Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3852 del 17/02/2020

Cassazione civile sez. II, 17/02/2020, (ud. 22/10/2019, dep. 17/02/2020), n.3852

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2786-2015 proposto da:

P.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 268-A, presso lo studio dell’avvocato ALESSIO PETRETTI, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO PARODI;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), PI.MA., + ALTRI OMESSI, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CUNFIDA 20, presso lo studio dell’avvocato

MONICA BATTAGLIA, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ENRICO MAGAGLIO;

– controricorrenti –

e contro

S.A., NOVEDIL SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimate –

avverso la sentenza n. 1789/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 10/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/10/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

P.E. ha proposto ricorso articolato in sei motivi avverso la sentenza n. 1789/2014 della Corte d’appello di Torino, depositata il 10 ottobre 2014.

Resistono con controricorso il Condominio (OMISSIS) e i singoli condomini, ad eccezione di S.A. e dell’altra intimata Novedil s.r.l., che non hanno svolto attività difensive.

Il giudizio ebbe inizio con la domanda del 2 agosto 2006 proposta dal Condominio (OMISSIS) e dai singoli condomini nei confronti della condomina P.E., volta ad ottenere l’accertamento della proprietà condominiale del sedime di cui ai mappali (OMISSIS), derivanti dal frazionamento operato nel 2005 del mappale (OMISSIS). Tale area, adibita dal Condominio a parco alberato ed area di manovra, era stata interessata nel febbraio 2005 da una recinzione, dalla costruzione di un muro e da altri interventi di sistemazione. Si era quindi appurato che il mappale (OMISSIS) era intestato alla Novedil s.r.l., la quale aveva provveduto al frazionamento e rivenduto il mappale (OMISSIS) ad P.E. con atto del 24 giugno 2005.

P.E. dedusse che il proprio titolo riportava l’acquisto effettuato il 19 aprile 1981 dalla dante causa Novedil s.r.l., la quale aveva a sua volta comprato dalla Nuova Bellaria. La convenuta chiese perciò accertarsi la sua proprietà, acquisita per contratto o per usucapione, ed agì in garanzia verso Novedil s.r.l.

L’adito Tribunale di Alessandria, sezione distaccata di Novi Ligure, con sentenza del 6 luglio 2012, accolse le domande del Condominio (OMISSIS), dichiarando di proprietà comune agli attori il sedime (OMISSIS). Il primo giudice accertò che le singole unità incluse nel complesso immobiliare costruito dalla Immobiliare Bellaria 77 s.p.a. (poi Nuova Bellaria s.p.a.) erano state vendute a far tempo da giugno 1982. Il mappale (OMISSIS) era stato invece venduto dalla Nuova Bellaria s.p.a. alla Novedil s.r.l. con atto del 20 giugno 1997. Novedil s.r.l. aveva quindi dapprima frazionato il mappale (OMISSIS) e poi rivenduto il mappale (OMISSIS) ad P.E. con l’atto del 24 giugno 2005. Per il Tribunale, la vendita da Nuova Bellaria s.p.a. a Novedil s.r.l. del giugno 1997 era perciò relativa a cosa di cui l’alienante non poteva più disporre, trattandosi di area condominiale.

P.E. propose gravame, respinto dalla Corte d’appello di Torino con sentenza del 10 ottobre 2014. I giudici di secondo grado dichiararono inammissibile per novità la questione dedotta dall’appellante circa l’inopponibilità dei titoli trascritti prima della compravendita da Nuova Bellaria s.p.a. a Novedil s.r.l. del 20 giugno 1997, giacchè le relative note non recavano menzione della comunione del mappale (OMISSIS). La Corte d’appello affermò altresì che le alienazioni da Nuova Bellaria 80 s.p.a. ai primi acquirenti determinavano sufficientemente l’oggetto come comprensivo del mappale (OMISSIS). Dall’esame della documentazione, la Corte di Torino trasse anche il convincimento che la Nuova Bellaria, quanto meno dal 1987, non avesse più la proprietà di alcuna porzione insistente sul mappale (OMISSIS), sul quale si era insediato il Condominio, al punto che nel 1994 i condomini utilizzarono parte dell’area per costruire box auto. Venne poi ritenuto irrilevante il regolamento di condominio prodotto, in quanto disciplinante soltanto i rapporti fra il Condominio (OMISSIS) ed il Supercondominio Consorzio. La prova della proprietà dell’area rivendicata venne desunta nella sentenza impugnata sulla base della comune provenienza degli immobili dall’unica proprietaria originaria Immobiliare Bellaria 77 s.p.a. (poi Nuova Bellaria s.p.a.).

