Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3853 del 17/02/2020

Cassazione civile sez. II, 17/02/2020, (ud. 22/10/2019, dep. 17/02/2020), n.3853

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19475-2015 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

DELL’UNITA’ 24, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO ARZILLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANDREA MAGLIOCCHETTI;

– ricorrente –

contro

MA.ST.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 756/2014 del TRIBUNALE di FROSINONE,

depositata il 28/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/10/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

M.A. ha proposto ricorso, articolato in tre motivi, avverso la sentenza n. 756/2014 del Tribunale di Frosinone, depositata il 28 luglio 2014.

L’intimato Ma.St. non ha svolto attività difensive.

I. Il giudizio ebbe origine nel 1991, allorchè Ma.St. citò M.A. davanti al Pretore di Anagni, per ottenere la condanna del convenuto al rimborso della quota dei lavori di rifacimento della condotta di scarico di un edificio sito in (OMISSIS), nel quale erano comprese distinte unità immobiliari di proprietà delle parti. Il Giudice di pace di Anagni, cui la causa era stata rimessa dopo la soppressione dell’ufficio del Pretore, con sentenza del 18 maggio 2000 accolse la domanda di Ma.St., mentre respinse sia la domanda riconvenzionale di M.A. volta alla declaratoria di illegittimità della servitù di scarico relativa alla condotta di uso esclusivo del Ma., con conseguente rimessione in pristino, sia le domande proposte nei confronti degli occupanti degli immobili C.I., S.A., P.S. e Z.R., chiamati in causa per garantire il M. di quanto eventualmente pagato al Ma..

M.A. propose appello, rigettato dal Tribunale di Frosinone, sezione distaccata di Anagni, con sentenza del 7 gennaio 2004.

M.A. propose allora ricorso per cassazione, articolato in nove motivi, notificato a Ma.St., C.I., S.A., P.S. e Z.R..

La Corte di cassazione, con sentenza n. 7350/2009 del 26 marzo 2009, rigettò i primi tre motivi (inerenti alla qualificazione come domanda di risarcimento danni della azione volta, in realtà, ad ottenere il rimborso pro quota, di spese fatte per un bene condominiale, nonchè alla eccezione di incompetenza per valore del giudice adito), mentre accolse il quarto (violazione e/o falsa applicazione degli artt. 186 e 202 c.p.c., art. 320 c.p.c., commi 3 e 4) ed il nono motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione di norme di legge, omessa motivazione e pronuncia su un punto decisivo della controversia, con riferimento all’art. 112 c.p.c.), dichiarando assorbiti gli altri, con rinvio della causa al Tribunale di Frosinone.

A proposito dei primi tre motivi di ricorso, ed in particolare della verifica della competenza per valore dell’adito giudice, la Corte di cassazione qualificò espressamente come domanda di reintegrazione in forma specifica ex art. 2058 c.c. la riconvenzionale formulata da M.A., diretta ad ottenere la rimozione dell’allaccio alla tubazione comune del servizio igienico realizzato dal Ma. nell’immobile di sua proprietà esclusiva.

La sentenza di cassazione osservò poi che M.A. nell’atto di appello aveva lamentato l’assenza di provvedimenti sulla richiesta, ripetutamente avanzata in primo grado, di dar corso alla prova testimoniale ammessa e di provvedere sulle ulteriori istanze istruttorie formulate, così come aveva riproposto al Tribunale la domanda riconvenzionale disattesa dal giudice di pace. Su tali motivi di appello non c’era stata pronuncia da parte del Tribunale e ciò imponeva la cassazione della sentenza di appello.

Il Tribunale di Frosinone, quale giudice di rinvio, espletate le attività istruttorie omesse nei precedenti gradi, ha accolto in parte l’appello di M.A., argomentando come la fognatura non fosse in contitolarità tra le parti, giacchè realizzata dal M. dopo la costituzione del condominio a servizio esclusivo delle sue proprietà e poi divenuta oggetto di abusivo allaccio ad opera di A.W., dante causa del Ma.. La sentenza impugnata evidenzia come, ai fini dell’accertamento della comproprietà della condotta fognaria, ex art. 1117 c.c., fosse dirimente il momento della costituzione del condominio, non rilevando a tal fine le circostanze che, dopo che la stessa condotta era stata costruita dal M., altri condomini si fossero allacciati o ne avessero sostenuto le spese di manutenzione. In difetto della contitolarità della fognatura, il giudice di rinvio ha perciò respinto la domanda di rimborso ex art. 1134 c.c. Il Tribunale ha quindi esaminato la domanda riconvenzionale del M. e, sulla base della qualificazione della stessa non come negatoria servitutis, ma come risarcimento in forma specifica ex art. 2058 c.c., ha rigettato la pretesa azionata verso Ma., essendo stato autore della condotta illecita l’ A.. La domanda di manleva avanzata dal M. verso i chiamati in causa è stata dichiarata assorbita dal rigetto della domanda del Ma.. La soccombenza reciproca è stata infine alla base della statuizione di compensazione delle spese processuali di tutti i gradi del giudizio.

La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e dell’art. 380 bis.1 c.p.c.

II. Il primo motivo del ricorso di M.A. denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. “9, 10,2058 c.c., art. 324 c.p.c.”, lamentandosi il fraintendimento del contenuto della sentenza rescindente della Corte di cassazione, la quale aveva riconosciuto la proponibilità e la fondatezza della domanda riconvenzionale nei confronti del Ma..

