsabilità di G.S., in relazione al grave inadempimento degli obblighi relativi all’incarico di direttore dei lavori. Ci si riferisce al secondo motivo dell’appello incidentale del Condominio, che reclamava la responsabilità solidale del direttore dei lavori con l’impresa appaltatrice per i danni derivanti dai vizi dell’appalto.

III.1. Il primo motivo del ricorso incidentale proposto dal Condominio è evidentemente infondato.

A proposito proprio del secondo motivo dell’appello incidentale del Condominio, la Corte di Catania, nelle pagine 22 e ss. della sentenza impugnata, ha posto in luce come il medesimo Condominio non avesse investito con specifica censura l’omessa pronuncia da parte del Tribunale sulla condanna dell’appaltatore per il ripristino dei frontalini, dei sottoballatoi e della mantovane, vizi con riguardo ai quali era ipotizzabile la corresponsabilità del direttore dei lavori. Quanto invece ai vizi afferenti agli elementi architettonici in corrispondenza del secondo piano dell’edificio, ai pilastri esterni, alla parte non rifatta del muretto di una terrazza, recependo le conclusioni del CTU ed al pari del Tribunale, la Corte di Catania ha ritenuto gli stessi imputabili esclusivamente alle modalità operative dell’appaltatore, non potendosi attribuire al direttore dei lavori una responsabilità per la cattiva esecuzione delle opere realizzate dall’impresa in base alla propria libera iniziativa.

In tal senso, non sussiste alcuna omessa pronuncia sul secondo motivo dell’appello incidentale del Condominio, supponendo essa un assoluto difetto di attività del giudice di secondo grado, mentre allorchè, come nel caso in esame, il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia però risolta, secondo il ricorrente, in modo non corretto, ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, il correlato vizio deve essere fatto valere con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale o dell’omesso esame di un fatto ex art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. Cass. Sez. 1, 19/05/2006, n. 11844).

IV. Il secondo motivo del ricorso incidentale del ricorso incidentale del Condominio (OMISSIS), deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. e l’omessa pronuncia sulla domanda relativa alla “mancata applicazione della penale per il ritardo nella conclusione dei lavori appaltati”. Si tratta di questione oggetto della domanda rivolta con la citazione introduttiva nei confronti dell’appaltatore M.M., oggetto altresì dell’indagine peritale (che aveva escluso la fondatezza della liquidazione di un’ulteriore penale rispetto a quella già contabilizzata), disattesa dal Tribunale di Milano e nuovamente oggetto del primo motivo di appello incidentale del Condominio, tanto da giustificare una autonoma pretesa di pagamento per l’importo di Euro 12.911,42.

IV.1. Il secondo motivo del ricorso incidentale è fondato, in quanto la sentenza impugnata denota l’effettiva mancanza di statuizione della Corte di Catania, non solo espressa ma anche implicita, sul motivo di appello concernente la domanda per il pagamento della penale da ritardo nella consegna delle opere appaltate, nè la decisione comunque adottata postula, seppur in assenza di una specifica argomentazione, la reiezione della specifica pretesa fatta valere dalla parte.

V. Il terzo motivo del ricorso incidentale del Condominio denuncia la “violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1294 e 2055 c.c., in relazione agli artt. 2236 e 1669 c.c.”, avendo la Corte di appello rigettato la domanda di accertamento della responsabilità solidale del direttore dei lavori e dell’impresa anche per i vizi dell’appalto, vizi comportanti la necessità di interventi di risanamento individuati dal CTU nella relazione svolta nel corso del giudizio di primo grado.

Si ha riguardo alla parte della sentenza della Corte di Catania che è stata già oggetto del primo motivo del ricorso incidentale.

V.1. Anche il terzo motivo del ricorso incidentale è fondato.

La Corte d’Appello di Catania, come già il Tribunale, ed alla stregua delle valutazioni proposte dal consulente tecnico d’ufficio, ha sostenuto, quanto agli accertati vizi e difformità relativi agli elementi architettonici in corrispondenza del secondo piano dell’edificio sui prospetti (OMISSIS) e (OMISSIS), ai pilastri esterni sul prospetto (OMISSIS) ed alla parte non rifatta del muretto della terrazza (OMISSIS), che gli stessi dovessero imputarsi esclusivamente alle modalità operative prescelte liberamente dall’appaltatore, senza alcuna corresponsabilità del direttore dei lavori.