La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e art. 380 bis.1 c.p.c.

La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.

I. Il primo motivo del ricorso di P.E. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 112,167 e 345 c.p.c., assumendo che l’eccezione della inopponibilità della comproprietà del mappale (OMISSIS) era stata proposta già nella comparsa di risposta del 28 novembre 2006.

Il secondo motivo del ricorso di P.E. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., artt. 948 e 2697 c.c., sostenendosi che spettava agli attori fornire la prova di un proprio valido titolo di acquisto del mappale (OMISSIS).

Il terzo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 948,2644,2659,2697 e 2826 c.c. Si assume che, una volta eccepita dalla convenuta in rivendica la mancanza di un titolo trascritto, e perciò opponibile, relativo al mappale (OMISSIS), spettava agli attori provare la loro proprietà.

Il quarto motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,2659,2697 e 2826 c.c. Qui si evidenzia la indeterminatezza del riferimento al mappale (OMISSIS) nei contratti di acquisto dei condomini.

Il quinto motivo di ricorso denuncia la nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’art. 115 c.p.c. e all’art. 2697 c.c., in quanto la Corte d’appello ha fatto riferimento in sentenza alle risultanze della Convenzione con il Comune di Pasturana del 24 novembre 1975, documento che è stato citato nella relazione di CTU ma non è mai stato ritualmente prodotto dalle parti in giudizio.

Il sesto motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 934,936 e 1362 c.c., per la rilevanza deduttiva, orientata nel senso della precedente alienazione della proprietà, che la Corte di Torino ha attribuito alla mancata “reazione” della Nuova Bellaria 80 s.p.a. alla costruzione dei garages attuata dal Condominio nel 1994: si contrappone che, se la Nuova Bellaria 80 s.p.a., come sostiene la ricorrente, era, in realtà, all’epoca proprietaria del fondo, non avrebbe avuto interesse alcuno a reagire all’edificazione, che la avrebbe beneficiata mediante accessione.

II.1. Devono esaminarsi pregiudizialmente il primo ed il quinto motivo di ricorso, che denunciano errores in procedendo.

Quanto al primo motivo, al di là della tempestività del rilievo della eccezione, che la ricorrente assume già svolto nella comparsa di costituzione in primo grado, va detto che questa Corte ha di recente riconosciuto che la questione relativa alla mancata trascrizione di un atto ed alla conseguente opponibilità dello stesso ai terzi acquirenti, non costituisce oggetto di un’eccezione in senso stretto, quanto di un’eccezione in senso lato, sicchè il suo rilievo non è subordinato alla tempestiva allegazione della parte interessata, ma rimane ammissibile indipendentemente dalla maturazione delle preclusioni assertive o istruttorie (Cass., Sez. 2, 19/03/2018, n. 6769). Va tuttavia ritenuto che la violazione degli artt. 112,167 e 345 c.p.c., denunciata nel primo motivo di ricorso, debba ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, essendo comunque il giudice del merito pervenuto ad un dispositivo conforme a diritto, come si chiarirà a proposito degli altri motivi di impugnazione. La Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonchè dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111 Cost., comma 2, ha, invero, il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un “error in procedendo”, sempre che si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto (cfr. Cass. Sez. U, 02/02/2017, n. 2731; Cass. Sez. 2, 01/02/2010, n. 2313).