Il secondo motivo del ricorso di M.A. deduce la violazione e/o falsa applicazione “degli artt. 832,1470,1476,1477 e ss., 2058,1292,1293,1294 c.c., nonchè dell’art. 112 c.p.c.”, osservando che il Ma. avrebbe comunque dovuto rispondere dell’allaccio illegittimo alla fognatura realizzato dall’ A., quale successore a titolo particolare di quest’ultimo, attuale proprietario e comunque coobbligato solidale.

Il terzo motivo del ricorso di M.A. sostiene la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91,92 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 4, dell’art. 118 disp. att. c.p.c., comma 2 e dell’art. 111 Cost., per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla statuizione di compensazione delle spese. Il ricorrente sostiene che il Tribunale ha accolto tutte le sue domande, riformando in toto la decisione del Giudice di pace, e quindi egli doveva essere considerato vittorioso integralmente ai fini delle spese. Diversamente, in subordine, si auspica una motivata valutazione percentuale della rilevanza delle rispettive domande disattese.

II.1. In via pregiudiziale, va premesso che il ricorso non è stato notificato a C.I., S.A., P.S. e Z.R., chiamati in causa proprio da M.A. per esserne garantito nei confronti del Ma., e perciò parti necessarie del giudizio anche in sede di impugnazione ex art. 331 c.p.c. (arg. da Cass. Sez. U. 04/12/2015, n. 24707). La fissazione del termine ex art. 331 c.p.c., in forza del principio della ragionevole durata del processo, si reputa tuttavia superflua, giacchè il ricorso appare “prima facie” infondato, e l’integrazione del contraddittorio si rivela, pertanto, attività del tutto ininfluente sull’esito del procedimento (Cass. Sez. U 23/09/2013, n. 21670).

11.2. I primi due motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, perchè connessi. Essi dimostrano profili di inammissibilità e sono comunque del tutto infondati. Entrambe le censure denunziano la violazione e falsa applicazione di numerose norme di diritto, ma alla menzione in rubrica delle disposizioni di legge asseritamente violate non corrispondono specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti, intese a dimostrare in qual modo determinate affermazioni contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme. I primi due motivi, per di più, non rispettano i necessari requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata.

Il Tribunale di Frosinone, quale giudice di rinvio, ex artt. 383 e 394 c.p.c., ha correttamente ritenuto di essere investito della controversia esclusivamente entro i limiti segnati dalla sentenza di cassazione, restando vincolato da quest’ultima relativamente alle questioni da essa decisa. La sentenza impugnata ha quindi considerato di non poter procedere ad una diversa qualificazione giuridica della pretesa azionata in riconvenzionale da M.A., atteso che Cass. n. 7350/2009, decidendo sui motivi relativi alla competenza, pervenne ad una qualificazione delle stessa come domanda di reintegrazione in forma specifica ex art. 2058 c.c. E’ evidente come un conto è procedere alla qualificazione di un’azione tipica, sulla base dei fatti costitutivi e delle ragioni di diritto invocati dalla parte, altro conto è accertare che tale domanda sia da accogliere, il che suppone una valutazione di fondatezza dei fatti costitutivi dedotti, valutazione nella specie rimessa al giudice di rinvio sulla base delle risultanze istruttorie da acquisire.

La qualificazione della domanda riconvenzionale del M. non come negatoria servitutis (che avrebbe implicato la legittimazione passiva del Ma., quale titolare attuale del preteso fondo dominante), ma come risarcimento in forma specifica ex art. 2058 c.c. (azione personale, basata sul credito risarcitorio per il pregiudizio alla proprietà dell’attore, e che va perciò proposta nei confronti dall’autore materiale dell’attività lesiva) ha, del tutto coerentemente, portato il Tribunale di Frosinone a rigettare la domanda rivolta verso Ma.St., essendo stato accertato che autore dell’allaccio abusivo alla condotta fognaria fosse stato l’ A., precedente proprietario dell’immobile e dante causa del Ma..

La qualificazione dell’azione di riduzione in pristino dello stato dei luoghi come richiesta di risarcimento del danno in forma specifica esclude anche la tesi del litisconsorzio necessario (questione peraltro non più deducibile nel giudizio di rinvio dalla Corte di cassazione: cfr. Cass. Sez. 6 – 3, 11/09/2017, n. 21096; Cass. Sez. 2, 04/03/2016, n. 4317) tra l’autore materiale del fatto dannoso e l’attuale proprietario dell’immobile su cui l’opera è stata compiuta (Cass. Sez. 3, 17/03/2010, n. 6480; Cass. Sez. 2, 11/05/1978, n. 2306).

II.3. E’ del tutto infondato anche il terzo motivo di ricorso.

Il Tribunale di Frosinone, in sede di rinvio, è pervenuto al rigetto sia della domanda di rimborso ex art. 1134 c.c. proposta da Ma.St. sia della domanda riconvenzionale di risarcimento in forma specifica proposta da M.A.; tale reciproca soccombenza ha giustificato la compensazione integrale delle spese dell’intero giudizio, e la sentenza contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni della decisione sul punto. E’ noto che il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, si deve attenere al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato, sicchè non deve liquidare le spese con riferimento a ciascuna fase del giudizio, ma in relazione all’esito finale della lite, come appunto fatto dal Tribunale di Frosinone nella sentenza impugnata (Cass. Sez. 1, 09/10/2015, n. 20289; Cass. Sez. 3, 29/03/2006, n. 7243).

La valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, rientrano, poi, nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità (Cass. Sez. 2, 31/01/2014, n. 2149: Cass. Sez. 2, 20/12/2017, n. 30592).

111.3. Consegue il rigetto del ricorso. Non occorre regolare le spese del giudizio di cassazione, non avendo l’unico intimato Ma.St. svolto attività difensive.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione SECONDA civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2020

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