Secondo tuttavia il costante orientamento di questa Corte (del quale non ha tenuto conto la sentenza impugnata, non avendo svolto la corretta sussunzione delle risultanze di causa in tali principi giurisprudenziali), e come già considerato anche a proposito del primo motivo del ricorso principale, in tema di responsabilità conseguente a vizi o difformità dell’opera appaltata, il direttore dei lavori per conto del committente, essendo chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l’impiego di peculiari competenze tecniche, deve utilizzare le proprie risorse intellettive ed operative per assicurare, relativamente all’opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente-preponente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della “diligentia quam in concreto”; rientrano, pertanto, nelle obbligazioni del direttore dei lavori l’accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonchè l’adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza difetti costruttivi. Non si sottrae, dunque, a responsabilità il professionista che ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonchè di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore e di riferirne al committente; in particolare l’attività del direttore dei lavori per conto del committente si concreta nell’alta sorveglianza delle opere, che, pur non richiedendo la presenza continua e giornaliera sul cantiere nè il compimento di operazioni di natura elementare, comporta comunque il controllo della realizzazione dell’opera nelle sua varie fasi e pertanto l’obbligo del professionista di verificare, attraverso periodiche visite e contatti diretti con gli organi tecnici dell’impresa, da attuarsi in relazione a ciascuna di tali fasi, se sono state osservate le regole dell’arte e la corrispondenza dei materiali impiegati (Cass. Sez. 2, 14/03/2019, n. 7336; Cass. Sez. 2, 03/05/2016, n. 8700; Cass. Sez. 2, 24/04/2008, n. 10728; Cass. Sez. 2, 27/02/2006, n. 4366; Cass. Sez. 2, 20/07/2005, n. 15255). Il vincolo di responsabilità solidale (che trova fondamento nel principio di cui all’art. 2055 c.c.) fra l’appaltatore e il progettista e direttore dei lavori, i cui rispettivi inadempimenti abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno risentito dal committente, genera a carico del secondo l’identica obbligazione risarcitoria del primo, avente ad oggetto le opere necessarie all’eliminazione dei vizi ed all’esecuzione dell’opus a regola d’arte (cfr. Cass. Sez. 2, 06/12/2017, n. 29218; Cass. Sez. 2, 27/08/2012, n. 14650).

VI. Il terzo motivo di ricorso di G.S. lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di appello omesso di pronunciarsi sul quarto motivo di appello, con cui si censurava la sentenza di primo grado che aveva disposto la condanna dello stesso G. alla rifusione delle spese processuali e di CTU in applicazione del principio della soccombenza.

Il quarto motivo di ricorso di G.S. deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., “per avere la Corte d’appello condannato il ricorrente al rimborso in favore del Condominio di un quarto delle spese processuali ed in quote legali delle spese di consulenza tecnica del giudizio di appello”.

Il quarto motivo di ricorso incidentale del Condominio (OMISSIS)Milano(OMISSIS)Ariosto(OMISSIS)Leopardi(OMISSIS) denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., per l’omessa pronuncia sulla domanda di “conferma della statuizione del Tribunale sulle spese di giudizio di primo grado”.

VI.1. L’accoglimento del secondo e del terzo motivo del ricorso incidentale, con la conseguente cassazione con rinvio della causa, comporta l’assorbimento del terzo e del quarto motivo del ricorso di G.S., come del quarto motivo del ricorso incidentale del Condominio, tutti attinenti alla ripartizione dell’onere delle spese di lite, in quanto le relative censure sono dirette contro una statuizione che, per il suo carattere accessorio, è destinata ad essere travolta dall’annullamento che viene disposto dalla sentenza impugnata, a seguito del quale la liquidazione delle spese delle precorse fasi del giudizio va effettuata dal giudice di rinvio, tenendo conto dell’esito finale del giudizio.

VII. Vanno pertanto accolti il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale del Condominio (OMISSIS)Milano(OMISSIS)Ariosto(OMISSIS)Leopardi(OMISSIS), vanno rigettati i primi due motivi del ricorso principale di G.S. ed il primo motivo del ricorso incidentale, rimangono assorbiti il terzo ed il quarto motivo del ricorso principale ed il quarto motivo del ricorso incidentale. La sentenza impugnata viene cassata nei limiti delle censure accolte, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catania, che provvederà in tali limiti a nuovo esame della causa, uniformandosi ai richiamati principi e tenendo conto dei rilievi svolti, e regolerà fra le parti anche le spese del giudizio di cassazione.

Stante il parziale accoglimento del ricorso incidentale e l’assorbimento di due motivi del ricorso principale, non sussistono per nessuna delle impugnazioni i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso. Tale obbligo sussiste, infatti, soltanto “quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile…”, e, trattandosi di misura eccezionale, la norma di cui al citato art. 13, comma 1 quater, non è suscettibile di interpretazione analogica, non trovando perciò applicazione nemmeno allorchè, come nel caso in esame, i ricorsi, o singoli motivi di essi, non vengano decisi per il sopravvenuto difetto di interesse correlato ad una pronuncia assorbente.

PQM

La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale del Condominio (OMISSIS)Milano(OMISSIS)Ariosto(OMISSIS)Leopardi(OMISSIS), rigetta i primi due motivi del ricorso principale di G.S. ed il primo motivo del ricorso incidentale, dichiara assorbiti il terzo ed il quarto motivo del ricorso principale ed il quarto motivo del ricorso incidentale, cassa, nei limiti delle censure accolte, la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Catania, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2020

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