Il quinto motivo è invece inammissibile.

Con esso di deduce che il giudice di appello abbia tratto elementi di convincimento da un documento (la Convenzione 24 novembre 1975) non prodotto dalle parti ed invece acquisito dal consulente tecnico di ufficio. A parte le carenze di specifica indicazione del contenuto del documento di cui la ricorrente lamenta l’irregolare acquisizione, come delle ragioni per le quali lo stesso si sarebbe rivelato decisivo nella valutazione del consulente tecnico d’ufficio, la censura imponeva, in forza dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di specificare l’atto delle pregresse fasi di merito in cui l’eccezione di nullità dell’acquisizione documentale era stata sollevata tempestivamente ai sensi dell’art. 157 c.p.c., comma 2, (nonchè riproposta in sede di precisazione delle conclusioni ed in appello), dovendo, in mancanza, ritenersi sanata la nullità, avendo la stessa carattere relativo (Cass. Sez. 3, 15/05/2018, n. 11752; Cass. Sez. 2, 23/11/2016, n. 23896; Cass. Sez. L, 28/07/1994, n. 7036).

II. 2. Secondo, terzo, quarto e sesto motivo di ricorso vanno poi trattati congiuntamente, in quanto connessi: tali doglianze non rivelano immediata e piena riferibilità alle rationes decidendi su cui poggia la pronuncia della Corte d’Appello di Torino, limitandosi a censurare una serie di profili che risultano inidonei a determinare la cassazione della sentenza impugnata. Le quattro censure in esame vertono tutte: 1) sulla distribuzione dell’onere della prova della proprietà del mappale (OMISSIS) (poi divenuto mappale (OMISSIS)) nei rapporti tra Condominio e condomini rivendicanti, da un lato, e convenuta, dall’altro, la quale vanta un proprio titolo di derivazione contrattuale; 2) sulla inopponibilità per difetto di trascrizione dei titoli di acquisto degli altri condomini; 3) sulla indeterminatezza dell’oggetto di tali titoli, per mancato espresso riferimento all’area in contesa. I motivi, all’evidenza, non si confrontano così con l’art. 1117 c.c., che è invece la norma di legge dirimente della concreta fattispecie e posta alla base delle ragioni, in fatto e in diritto, della decisione impugnata.

La Corte d’appello di Torino, e prima ancora il Tribunale di Alessandria, sezione distaccata di Novi Ligure, hanno fatto risalire la costituzione del Condominio (OMISSIS) al giugno 1982 ed hanno individuato l’area (OMISSIS) come parte comune, giacchè pertinenza scoperta delle unità immobiliari, in parte successivamente destinata ad autorimesse. I titoli di alienazione da Nuova Bellaria ‘80 s.p.a. facevano, peraltro, espresso riferimento al mappale (OMISSIS).

Si ha riguardo ad uno spazio esterno adiacente ai cinque fabbricati del Condominio (OMISSIS), adibito a parco alberato ed ad area di manovra per i veicoli, dunque astrattamente utilizzabile per consentire l’accesso agli stessi edifici, e perciò da qualificare come cortile, ai fini dell’inclusione nelle parti comuni dell’edificio elencate dall’art. 1117 c.c. L’area esterna di un edificio condominiale, con riguardo alla quale manchi un’espressa riserva di proprietà nel titolo originario di costituzione del condominio, va ritenuta di presunta natura condominiale, ai sensi dell’art. 1117 c.c. (solo tra le più recenti, cfr. Cass. Sez. 2, 14/06/2019, n. 16070; Cass. Sez. 2, 28/02/2018, n. 4687; Cass. Sez. 6 – 2, 08/03/2017, n. 5831; Cass. Sez. 2, 31/08/2017, n. 20612; Cass. Sez. 2, 04/09/2017, n. 20712). Si intende, peraltro, come cortile, agli effetti dell’art. 1117 c.c., qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serva a dare luce e aria agli ambienti circostanti, ma anche comprensiva dei vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate degli edifici – quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi – sebbene non menzionati espressamente nel medesimo art. 1117 c.c. (Cass. Sez. 2, 09/06/2000, n. 7889).

