Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3854 del 17/02/2011

Cassazione civile sez. III, 17/02/2011, (ud. 24/01/2011, dep. 17/02/2011), n.3854

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.C. (OMISSIS), T.F.

(OMISSIS), in qualita’ di soci della cessata societa’

“L’Angolo Studio Immobiliare s.a.s. di Toselli Franca E C”,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA A. RIBOTY 28, presso lo studio

dell’avvocato IANNIELLO NICOLA, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ZOPPELLARI MARIO giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

M.C., M.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1818/2008 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA –

SEZIONE I CIVILE, emessa il 7/3/2008, depositata il 03/11/2008,

R.G.N. 2036/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/01/2011 dal Consigliere Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito l’Avvocato NICOLA IANNIELLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 24 – 31 maggio 2004 il Tribunale di Bologna condannava M.C. e M.L. a pagare in favore di L’Angolo Studio Immobiliare S.a.s., a titolo di risarcimento danni, la somma di L. 7.500.000, commisurata alla provvigione che le sarebbe spettata se non le fosse stato revocato il contratto di mediazione.

Con sentenza in data 7 marzo – 3 novembre 2008 la Corte d’Appello di Bologna, in totale riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda e compensava interamente le spese del doppio grado.

La Corte territoriale osservava per quanto interessa: la L. 3 febbraio 1989, n. 39 stabilisce che, per rivendicare il compenso per l’attivita’ di mediazione, occorre provare la propria iscrizione nel ruolo dei mediatori; tale prova non era stata fornita e non era sufficiente che la circostanza venisse sostenuta dalla parte interessata e non specificamente contestata dalla controparte, trattandosi di condizione dell’azione; la rilevata omissione determinava la nullita’ del negozio, non superabile neanche con la proposizione della domanda di ingiustificato arricchimento.

Avverso la suddetta sentenza T.F. e G.C., nella qualita’ di soci della cancellata societa’ L’Angolo Studio Immobiliare S.a.s., hanno proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

Gli intimati non hanno espletato attivita’ difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – L’unico motivo denuncia violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 112 c.p.c. I ricorrenti assumono la nullita’ della sentenza perche’ fondata su una questione rilevata d’ufficio e non sottoposta dal giudice al contraddittorio della parti.

2 – La formulazione del motivo di ricorso non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c. Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, e’ ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che e’ inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimita’, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico – giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

3 – Il quesito di diritto formulato dai ricorrenti si rivela astratto in quanto del tutto svincolato dai necessari riferimenti alla fattispecie concreta e alla motivazione della sentenza impugnata.

4 – Sotto diverso profilo, occorre rilevare quanto segue: la L. n. 39 del 1989 – tesa a regolamentare con maggiore rigore della precedente l’attivita’ d’intermediazione – ha innovato in maniera radicale la precedente normativa, relativamente agli effetti civili, disponendo che “Hanno diritto alla provvigione soltanto coloro che sono iscritti nei ruoli” (art. 6, comma 1). Per il resto, ha sostanzialmente ricalcato l’impianto della precedente disciplina. In particolare:

l’art. 2, comma 1 dispone che presso ciascuna Camera di commercio e’ istituito il ruolo dei mediatori; il comma 3, oltre ad indicare i requisiti soggettivi per l’iscrizione nel ruolo, dispone che l’interessato, se non in possesso di un precisato titolo di studio, deve sostenere un esame; l’art. 3, comma 2 dispone che l’iscrizione nel ruolo e’ a titolo personale, che l’iscritto non puo’ delegare ad altri le funzioni mediatorie, e che coloro che esercitano, a qualsiasi titolo, attivita’ d’intermediazione per conto di imprese organizzate, anche in forma societaria, debbono essere iscritti nei ruoli (art. 3, comma 5); l’art. 4 prevede l’istituzione, presso il Ministero dell’Industria, di una commissione centrale con varie competenze; l’art. 5 stabilisce talune incompatibilita’ per l’esercizio dell’attivita’ mediatoria, mentre l’art. 7 dispone l’istituzione, presso le Camere di commercio, di commissioni che provvedono alla iscrizione nei ruoli e alla loro tenuta. La legge contiene infine una norma transitoria (art. 9), di cui conviene trascrivere i commi 1 e 2: “Le commissioni provinciali istituite ai sensi del D.P.R. 6 novembre 1960, n. 1926, art. 3 continuano ad esercitare la propria attivita’ fino alla nomina delle commissioni di cui all’art. 7” (comma 1), e “Nella prima applicazione della presente legge le commissioni provinciali provvedono ad iscrivere nel nuovo ruolo tutti gli agenti d’affari in mediazione che, all’atto dell’entrata in vigore della presente legge, risultano iscritti nei ruoli costituiti in base alla L. 21 marzo 1958, n. 253” (comma 2). Il regolamento di cui al D.M. 21 dicembre 1990, n. 452, art. 22, statuisce che: “Nell’applicazione dell’art. 9 della legge le commissioni provinciali istituite ai sensi dell’art. 7 della legge, provvedono all’iscrizione nel nuovo ruolo degli agenti dopo aver verificato la sussistenza dei requisiti richiesti per la permanenza nel ruolo disciplinato dall’abrogata L. 21 marzo 1958, n. 253”.

Questo essendo il quadro normativo di riferimento, deve dunque darsi atto che, secondo tale normativa, applicabile “ratione temporis” alla fattispecie, considerato che l’attivita’ di mediazione fu posta in essere nell’ottobre 1991, il soggetto che esercita attivita’ d’intermediazione, si tratti di persona fisica ovvero di impresa collettiva, ha diritto alla provvigione soltanto se ed in quanto sia iscritto nel ruolo. Nella fattispecie, quindi, la mancata prova dell’iscrizione al nuovo albo da parte della ricorrente, sia che comportasse la nullita’ del contratto di mediazione (cosi’ Cass. 18/07/2003, n. 11247; Cass. 01/10/2002, n. 14076), sia che comportasse solo la mancanza del diritto alla provvigione (cosi’, Cass. 02/04/2002, n. 4635; Cass. 02/04/2002, n. 4635; Cass. 27/06/2002, n. 9380) determinava il rigetto della domanda, come correttamente deciso dal giudice di appello, tenuto conto che la prova dell’iscrizione, costituendo questa un elemento costitutivo della domanda, gravava sul mediatore attore, a norma dell’art. 2697 c.c. e che la stessa doveva essere prodotta al giudice di merito.

5 – Ne consegue che e’ consentito al giudice d’appello, senza per questo incorrere nel vizio di ultrapetizione, rilevare d’ufficio la mancanza di una condizione dell’azione.

Non inducono a diversa statuizione le argomentazioni addotte dalla ricorrente, in quanto la Corte territoriale ha rilevato una questione che era onere della parte affrontare e dimostrare fin dal primo grado.

E’ appena il caso di aggiungere che parte ricorrente riconosce la mancata inscrizione, anche se la attribuisce a questioni burocratiche che non potevano esserle imputate.

6 – Pertanto il ricorso va rigettato. Nulla spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2011

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