La situazione di condominio, regolata dagli artt. 1117 c.c. e ss., si attua sin dal momento in cui si opera il frazionamento della proprietà di un edificio, a seguito del trasferimento della prima unità immobiliare suscettibile di separata utilizzazione dall’originario unico proprietario ad altro soggetto. Secondo le emergenze documentali menzionate dai giudici del merito, il Condominio (OMISSIS) era sorto nel giugno 1982, allorchè le unità abitative con i relativi terreni pertinenziali erano state vendute dalla Nuova Bellaria 80 s.p.a. e si era quindi avuto l’atto di frazionamento dell’iniziale unica proprietà. Originatasi a tale epoca la situazione di condominio edilizio, dallo stesso momento doveva intendersi operante la presunzione legale ex art. 1117 c.c. di comunione “pro indiviso” di tutte quelle parti del complesso che, per ubicazione e struttura, fossero – in tale momento costitutivo del condominio – destinate all’uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio (Cass. Sez. 2, 18/12/2014, n. 26766). Mancando nel titolo originario una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente alla Nuova Bellaria 80 s.p.a. la proprietà dell’area scoperta mappale (OMISSIS) (secondo interpretazione del contenuto negoziale di esso costituente apprezzamento di fatto, perciò rimesso ai giudici del merito), quest’ultima non poteva poi validamente disporre della stessa area cortilizia come proprietario unico di detto bene in favore della Novedil nel 1997. E’ consolidato l’orientamento di questa Corte ad avviso del quale spetta al condomino, che pretenda l’appartenenza esclusiva di un bene, quale appunto un cortile, compreso tra quelli elencati espressamente o per relationem dall’art. 1117 c.c., dar prova della sua asserita proprietà esclusiva derivante da titolo contrario (non essendo determinanti, a tal fine, nè le risultanze del regolamento di condominio, nè l’inclusione del bene nelle tabelle millesimali come proprietà esclusiva di un singolo condomino, nè i dati catastali); in difetto di tale prova, infatti, deve essere affermata l’appartenenza dei suddetti beni indistintamente a tutti i condomini (Cass. Sez. 2, 07/05/2010, n. 11195; Cass. Sez. 2, 18/04/2002, n. 5633; Cass. Sez. 2, 15/06/2001, n. 8152; Cass. Sez. 2, 04/04/2001, n. 4953). Vanno pertanto enunciati i seguenti principi, che confutano le ragioni esposte nel secondo, terzo, quarto e sesto motivo di ricorso.

1) L’individuazione delle parti comuni – come, nella specie, i cortili o qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica, che serva a dare luce e aria agli ambienti circostanti o sia destinata a spazi verdi, zone di rispetto, parcheggio di autovetture – operata dall’art. 1117 c.c. non si limita a formulare una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria, potendo essere superata soltanto dalle opposte risultanze di quel determinato titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio per effetto del frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali (cfr. Cass. Sez. U, 07/07/1993, n. 7449).

2) La comproprietà delle parti comuni dell’edificio indicate nell’art. 1117 c.c. sorge, invero, nel momento in cui più soggetti divengono proprietari esclusivi delle varie unità immobiliari che costituiscono l’edificio, sicchè, per effetto della trascrizione dei singoli atti di acquisto di proprietà esclusiva – i quali comprendono pro quota, senza bisogno di specifica indicazione, le parti comuni – la situazione condominiale è opponibile ai terzi dalla data dell’eseguita formalità (Cass. Sez. 2, 09/12/1974, n. 4119). Non ha perciò alcun rilievo il contenuto degli atti traslativi Nuova Bellaria 80 – Novedil e poi Novedil – P., non potendo essi valere quale titolo contrario ex art. 1117 c.c., nè validamente disporre della proprietà esclusiva dell’area oggetto di lite, ormai compresa fra le proprietà comuni (rimanendo nulla, al contrario, la clausola, contenuta nel contratto di vendita di un’unità immobiliare di un condominio, con la quale venga esclusa dal trasferimento la proprietà di alcune delle parti comuni: cfr. Cass. Sez. 2, 29/01/2015, n. 1680). Nè la circostanza che gli atti di vendita tra Nuova Bellaria 80 e i diversi condomini acquirenti delle singole unità immobiliari, come le correlate note di trascrizione, non contenessero espressa menzione del trasferimento della comproprietà dell’area comune segnata dal mappale (OMISSIS) è in alcun modo sufficiente a superare la presunzione posta dall’art. 1117 c.c., la quale, al contrario, comporta che all’atto stesso consegua l’alienazione, unitamente alla porzione esclusiva, della corrispondente quota di condominio su dette parti comuni. Stando, infatti, al consolidato orientamento di questa Corte, una volta accertata la sussistenza di una situazione di condominio di edifici, le vicende traslative riguardanti i piani o le porzioni di piano di proprietà individuale estendono i loro effetti, secondo il principio “accessorium sequitur principale”, alle parti comuni necessarie per la struttura o destinate per la funzione al servizio degli immobili di proprietà solitaria (Cass. Sez. 2, 06/03/2019, n. 6458; Cass. Sez. 6 – 2, 26/10/2011, n. 22361; Cass. Sez. 2, 27/04/1993, n. 4931).

3) La “presunzione legale” di proprietà comune di parti del complesso immobiliare in condominio, che si sostanzia sia nella destinazione all’uso comune della res, sia nell’attitudine oggettiva al godimento collettivo (sulla base di una valutazione da compiere nel momento in cui ha luogo la formazione del condominio per effetto del frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali), dispensa, quindi, il condominio dalla prova del suo diritto, ed in particolare dalla cosiddetta probatio diabolica (come invece erroneamente assumono il secondo ed il terzo motivo di ricorso). Ai condomini che agiscono in rivendica di parti comuni riconducibili all’art. 1117 c.c. basta dimostrare la rispettiva proprietà esclusiva nell’ambito del condominio per provare anche la comproprietà di quei beni che tale norma contempla. Ne deriva che quando un condomino pretenda l’appartenenza esclusiva di uno dei beni indicati nell’art. 1117 c.c., è onere dello stesso condomino, onde vincere detta presunzione, dare la prova della sua asserita proprietà esclusiva, senza che a tal fine sia rilevante il proprio titolo di acquisto, o quello del relativo proprio dante causa, ove non si tratti, come nella specie, dell’atto costitutivo del condominio, ma di alienazione compiuta dall’iniziale unico proprietario che non si era riservato l’esclusiva titolarità dell’area (arg. da Cass. Sez. 2, 07/06/1988, n. 3862: Cass. Sez. 2, 05/12/1966, n. 2834).

In tale contesto di ripartizione degli oneri probatori, non riveste chiaramente alcuna decisività la critica che il sesto motivo di ricorso rivolge al rapporto logico deduttivo che la Corte di Torino ha posto tra la mancata “reazione” della Nuova Bellaria s.p.a. alla costruzione dei garages del 1994 e la non appartenenza dei suoli alla società, essendo stata raggiunta la prova della titolarità dell’area in contesa del tutto indipendentemente dal denunciato apprezzamento basato sull’id quod plerumque accidit.

III. Conseguono il rigetto del ricorso e la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, in favore dei controricorrenti, mentre non deve provvedersi al riguardo per le intimate Novedil s.r.l. ed S.A., che non hanno svolto attività difensive. Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi ddel D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute in questo giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2020

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